Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Bruno a cura di Ermes Dovico
MISSIONE SOPHIA

L'Ue non vuol condividere l'accoglienza di clandestini

L'Ue apre a una revisione strategica della missione Sophia (lotta alla tratta degli esseri umani nel Mediterraneo), ma respinge la richiesta italiana di cambiare immediatamente il piano operativo che prevede di sbarcare i migranti solo nei porti italiani. Gli altri partner potrebbero reagire male.

Politica 23_07_2018
Soccorso in mare delle navi Ue

L'Ue apre a una revisione strategica della missione Sophia ma respinge la richiesta italiana di cambiare immediatamente il piano operativo che prevede di sbarcare i migranti solo nei porti italiani.

Questo è quanto trapelato dalla riunione del 20 luglio degli ambasciatori dell'Unione Europea nel Comitato politico e di sicurezza (Cops), che si è tenuta a Bruxelles. Non è stata gradita l’energica pressione di Roma affinchè le navi della flotta Ue non sbarchino più in Italia i migranti raccolti in mare. Molti partner hanno infatti considerato una forma di ricatto la minaccia italiana di chiudere i porti alle navi militari, ma, nel quadro della revisione, da concludere "entro qualche settimana", si terrà conto in particolare dei nuovi orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno, soprattutto per quanto riguarda lo sbarco delle persone salvate in mare.

La riunione del Cops ha raggiunto un'intesa, riferiscono ancora le fonti, alla luce di una condivisa consapevolezza delle posizioni espresse dall'Italia. Il braccio di ferro, tra Commissione e governo italiano, continua anche sulle navi civili e di Frontex. La Commissione europea "è pronta a svolgere pienamente la sua funzione di coordinatrice", ha scritto il presidente dell'esecutivo comunitario, Jean-Claude Juncker, in una lettera per rispondere alla richiesta del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di creare una cellula di crisi Ue sugli sbarchi. Il presidente della Commissione ha aggiunto che "non va però dimenticato che l'Ue non ha competenza per determinare il luogo/porto sicuro da usare per gli sbarchi in seguito a un'operazione di ricerca e salvataggio in mare". Una dichiarazione che lascia piena libertà all’Italia non solo di chiudere i suoi porti a ogni tipologia di nave intenta sbarcare clandestini, ma anche di procedere al respingimento in porti libici dei migranti illegali soccorsi in mare, come già da tempo fanno del resto le forze navali della Guardia Costiera libica.

L'Italia aveva presentato il 19 luglio la richiesta di revisione del piano operativo della missione Sophia rifiutandosi di accettare lo sbarco "automatico" nei suoi porti di chi viene salvato dalle unità della missione Eunavfor Med (Sophia). In una lettera all'Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, aveva indicato che da parte italiana non vengono più ritenute applicabili le attuali disposizioni che individuano esclusivamente l'Italia come luogo di sbarco. "Le conseguenze dell'annuncio italiano" sull'operazione Sophia "devono essere valutate attentamente", ha avvertito la portavoce del Servizio Europeo di Azione Esterna Mogherini, Maja Kocijancic. Alla riunione del Cops "tutti gli Stati membri sono stati chiari nella loro reazioni iniziali", ha spiegato una fonte: "L'Italia ha sottovalutato la reazione degli altri Stati membri", che hanno espresso "forti preoccupazioni sull'impatto che potrebbe avere" l'annuncio di non voler più applicare le regole del piano operativo sugli sbarchi.

Le conseguenze potrebbero essere "molto ampie" per il futuro dell'operazione. Alcuni Stati membri avrebbero minacciato di ritirarsi. E adesso c'è "un rischio reale" che questo "porti alla fine" della missione Sophia, ha detto la fonte. Secondo la Ue l'esito potrebbe essere controproducente per l'Italia, visto che nel mandato di Sophia ci sono la lotta contro i trafficanti e l'addestramento della Guardia costiera libica. Ma si tratta di ben poca cosa rispetto alla forza schierata in mare sotto comando italiano (la guida l’ammiraglio di divisione Enrico Credendino). La missione militare dell'Unione Europea nata per lottare contro i trafficanti di esseri umani al largo della Libia, si è finora limitata a soccorrere e sbarcare in Italia 45 mila immigrati illegali dal 2015 affondando gommoni e barconi su cui erano imbarcati i clandestini e consegnando alle autorità italiane gli scafisti.

Un po’ poco per una flotta che con una mezza dozzina di navi da combattimento anche di notevoli dimensioni (come le portaerei Cavour e Garibaldi o le LPD classe San Giorgio alternatesi in questi anni come navi ammiraglie della flotta) e una dozzina di velivoli avrebbe dovuto combattere i trafficanti. Operazione resa inattuabile dal mancato via libera a operare nelle acque e sulle coste libiche. Anche sul fronte dell’addestramento della Guardia costiera libica il lavoro svolto dalla missione Ue è molto limitato rispetto a quanto fatto dall’Italia.

Vedremo quanto la volontà espressa dagli altri Stati membri a discutere la modifica del piano operativo dell'operazione Sophia, comprese le regole sugli sbarchi, nell'ambito della strategic review, si tradurrà in termini concreti nella disponibilità di questi Stati ad accogliere i migranti illegali soccorsi in mare. Il rischio è che la missione si concluda per mancanza di partner disponibili o che restino ad alimentarla un numero troppo ridotto di Stati. Comunque vada l’operazione Sophia, come lanche a Themis di Frontex, dimostrano l’incapacità della Ue di far fronte alla criminalità organizzata. Le flotte europee non hanno costituito neppure un deterrente contro i flussi illegali che, anzi, hanno indirettamente incoraggiato soccorrendo barconi e gommoni i cui occupanti sono stati trasferiti in Italia.

Esattamente quello che desideravano i clandestini e gli scafisti. La strategia dell’Italia sui flussi migratori illeciti sembra quindi delinearsi: o l’Europa aiuta a condividere il fardello, oppure si defili e lasci mano libera all’Italia che punta sugli accordi con la Libia e il pugno di ferro sull’accoglienza per chiudere la “rotta libica”.