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Leggi anti-gay in Africa: più l'Occidente minaccia, più le approvano

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Dopo l'Uganda, anche il Ghana inasprisce le sue leggi contro l'omosessualità. La minaccia occidentale di sanzioni rafforza la determinazione dei legislatori e la Chiesa locale approva.

Famiglia 16_12_2023
Ghana, parlamento

L’omosessualità è proibita e punita, anche severamente, in più di 30 Stati africani su 54. Da tempo i governi di quei paesi subiscono pressioni esterne per indurli ad abrogare le loro leggi anti-gay. Uno dei mezzi usati dai principali donatori internazionali, gli Stati Uniti, ad esempio, e le agenzie delle Nazioni Unite, è la minaccia di sospendere finanziamenti e prestiti. Ma non sempre funziona e anzi sempre più spesso sortisce l’effetto contrario. L’Uganda ha da poco varato una nuova legge, che prevede sanzioni ancora più gravi  della precedente ed è considerata una delle più restrittive al mondo. È stata introdotta la pena di morte per “omosessualità aggravata” nel caso di abusi sessuali su minori, su persone disabili e su persone vulnerabili e nel caso in cui la vittima di aggressione sessuale sia infettata da una malattia permanente come l’Hiv. Inoltre sono previsti il carcere a vita per chi pratica rapporti omosessuali, 20 anni per promozione dell'omosessualità e pesanti multe per le imprese, inclusi i mass media e le organizzazioni non governative, che deliberatamente promuovono attività LGBTQ.

Quando la Banca Mondiale ha annunciato che non concederà nuovi prestiti al paese con la motivazione che la normativa approvata viola i diritti degli omosessuali, il presidente Yoweri Museveni ha fieramente rivendicato il diritto degli africani di decidere che cosa è bene e che cosa è male e ha replicato che se avrà bisogno di denaro il suo governo lo otterrà da altre fonti. «I paesi occidentali dovrebbero smettere di far perdere tempo all'umanità cercando di imporre le loro pratiche ad altri popoli – ha osservato durante una seduta parlamentare – gli europei e altri gruppi si sposano tra cugini e parenti stretti. Da noi sposarsi all'interno del proprio clan è tabù. Dovremmo imporre loro sanzioni se si sposano tra parenti? Non è affar nostro».

Anche il Ghana si appresta a varare più severe norme anti-gay. Le ingerenze esterne finora erano riuscite a bloccare un disegno di legge che è all’esame del parlamento dal 2021, intitolato “Promozione dei diritti sessuali umani corretti e dei valori della famiglia ghaneana” e che modifica, inasprendole, le sanzioni della legge già in vigore. In particolare, prevede 10 anni di carcere per chi sostiene e promuove le associazioni LGBTQ e tre anni per chi pratica rapporti omosessuali e si autodefinisce LGBTQ. Inoltre include tra le attività sessuali proibite l’omosessualità femminile che la legge attuale non cita perché si era convenuto che fosse una pratica inesistente. Appena il testo della legge era stato presentato, 13 esperti incaricati dalle Nazioni Unite lo avevano esaminato arrivando alla conclusione che era un «esempio di discriminazione da manuale» e un «invito allo scontro e alla violenza». Erano subito scesi in campo Amnesty International Ghana e altre associazioni e poi praticamente tutti i governi occidentali, alcuni approfittando di visite ufficiali al paese per esprimere la loro disapprovazione: ultimi di una lunga serie, nel 2023, la vice presidente Usa Kamala Harris e il ministro francese della cooperazione internazionale Chrysoula Zacharopoulou.

Tuttavia l’8 dicembre il presidente del parlamento, Alban Bagbin, ha annunciato che la legge sarà sicuramente approvata entro pochi giorni, prima delle vacanze di Natale. Subito dopo la Conferenza episcopale del Ghana ha diffuso un comunicato in cui difende la legge definendola «un passo nella giusta direzione». I vescovi cattolici sono attenti a specificare che la Chiesa non condanna gli omosessuali in quanto tali e ne riconosce i diritti umani in quanto “creati a immagine di Dio”, ma condanna le loro pratiche sessuali: «dal momento che l’attività sessuale è intesa in funzione della procreazione e della perpetuazione del genere umano, ogni forma di attività sessuale diversa dal rapporto eterosessuale è contro natura». Quindi «lo Stato ha il diritto di criminalizzare gli atti omosessuali nell’interesse della nazione – si legge nel testo – ci congratuliamo con i nostri legislatori per lo sforzo e il tempo spesi su questo disegno di legge. La nostra speranza è che, una volta convertito in legge, promuova davvero i diritti sessuali umani e gli autentici valori della famiglia ghaneana che sono minacciati dagli atti omosessuali. L’auspicio della Chiesa è che imponga misure punitive commisurate ai crimini commessi».

Con questo documento la Chiesa cattolica ha assunto una posizione netta, definitiva dopo le polemiche nate in seguito alle dichiarazioni fatte dal cardinale Peter Turkson nel corso di una intervista rilasciata alla Bbc il 27 novembre. Riflettendo sulle recenti affermazioni del Papa, sulla possibilità di benedire gli omosessuali senza tuttavia smettere di considerare peccato le pratiche omosessuali, il cardinale aveva dichiarato che a suo modo di vedere «le persone LGBTQ e gay non possono essere criminalizzate perché non hanno commesso alcun crimine». Non si può però imporre questo modo di vedere a chi ancora non è pronto ad accettare cose del genere, aveva aggiunto. Secondo il cardinale, infine, siccome in passato, nella società tradizionale, l’esistenza di omosessuali non aveva fatto nascere l’esigenza di una legge che li punisca, determinante a far irrigidire i parlamentari ghaneani  decidendoli, come quelli ugandesi, ad andare fino in fondo e alla fine ad approvare una legge così drastica, come ormai sembra certo, è stata la percezione che sia l’Occidente a imporlo, e oltretutto con il ricatto di sospendere le donazioni.

Su questo punto il cardinale ha senza dubbio ragione.