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CULTURA CATTOLICA

Nembrini, un educatore appassionato della vita

La Scuola di Cultura Cattolica di Bassano del Grappa ha conferito il Premio 2022 a Franco Nembrini, educatore che conduce per mano i ragazzi alla scuola di Dante e di don Giussani. Nel suo ultimo libro testimonia ai più giovani che "che da qualsiasi inferno si parta è sempre possibile uscire fuori a riveder le stelle".

Cultura 05_11_2022

Giunto alla 40° edizione, il Premio Cultura Cattolica di Bassano del Grappa è stato conferito ieri sera a Franco Nembrini, insegnante, educatore e scrittore, «una delle voci più originali in campo educativo»: così recita la motivazione letta dal professor Lorenzo Ornaghi. Un premio prestigioso, come lo stesso Nembrini non ha mancato di rilevare incontrando in mattinata il sindaco, Elena Pavan, e confessando «un senso di inadeguatezza» nel ricevere lo stesso riconoscimento assegnato «a personalità come Joseph Ratzinger e don Luigi Giussani, mio maestro».  Nella dedica sul libro degli ospiti illustri ha ringraziato la città «per aver raccolto la sfida più grave e urgente dei nostri tempi, la sfida educativa», augurando di «continuare a dare una testimonianza certa e lieta che da qualsiasi inferno si parta è sempre possibile uscire fuori a riveder le stelle. È di questa speranza che i nostri giovani hanno bisogno».

In serata si è svolta la cerimonia di premiazione al Teatro Remondini. Nembrini ha rimarcato il legame con il fondatore di Comunione e Liberazione: «Questo premio è il secondo premio dato a don Giussani, il primo in vita, il secondo quello di stasera dato alla memoria», attribuendo a lui «tutto quello che di buono posso aver dato». Giussani è sempre presente tra le righe e nell'esistenza di Nembrini, sin dal primo incontro avvenuto giusto cinquant’anni fa. «Il suo parlare era pieno di riferimenti letterari», in cui coglieva quelle «limature di verità», in tutto ciò che l’intera umanità ha espresso. E ha rievocato i suoi primi insegnanti: i genitori, Dario e Clementina, da cui ha imparato «che la vita è una cosa grande, mi comunicarono il senso della sua grandezza», e poi l’altra Clementina, la sua professoressa (presente in sala), cui promise: «le giuro che diventerò un insegnante di italiano». Ma andrà ben oltre, fondando nel 1983 la scuola paritaria “La Traccia” a Calcinate (Bergamo), sollecitato dalle richieste di un gruppo di genitori desiderosi di garantire ai propri figli un’istruzione e un’educazione coerenti con i valori vissuti in famiglia.

Da suo padre, che non era colto, ha imparato la cultura: «La cultura non è l’erudizione – ho sempre difeso l’idea che mio padre fosse un uomo di cultura, perché la cultura è la coscienza del nesso tra l’universale e il particolare», poiché «tutta la realtà è segno di Dio e genera in noi questa nostalgia quando vediamo le cose belle». In quest’ottica si può inquadrare più a fondo la passione letteraria: «Mi piaceva Dante perché mi spiegava don Giussani e don Giussani perché mi spiegava Dante» (e poi San Tommaso, eccetera), svelandogli «la concezione cristiana della vita: partire da una fiducia grande nella positività della vita. L’ha fatta Dio in un modo tale da goderne persino lui: "e vide che era cosa buona"».

Nembrini e Dante è la prima spontanea associazione di idee che sorge alla mente, ma occorre ribadire che l'insegnante e scrittore bergamasco è innanzitutto un educatore. E il Sommo Poeta si rivela un valido alleato nell’opera educativa. Nembrini va a parlare di Dante – e attraverso Dante – ai giovani, tenendo incontri di grande successo che sbarcheranno anche sullo schermo (con Tv2000) e daranno vita a una casa editrice chiamata Centocanti. È una storia nella storia, quella di una passione letteraria nata all’età di 12 anni («mentre trasporta casse di bottiglie lungo le scale di una cantina, folgorato dal verso “E proverai […] come è duro calle / lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”») e che molti anni dopo spinge uno dei suoi quattro figli a obiettare: «Papà, tu vai in giro a parlare di Dante a tutti, ma a noi non hai mai detto niente». Detto, fatto. La cerchia dei figli e dei loro amici si allarga fino a dar vita a un'associazione il cui statuto prevede che ogni membro conosca un canto a memoria, per rendere viva la Commedia dantesca.

Solo dopo aver ritratto per sommi capi l’educatore si può dire qualcosa dello scrittore, che ne scaturisce relativamente tardi: risale al 2011 Di padre in figlio. Conversazioni sul rischio di educare (Ares), arricchito da una prefazione del card. Camillo Ruini. Segue il trittico Dante, poeta del desiderio (Itaca), i cui tre volumi sono dedicati a ciascuna cantica, ma anche due titoli dedicati alle avventure di Pinocchio. Tra i titoli danteschi spicca l’opera in dvd El Dante, un vero e proprio viaggio a puntate attraverso la Vita nova e le tre cantiche della Commedia, che lo spettatore intraprende nel proprio intimo, e trova il suo compimento nella contemplazione di qualcosa – Qualcuno – che lo trascende e che in virtù di questo è la risposta piena all’umano e innato desiderio di felicità.

Uscimmo a riveder le stelle è il titolo della fatica più recente di Franco Nembrini, scritta a quattro mani con Gianluca Recalcati, con il sottotitolo La Divina commedia raccontata ai ragazzi (Edizioni Ares, Milano 2022). Il primo volume, fresco di stampa e in uscita in questi giorni, è dedicato all’Inferno – cui seguiranno gli altri due per le successive cantiche. Nembrini rivolgendosi ai giovani lettori (specialmente, ma non solo, tra gli 11 e i 14 anni), spiega che le sventure di Dante sono simili a quello che succede a tutti nella vita: «Anche se le cose sembrano andar bene, in realtà non sappiamo dove andare. Capiamo che ci manca qualcosa, ma non sappiamo cosa». Per questo invita a seguire Dante «per vedere se la strada che ha fatto lui è interessante anche per noi».

È un testo dalla struttura molto particolare, a quattro mani e tre “voci” – distinte anche graficamente – che si intrecciano nel corso dell’intero libro: i versi dell’opera originale, alternati alla voce di Dante in forma di parafrasi e quindi alla voce degli stessi autori che si rivolgono ai ragazzi intenti alla lettura. Anche le mani coinvolte in realtà sono sei: oltre ai due autori dei testi, c’è il talento artistico dell’illustratore Samuele Gaudio ad arricchire l’opera e guidare anche visivamente il lettore. Già nel limbo, nel castello degli “spiriti magni”, emerge la “grande domanda” che non è solo di Dante: «Cosa vuol dire essere salvati, cioè essere pienamente felici, se non basta nemmeno essere grandi uomini, stimati e riconosciuti da tutti, famosi nei secoli? Per capirlo servirà tutto il cammino».