Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Rosalia a cura di Ermes Dovico
ISLAM

Linciata perché "blasfema". La legge nera nella Nigeria islamica

Ascolta la versione audio dell'articolo

Una venditrice ambulante è stata accusata di blasfemia da un suo cliente, la polizia non è riuscita a proteggerla: linciata e bruciata viva dalla folla. Così funziona negli Stati settentrionali della Nigeria dove da un quarto di secolo vige la sharia.

Libertà religiosa 04_09_2025
Nigeria, scuola islamica (La Presse)

Il 30 agosto in Nigeria una donna è stata bruciata viva a Kasuwan-Garba, un villaggio del Niger, uno dei 12 stati settentrionali a maggioranza musulmana. La donna si chiamava Amaye, era musulmana, cucinava e vendeva cibo al mercato, tutti la conoscevano. Secondo le testimonianze raccolte dai mass media locali, nel pomeriggio di quel giorno un cliente le ha scherzosamente proposto di sposarlo. Non si sa che cosa abbia replicato Amaye. Sta di fatto che alcuni presenti hanno ritenuto la sua risposta blasfema, offensiva nei confronti di Maometto. Tanto è bastato. Amaye, secondo le ricostruzioni, è stata dapprima condotta in polizia per accertamenti. Intanto però la notizia era circolata e si era formata una folla che, sempre più eccitata e furiosa, ha sopraffatto gli agenti e, prima che arrivassero rinforzi, ha trascinato via la poveretta e le ha dato fuoco.

Casi del genere non sono rari nel nord della Nigeria. I 12 stati a maggioranza musulmana, di cui il Niger fa parte, nel 1999 violando la costituzione hanno adottato la sharia, la legge islamica. Il fondamentalismo islamico vi ha fatto proseliti. Una parte della popolazione esige l’assoluta osservanza delle prescrizioni della sharia. La stessa minoranza cristiana si è dovuta adattare alle restrizioni che limitano ad esempio i contatti tra i sessi o la produzione e il consumo di bevande alcooliche. In obbedienza alla sharia sono state reintrodotte le pene corporali. Nello stato di Zamfara nel 2000 fu inflitta la prima amputazione di una mano a un uomo accusato di furto e nei due anni successivi fu solo grazie alle pressioni internazionali che due donne accusate di adulterio, Amina Lawall nel Katsina e Safiya Hussaini nel Sokoto, scamparono alla morte per lapidazione.

La polizia religiosa, come in Iran, vigila sui fedeli affinché si comportino come è prescritto, autorizzata a rasare la testa agli uomini trovati con tagli di capelli ritenuti inappropriati e a sanzionare chi viola le norme di abbigliamento. Nel 2021 la polizia religiosa di Kano ha addirittura imposto ai commercianti di usare solo manichini privi della testa, «perché non sembrino esseri umani», e di non esporli mai nelle vetrine senza abiti, «nel rispetto della sharia che vieta di mostrare certe parti del corpo»: quasi tutte nel caso delle donne.

Dove è in vigore la sharia, la blasfemia è un reato penale, punibile con la reclusione fino a due anni e anche nel resto della Nigeria il codice penale stabilisce che “chiunque compia un atto che qualsiasi categoria di persone consideri un insulto pubblico alla propria religione, con l'intenzione che tale atto venga considerato tale, e chiunque compia un atto nella consapevolezza e con l’intenzione di recare offesa a qualsiasi categoria di persone, commette un reato”, per il quale sono previsti fino a due anni di carcere.

Ma per molti musulmani non è abbastanza, non per quelli che hanno ucciso Amaye. Né lo è per quelli che nel giugno del 2023 hanno lapidato, sempre per qualche commento ritenuto offensivo nei confronti di Maometto, Usman Bud, padre di sei figli, musulmano, che per vivere faceva il macellaio in un mercato di Sokoto, capitale dell’omonimo Stato. La sua lapidazione è stata ripresa e il video è circolato: vi si vede l’uomo soccombere, ucciso a bastonate e sassate, e si vede la gente che incita i bambini a lanciare anche loro le pietre. In quell’occasione le autorità governative pur condannando l’omicidio hanno omesso di presentare le condoglianze alla famiglia. Poche persone hanno partecipato alla veglia funebre insieme ai famigliari di Usman, tale è lo stigma sociale che colpisce chi è accusato di blasfemia.

Un anno prima, nello stesso Stato, Deborah Samuel, una studentessa cristiana, è stata linciata dai suoi compagni di scuola musulmani che, dopo averla uccisa, ne hanno bruciato il cadavere. Per lei l’accusa era stata di aver pubblicato su WhatsApp un audio contenente commenti offensivi su Maometto. Le autorità scolastiche l’avevano messa al sicuro in una stanza, ma gli studenti sono riusciti a entrare e l’hanno portata via. La polizia sopraggiunta ha lanciato dei lacrimogeni contro gli studenti, poi ha sparato dei colpi in aria per disperderli, ma non è bastato a fermarli. I maggiori leader religiosi e politici del paese sono intervenuti per condannare l’accaduto. Il più importante leader religioso islamico nigeriano, Sa’ad Abubakar, sultano di Sokoto, ha definito ingiustificata la violenza e ha esortato le autorità a trovare i colpevoli e portarli davanti alla giustizia. Il governatore dello stato, Aminu Waziri Tambuwal, si è rivolto ai fedeli delle due religioni chiedendo che continuino a vivere in pace. Tuttavia è stato necessario decretare il coprifuoco nello Stato per fermare i manifestanti che chiedevano il rilascio di due ragazzi arrestati perché sospettati di aver partecipato all’omicidio.

Sul caso di Amaye è intervenuta anche Muslim Rights Concern (Muric), una associazione musulmana il cui motto è “Dialogo, non violenza”. L’associazione difende i diritti umani ed è nota anche per la sua ferma attività di denuncia della corruzione. Proclama di svolgere ogni sua azione “in obbedienza ai comandamenti divini di Allah Onnipotente”. Si è unita alle altre autorevoli voci, governative e religiose, che hanno espresso parole di condanna. In un comunicato il professor Ishaq Akintola, direttore del Muric, ha definito l’omicidio di Amaye “extragiudiziale, barbaro e non islamico”.

C’è un islam che brucia i blasfemi e un islam che crede “non islamico” farlo. Sono due islam che si confrontano e si scontrano su questioni cruciali, entrambi “in nome di Allah Onnipotente”. Dall’esito di quel confronto/scontro dipende il nostro futuro. È possibile la convivenza, persino una alleanza, con il secondo; non con il primo, anche provando, perché la sua missione è il jihad, la guerra santa per sottomettere tutta l’umanità.