Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico
LA PREGHIERA

L’Ave Maria dei dolori, per soffrire in unione a Gesù

Esiste una versione dell’Ave Maria che riflette i dolori della Madre celeste e la Passione del Signore Gesù. È attribuita a san Bonaventura ed è frutto della grande devozione alla Madonna Addolorata. Che ci insegna a offrire le nostre sofferenze, per ottenere la salvezza eterna e camminare sui sentieri della santità. Come ha fatto Giovanni Paolo II.

Ecclesia 13_05_2021

La preghiera dell’Ave Maria è una delle preghiere più care ai cattolici di tutto il mondo. Non è la preghiera mariana più antica, come abbiamo già visto parlando della Sub tuum praesidium, ma certamente è fra le più care, grazie anche al suo uso nel Rosario. Forse sorprenderà alcuni sapere che esiste una versione dell’Ave Maria intonata sui dolori della Madre celeste e la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Questa versione sarebbe stata composta da san Bonaventura e in latino dice: “Ave Maria, doloribus plena: Crucifixus tecum: lacrymabilis tu in mulieribus, et lacrymabilis fructus ventris tui Jesus. Sancta Maria, Mater Crucifixi: lacrymas impertire nobis crucifixoribus Filii tui, nunc et in hora mortis nostrae. Amen”. Come vediamo, essa è ricalcata sull’Ave Maria ufficiale. Ecco una versione italiana trovata online: “Ti saluto, o Maria, piena di dolori; il Crocifisso è teco; tu sei lagrimevole tra le donne, e lagrimevole il frutto del tuo ventre, Gesù. Santa Maria, Madre del Crocifisso, lagrime ottieni a noi crocifissori del Figlio tuo, adesso e nell'ora della nostra morte. Così sia”.

Certo, fa un certo effetto leggere una Ave Maria che così vivamente ci rappresenta la Madre celeste come Madre dei dolori. Eppure, questo non dovremmo considerarlo strano perché la devozione alla Madonna Addolorata era molto viva nella pietà popolare.

Il grande sant’Alfonso Maria de’ Liguori così commentava nel suo libro Le glorie di Maria: “Il secondo tempo poi, in cui Maria ci generò alla grazia, fu quando sul Calvario offerì all'Eterno Padre, con tanto dolore del suo cuore, la vita del suo diletto Figlio per la nostra salute. (...) Maria per salvare l’anime nostre si contentò di sagrificar colla morte la vita del suo Figlio: così commenta Guglielmo: Ut multas animas salvas faceret, animam suam morti exposuit. E chi mai era l’anima di Maria, se non il suo Gesù, il qual era la sua vita e tutto il suo amore? Che perciò le annunziò S. Simeone che un giorno l’anima sua benedetta doveva essere trapassata da una spada troppo dolorosa: Et tuam ipsius animam doloris gladius pertransibit (Lc II, 35). Come fu appunto la lancia, che trapassò il costato di Gesù, ch’era l’anima di Maria. E d'allora ella co' suoi dolori ci partorì alla vita eterna; sicché tutti noi possiamo chiamarci figli dei dolori di Maria”.

Con i suoi dolori ci partorì alla vita eterna... un concetto molto profondo che ci fa meditare sempre più sul ruolo del dolore nella nostra vita e del modo in cui Maria, Madre nostra, ci è vicina nell’ora della prova.

Il 13 maggio del 1981, anniversario delle apparizioni di Fatima, san Giovanni Paolo II fu ferito in un attentato in Piazza San Pietro. Il Pontefice sempre volle affermare come la Madonna ebbe un ruolo provvidenziale nel salvargli la vita, lui che aveva detto per sempre il suo totus tuus alla Madre. Avrà ringraziato per il dono delle lacrime? Non ne ho dubbio, perché esse sono benedette quando sgorgano in offerta dei propri dolori e in unione con il dolore più atroce della Passione di Nostro Signore. Dovremmo imparare che soffrire è offrire, un traguardo difficile da raggiungere ma che ci permette di camminare in modo più spedito sui sentieri della santità.