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ABUSI SESSUALI

Macché clericalismo, Müller rimette le cose a posto

Alla radice degli abusi sessuali non c'è il clericalismo, ma l'allontanamento dalla verità, il pensiero mondano entrato nella Chiesa. Così il cardinale Müller prende le distanze dai giudizi di papa Francesco per riprendere il pensiero caro a Benedetto XVI.

Editoriali 21_09_2018

Tante volte abbiamo sentito Papa Francesco parlare della mondanità come di uno dei mali principali che affliggono i cristiani. In un’omelia del 17 novembre 2015, per esempio, spiegava che “la mondanità ti porta alla doppia vita, quella che appare e quella che è vera, e ti allontana da Dio e distrugge la tua identità cristiana”. E qui il Papa faceva l’esempio di chi è fedele alla Messa domenicale, ma poi accetta la corruzione in ambito economico, le “tangenti”. La mondanità è il cedimento alle mode, alla mentalità appunto del mondo, in tutte le sue sfaccettature e Francesco metteva davanti agli occhi un bellissimo esempio di chi a questa mondanità non ha voluto cedere: “Se voi avete oggi un po’ di tempo, prendete la Bibbia, il secondo libro dei Maccabei, capitolo sesto, e leggete questa storia di Eleàzaro. Vi farà bene, vi darà coraggio per essere esempio a tutti e anche vi darà forza e sostegno per portare avanti l’identità cristiana, senza compromessi, senza doppia vita”.

Ineccepibile. E’ però curioso che lo stesso Pontefice, di fronte ai gravi scandali di matrice sessuale che stanno scuotendo la Chiesa, indichi non nella mondanità, ma in un non meglio precisato “clericalismo” la causa di questa piaga. Eppure la categoria di mondanità, intesa come cedimento alla logica del mondo che porta ad una doppia vita, sarebbe stato particolarmente calzante. Non è forse descrivibile in termini di cedimento al mondo e doppiezza, la vita di quei sacerdoti e vescovi che celebrano la Messa, amministrano i sacramenti, si riempiono la bocca della Parola di Dio, ma stringono alleanza con la sodomia e l’efebofilia, o commettendo questi gravi peccati, o coprendoli?

In fondo, a Francesco sarebbe bastato mettersi sulle orme del suo predecessore. Benedetto XVI, nella sua Lettera Pastorale ai Cattolici d’Irlanda, indicava proprio nel progressivo allontanamento dalla vita sacramentale e dal cedimento alla mentalità del mondo le ragioni più profonde degli scandali che avevano travolto l’isola evangelizzata da san Patrizio. Nella Lettera, Benedetto XVI tratteggiava il “contesto generale”, nel quale comprendere “lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi”: “Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali, sono state disattese. Fu anche determinante in questo periodo la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano Secondo fu a volte frainteso”.

In un’omelia del 15 settembre scorso, in occasione dell’ordinazione presbiterale di fr. Michael Sulzenbacher, SJM, sulla stessa lunghezza d'onda il cardinal Müller è tornato a parlare degli scandali attuali. Ed ha tuonato dal pulpito per mettere in chiaro le vere cause del naufragio, sviluppando l’idea fondamentale di Papa Benedetto: “Non il clericalismo, qualunque cosa esso sia, ma l’allontanamento dalla verità e la licenza morale sono le radici del male. La corruzione della dottrina si porta sempre dietro la corruzione morale e si manifesta in essa. Il grave peccato, senza rimorso, contro la santità della Chiesa è l’esito della relativizzazione del fondamento dogmatico della Chiesa. Questa è la vera ragione dello sconcerto e della delusione di milioni di fedeli cattolici”. Diciamo che i termini della questione sono un po’ diversi da quelli posti da papa Bergoglio.

I germi della corruzione dottrinale e morale sono entrati, appunto, per una malintesa apertura al mondo: “La Chiesa - ha detto Müller - non acquista importanza ed approvazione portando dietro il mondo lo strascico della mentalità dominante, ma solo se lo precede con la fiaccola di verità di Cristo. Non dobbiamo renderci importanti con questioni secondarie e occuparci dell’agenda di altri che non vogliono credere che Dio solo è l’origine e l’unico fine dell’uomo e di tutta la creazione”. Il cardinale Cupich è servito. “Perché il vero pericolo per l’umanità di oggi sono i gas serra del peccato e il riscaldamento globale dell’incredulità e della dissoluzione morale, quando più nessuno conosce e insegna la differenza tra bene e male. Il miglior ambientalista e amante della natura è il predicatore del Vangelo che insegna che c’è sopravvivenza solo con Dio, una vita non limitata e breve, ma per sempre ed in eterno”. Ed anche monsignor Sanchez Sorondo è servito.

Il tradimento della verità ed il crollo morale, secondo Müller, sono l’esito precisamente di una malintesa riforma, che di fatto altro non è se non un nefasto processo di secolarizzazione della Chiesa stessa: “La vera riforma non è la secolarizzazione della Chiesa, ma la santificazione degli uomini per Dio. Non è riforma, ma falsa dottrina ritenere che si possa sì lasciar esistere la dottrina, ma per i deboli però si dovrebbe inventare una nuova pastorale che ridurrebbe le esigenze della verità della Parola di Dio e della morale cristiana”.

Entrando più direttamente nello scandalo degli abusi sessuali, il cardinal Müller ha messo il dito in una piaga già evidenziata da Benedetto XVI, che sempre nella Lettera Pastorale ai Cattolici d’Irlanda già stigmatizzava “una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari”. L’ex-Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha rincarato la dose: “La confessione dei nostri peccati appartiene al confessionale. Ma quando le persone consacrate conducono una doppia vita in cinico disprezzo della loro vocazione, questi atti… devono essere condannati dall’autorità ecclesiastica, i trasgressori devono essere giudicati e puniti secondo le disposizioni del diritto. Chi considera il diritto penale ecclesiastico incompatibile con il vangelo dell’amore, non è spinto da misericordia ma dal disprezzo verso le persone che sono state ingannate riguardo ai loro diritti e alla loro dignità”.