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GUERRA IN EUROPA

La Polonia accoglie i rifugiati ucraini, l'Ue la punisce

Non da ora, ma da ben otto anni, la Polonia sta accogliendo rifugiati ucraini. La Polonia, destabilizzata dalla Bielorussia con una ondata artificiale di emigranti, è stata accusata di egoismo. Ancora oggi è sotto accusa all'Ue per il rispetto dello Stato di diritto

- IERI ODIATORI, OGGI PACIFISTI di Lorenza Formicola

Politica 02_03_2022 Español
Colonna di profughi dall'Ucraina al confine polacco

L’esodo dall’Ucraina in Polonia dura da otto anni. Oggi, quando gli occhi di tutto il mondo sono puntati sull’Ucraina e la guerra scatenata dalla Russia contro questo Paese, non tutti si ricordano che lo scontro russo-ucraino è cominciato già otto anni fa. Il primo evento di questo scontro fu l’annessione della Crimea da parte della Russia. In seguito alla rivoluzione ucraina del 2014, la Russia inviò proprie truppe a prendere il controllo del governo della Crimea e il nuovo governo filorusso dichiarò la propria indipendenza dall'Ucraina. Lo stesso anno nacquero nell’est dell’Ucraina due repubbliche separatiste di Doneck e di Lugansk. In seguito, iniziarono gli scontri armati tra l'esercito ucraino e le milizie filorusse. Grazie ai due protocolli di Minsk (del 5 settembre 2014 e del 12 febbraio 2015) si arrivò al cessate il fuoco che ridusse l'intensità del conflitto.

Gli sconvolgimenti politici e sociali e l’instabilità economica causarono un grande migrazione degli ucraini, particolarmente di giovani. Una migrazione che non è notata in Europa occidentale perché la stragrande maggioranza di questi migranti si sono fermati in Polonia. La Polonia ha fatto verso questa gente in necessità un gesto di grande generosità: ha concesso agli ucraini non soltanto i permessi di soggiorno ma anche di lavoro. I dati dell’anno scorso dicono che in Polonia si sono stabiliti circa 1.350.000 ucraini di cui più di 800 mila lavorano regolarmente.

La Polonia, di fronte a questa marea di gente, non ha chiesto all’Unione Europea di stabilire le quote di migranti ucraini, di accettare una parte di loro: con le proprie forze è riuscita ad accogliere ed integrare quasi 1,5 milioni di stranieri. Il problema che in Occidente nessuno si è accorto o non voleva accorgersi di questo grande fenomeno migratorio affrontato con successo dalla Polonia sola.     

La Polonia è stata condannata per la crisi migratoria provocata da Lukashenko. La Bielorussia del dittatore Lukashenko, dopo le elezioni farsa che lo riconfermavano per la sesta volta come presidente, è stata colpita dalle sanzioni economiche dell’Unione Europea. In risposta alle sanzioni, Lukashenko, magari guardando come esempio il presidente turco Erdogan, ha deciso di creare artificialmente la crisi migratoria sulla frontiera con la Polonia che è anche la frontiera esterna dell’UE. Le autorità bielorusse cominciavano a concedere i visti per i cittadini di vari Paesi del Medio Oriente che venivano trasportati, anche con aerei bielorussi nella capitale Minsk e poi nei pressi della frontiera. Gli organizzatori del traffico dicevano ai migranti che avrebbero potuto passare il confine. Per questo “viaggio” verso l’Europa avrebbero pagato migliaia di dollari, anche diecimila. Lo stesso Lukashenko, recatosi nei pressi della frontiera, ha detto apertamente a questa gente: “Se qualcuno vuole andare in Occidente è un suo diritto: non cercheremo di catturarvi, picchiarvi e tenervi dietro il filo spinato, ma anzi lavoreremo con voi per realizzare il vostro sogno”.

Ovviamente le autorità polacche sentivano il dovere di difendere la frontiera esterna dell’UE impedendo ai migranti di attraversare la frontiera. Anche per non essere complici del traffico di esseri umani organizzato dai bielorussi con il beneplacito, se non dietro l’ispirazione, di Putin. Per evitare la crisi umanitaria le autorità polacche hanno cercato di trasferire gli aiuti umanitari ai migranti radunati alla frontiera, ma le forze di sicurezza bielorusse non li hanno lasciati passare. In quella situazione stranieri, ispirati, istigati ed aiutati dai servizi bielorussi, hanno attaccato il confine polacco, distruggendo le recinzioni alle frontiere e attaccando fisicamente i soldati polacchi. Gli agenti dei servizi bielorussi sostenevano apertamente i migranti accecavano soldati polacchi con i laser, sparando in aria o partecipando alla distruzione delle barriere protettive. Tanti soldati polacchi venivano feriti dal lancio di pietre ed altri oggetti. Ma di tutto questo si parlava poco. I media, spesso usando il materiale video preparato dai bielorussi, sottolineavano soltanto la crisi umanitaria causata dal traffico degli esseri umani organizzata dal regime di Lukashenko stesso, ma accusando le autorità polacche di mancanza d’umanità, d’insensibilità, di razzismo. Il motto dei servizi giornalistici è stato: “I nazionalisti/razzisti polacchi non fanno entrare i migranti”. Nessuno amplificava la voce di Sviatlana Tsikhanouskaya, leader dell'opposizione bielorussa in esilio che diceva apertamente: "La Polonia si protegge da un'invasione illegale".

