L'appello: «Fermate la legge, non fermate la vita»
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La conferenza stampa di Pro Vita e Famiglia: qualsiasi normativa sul suicidio assistito finirà per agevolarlo. L'illusione di "porre paletti" è già un compromesso con la cultura della morte.

«Fermate la legge, non fermate la vita». È questo l’appello accorato risuonato ieri mattina presso l’Hotel Nazionale in piazza Monte Citorio a Roma nel corso di una conferenza stampa in materia di eutanasia promossa da Pro Vita e Famiglia. Un richiamo forte a non eliminare il sofferente tutelando la dignità della persona fino all’ultimo respiro, soprattutto se particolarmente fragile e vulnerabile o malata allo stadio terminale, rivolto espressamente in modo speciale ai Senatori della maggioranza mentre è in corso l’iter del disegno di legge che punta a regolamentare il suicidio assistito.
«È giuridicamente e socialmente giusto rifiutare qualsiasi normativa sul suicidio assistito, smontando le fake news secondo cui una simile legge sarebbe “imposta” dalle sentenze con cui la Corte Costituzionale ha preteso di sostituirsi al Parlamento aprendo la strada alla deriva eutanasica in Italia», ha affermato Antonio Brandi, presidente di Pro Vita e Famiglia. Quella in discussione è infatti «una legge che crea una procedura statale per le richieste di suicidio assistito, col pretesto illusorio di mettere dei paletti all’interventismo della magistratura. Ma ogni legge ha un impatto culturale: ciò che diventa legale sembra giusto, persino auspicabile. Nel programma elettorale del centrodestra non c’era nessuna proposta del genere, quindi si tratta di un vero e proprio tradimento che cede alla propaganda radicale e ai continui ricatti della magistratura al Parlamento», ha dichiarato Brandi, evidenziando come il vero scandalo sia piuttosto la mancanza di accesso alle cure palliative, che colpisce circa il 77% dei malati adulti e circa l’85% dei bambini. «Anch’io, malato di cancro, ho pensato di farla finita. Ma l’amore dei miei cari e le cure mi hanno salvato. In quel buio, una legge così mi avrebbe potuto spingere a un gesto senza ritorno», ha osservato ancora il presidente della onlus ricordando l’esperienza di sofferenza vissuta sulla propria pelle. D’altra parte «se lo Stato inizia a sopprimere i sofferenti invece della sofferenza, salta ogni confine. Non serve una nuova legge: serve umanità», ha concluso Brandi, menzionando i frutti nocivi di una "cultura della morte" dilagante in special modo in Belgio, Canada e Olanda che continua a mietere le sue vittime anche tra depressi e malati psichici, persino senza il loro consenso.
In Italia non esiste alcun vuoto normativo in materia. D’altra parte «la sentenza n. 242 del 2019 è stata direttamente applicata in varie parti d’Italia. Una legge avrebbe l’effetto di aumentare i casi di suicidio assistito e di consolidare nella coscienza sociale il riconoscimento di un presunto ‘diritto di morire’. Questo riconoscimento mette in pericolo le persone fragili e vulnerabili, gli anziani, i disabili e i malati: per loro la morte anticipata rischia di diventare “la” soluzione, più rapida, indolore, economica. La nostra società ha bisogno di altro: riconoscimento del valore di ogni vita, solidarietà, aiuto, vicinanza, impegno collettivo verso tutti i componenti», ha rilevato Giacomo Rocchi, magistrato della Corte di Cassazione.
«Approvare una legge sul suicidio assistito non è un atto di civiltà, ma la sconfitta della civiltà stessa», ha aggiunto nel merito Emanuel Cosmin Stoica - influencer, scrittore e attivista per i diritti dei disabili - manifestando il proprio sconcerto dinanzi alla pretesa da parte dello Stato di voler «fornire scorciatoie per morire anziché offrire strumenti per vivere ed è disumano dire a un malato, a un disabile, a un anziano: “La tua sofferenza non ci riguarda, fai da te”. Uno Stato degno di questo nome non legalizza l’abbandono: garantisce esistenze dignitose, investe in cure, assistenza, vicinanza. Io non chiedo compassione: chiedo giustizia, chiedo responsabilità, chiedo che la vita torni ad essere un diritto, non un’opzione da rifiutare».
Nel corso della conferenza Maria Rachele Ruiu – portavoce di Pro Vita e Famiglia e moderatrice dell’incontro – ha denunciato con rammarico anche «il fatto che settori e realtà del mondo laico cattolico si stiano attivamente impegnando per promuovere questa legge, utilizzando il falso argomento secondo cui la situazione attuale sarebbe un male più grave. Ma ad oggi – ha sottolineato richiamando i dati – i suicidi assistiti eseguiti in Italia sono solo 7. Se la legge venisse approvata, il numero aumenterebbe in modo esponenziale, innescando quel tragico effetto domino già verificato in altri Paesi». E ancora, rispetto al disegno di legge in esame, sono piovute pesanti critiche soprattutto riguardo all’idea perversa di istituire un Comitato Nazionale governativo incaricato di valutare le richieste di suicidio assistito.
Alla luce di tali considerazioni e per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di contrastare ogni legge sull’eutanasia, Pro Vita e Famiglia ha lanciato anche una campagna nazionale sul tema con affissioni pubbliche e camion vela in diverse città, tra cui Roma e Milano. Sui manifesti campeggia un Parlamento popolato da figure incappucciate con la falce in mano – simboli della Morte – accompagnate dallo slogan: «Siete stati eletti per aiutarci a vivere, non per farci morire». In questo modo la stessa onlus continuerà la mobilitazione per chiedere il ritiro di qualsiasi proposta di legge sul suicidio assistito e il potenziamento della legge 38/2010 sulle cure palliative.