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gogna mediatica

La socialcrazia mostra il potere distruttivo della menzogna

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Il caso Pedretti è un concentrato delle macerie contemporanee: l’ipocrita difesa delle minoranze, l’ipotetico uso di tale difesa a fini di marketing, l’accusa di falso e infine la tragedia. La via d'uscita sta nell'ottavo comandamento.

Editoriali 17_01_2024
Foto Claudio Furlan/Lapresse

Ricapitoliamo: la signora Pedretti era la titolare di un ristorante in provincia di Lodi e aveva risposto a una bizzarra recensione del suo locale che tutti i clienti erano ben accetti, indipendentemente dall’orientamento sessuale e dalla condizione fisica; a eccezione di quelli – come il recensore – maleducati e intolleranti.

La giornalista Selvaggia Lucarelli e il suo compagno, lo chef televisivo Lorenzo Biagiarelli, hanno accusato pubblicamente la signora Pedretti di aver falsificato la recensione per pubblicizzare il locale sfruttando la generale mobilitazione contro le discriminazioni. Qualche giorno dopo, il corpo di Giovanna Pedretti è stato trovato nel Lambro; nella sua macchina, tracce di sangue. L’ipotesi è suicidio. Dieci anni fa, anche il fratello della signora Pedretti si era suicidato. Dopo essersi accanita contro la ristoratrice, ora la canea social si è rivolta contro Lucarelli & Biagiarelli, che si dichiarano vittime – loro – della gogna mediatica. Questi, più o meno i fatti.

Come commentare questa vicenda? Sinceramente, sembra di essere in vista delle macerie di una città distrutta dalla guerra, scegliete voi quale. C’è di tutto: l’ipocrita difesa delle minoranze, l’ipotetico uso di tale difesa a fini di marketing, l’accusa di falso, la tragedia. Questa è l’Italia del 2024, c’è poco da dire.
Alimentata dai meccanismi intrinseci ai social media, la gogna mediatica si scatena come una furia incontrollata e incontrollabile: colpisce anonimi lavoratori e volti noti della televisione. Da quando, più di dieci anni fa, il diplomatico francese Stéphane Hessel ha lanciato il suo grido di battaglia «Indignatevi!», l’indignazione a comando è diventata la cifra della comunicazione sociale della nostra (in)civiltà. I dieci minuti di odio sono sfuggiti di mano al Grande Fratello e il ruolo di bersaglio può toccare a chiunque, compresi dei semplici privati cittadini.

In preda al furore giustizialista, la folla sempre più incattivita e ottusa non può essere trattenuta, fermata, costretta alla ragione. Nel nome di cosa? Ormai non c’è legge morale o religiosa che tenga. Basterebbe ricordare i Dieci Comandamenti, ormai ridotti al Sesto. Sarebbe sufficiente ribadire che, tra le infrazioni dell’Ottavo, ci sono anche giudizio temerario, maldicenza e calunnia:

«Il rispetto della reputazione delle persone rende illecito ogni atteggiamento ed ogni parola che possano causare un ingiusto danno. Si rende colpevole:
— di giudizio temerario colui che, anche solo tacitamente, ammette come vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale nel prossimo;
— di maldicenza colui che, senza un motivo oggettivamente valido, rivela i difetti e le mancanze altrui a persone che li ignorano;
— di calunnia colui che, con affermazioni contrarie alla verità, nuoce alla reputazione degli altri e dà occasione a giudizi erronei sul loro conto» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2477).

Al crepuscolo della civiltà europea, siamo di fronte a macerie. Non ci sono più punti di riferimento, né politici (il primo partito, in Italia, è quello del non-voto), né sociali né religiosi, con la Chiesa che si è auto-condannata all’irrilevanza. Non c’è nessun potere o autorità – da quella politica all’informazione – che non puzzi di falso, di ipocrita, di menzognero.

Quindi, chiedeva Lenin: che fare? Da dove partire? Rispondeva Solženicyn: vivere senza menzogna. «Da noi [si ] esige solo la docilità alla menzogna, quotidiana partecipazione alla menzogna: non occorre altro per essere sudditi fedeli. Ed è proprio qui che si trova la chiave della nostra liberazione, una chiave che abbiamo trascurato e che pure è tanto semplice e accessibile: il rifiuto di partecipare personalmente alla menzogna. Anche se la menzogna ricopre ogni cosa, anche se domina dappertutto, su un punto siamo inflessibili: che non domini per opera mia. […] La nostra via è: non sostenere in nessun caso consapevolmente la menzogna».

Cosa significa, concretamente? Innanzitutto, rispettare l’Ottavo Comandamento: astenersi da giudizi temerari, maldicenze e calunnia, sia pubblicamente che a livello personale. Insomma: tornare alla semplicità nel pensiero, alla sobrietà nella parola (meglio ancora: al silenzio), all’umiltà. Non salveremo il mondo, ma non contribuiremo al suo crollo: non per opera nostra.
Infine: liberiamoci del televisore, principale veicolo delle menzogne occidentali.



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