La Polonia che si apre ai profughi ucraini viene colpita da Bruxelles. Mentre non si è conclusa la vicenda dei migranti sulla frontiera polacco bielorussa, la Russia di Putin invade l’Ucraina causando quasi subito un imponente flusso di persone che scappano dalla guerra verso i Paesi confinanti: Romania, Ungheria, Slovacchia ma prima di tutto verso la Polonia. Già i primi giorni fino al 26 febbraio in Polonia si sono rifugiati 120 mila ucraini, il giorno dopo il loro numero è salito a 200 mila, il 28 febbraio a 300 mila e gli ultimi dati dell'1 marzo parlano del superamento di 400 mila; colonne chilometriche di macchine mostrano che questi numeri sono destinati ad aumentare rapidamente. E il mondo si è accorto che i polacchi - marchiati come nazionalisti, razzisti, ostili agli stranieri - hanno aperto ai rifugiati non solo la frontiera ma anche le loro case, i cuori e i portafogli. Da subito ai posti di frontiera venivano organizzati dal ministero dell’Interno, dalle autorità locali, alle Ong e da tantissimi volontari, i centri di assistenza. Sulla frontiera c’erano anche tante persone di buona volontà che gratuitamente si offrivano per trasportare i rifugiati all’interno della Polonia.

La Chiesa polacca si è mobilitata in modo massiccio per offrire assistenza: la domenica si raccoglievano offerte per gli ucraini, tante diocesi hanno chiesto ai parroci di indentificare le strutture parrocchiali dove ospitare i rifugiati e comunicare gli elenchi delle famiglie disposte ad accogliere qualche persona. Viene organizzata la raccolta di cibo a lunga scadenza, coperte, sacchi a pelo, materassini, asciugamani, biancheria, medicinali, prodotti per l'igiene, prodotti per la pulizia, pannolini.

Nell’aiuto agli ucraini il ruolo essenziale lo svolgono le città di frontiera che devono assorbire questa infinita “onda d’urto” dei profughi. Un giornalista che lavora nella città di Przemyśl, dove arriva un’importante linea ferroviaria dall’Ucraina (le ferrovie ucraine usano i binari più larghi del resto dell’Europa, compresa la Polonia allora occorre un binario particolare per far transitare i treni ucraini), riferisce che fino al 27 febbraio alla stazione sono state accolte 25 mila persone, quasi tutte donne con bambini (da quando l’Ucraina ha mobilitato tutti gli uomini alle armi, partono soltanto appunto donne con i figli e le persone anziane). In attesa erano 14 treni con circa 30 mila persone a bordo. Ma l’aiuto non consiste soltanto nell’accoglienza della gente che scappa: le autorità riempiono i treni che ripartono per l’Ucraina di aiuti di ogni genere.

La mobilitazione riguarda anche il mondo dell’impresa: molte banche fanno gratuitamente i bonifici verso l’Ucraina, le ferrovie polacche fanno viaggiare i profughi gratis, molte ditte offrono le somme consistenti alla Caritas e centri assistenza, una nota catena di negozi ha offerto ai suoi dipendenti ucraini una somma una tantum da destinare ai familiari in Ucraina. E le iniziative si moltiplicano ogni giorno anche perché ogni giorno aumenta il numero delle persone scappate dalla guerra: si prevede che il loro numero potrebbe superare un milione.

Mentre l’Ucraina è la vittima della guerra, prima in Europa, di questo genere, dalla Seconda Guerra Mondiale, mentre la Polonia si mobilita con sforzi enormi, anche economici, per aiutare l’Ucraina e i suoi abitanti dentro il Pease e quelli che scappano dalla guerra, a Bruxelles ci sono politici, anche dell’opposizione polacca, che spingono per far attivare subito il meccanismo di “Rule of law conditionality” per privare la Polonia dei fondi europei. È una beffa ma prima di tutto una vergogna che mostra che cosa sta diventano l’UE e chi governa a Bruxelles.    

Una voce dall’Ucraina. In questo contesto vale la pena citare le parole di mons. Jan Sobilo, vescovo ausiliare della diocesi cattolica latina Kharkiv-Zaporizhia.
“Un enorme grazie per il fatto che i polacchi ci hanno aperto i loro confini, le loro case e le loro tasche. Ci sostengono con tutto il possibile, raccolgono donazioni per l'Ucraina per medicinali e cibo. Ringraziamo le autorità polacche per la loro saggia politica, che ha convinto altri paesi che non si tratta solo dell'Ucraina, ma della sicurezza dell'Europa e del mondo intero. Il nostro presidente ha affermato oggi che la Polonia è attualmente il più grande amico dell'Ucraina. La Polonia è stata sempre una sostenitrice dell'Ucraina e ora è un grande protettore e fratello che accoglie gli ucraini a casa sua, proprio come i suoi fratelli e sorelle. Molte grazie per le preghiere dei polacchi, per il loro sostegno, per la loro solidarietà. La Polonia sta prendendo l'iniziativa di difendere l'Ucraina con essa. È anche la difesa del mondo intero. La Polonia è diventata l'etmano (Hetman in polacco, ndr) di tutti coloro che combattono e si battono per la pace".