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VERTICE DI BRUXELLES

La Nato si prepara a una guerra. Con la Russia

Il vertice dei ministri della Difesa dell’Alleanza Atlantica, riunitisi il 14 e 15 febbraio a Bruxelles, ha dato il via libera alla già annunciata costituzione di due nuovi comandi di carattere logistico il cui unico scopo è rafforzare le capacità militari di contrastare la Russia in un conflitto aperto in Europa.

Esteri 20_02_2018
Il vertice della Difesa della NATO a Bruxelles

Il vertice dei ministri della Difesa dell’Alleanza Atlantica, riunitisi il 14 e 15 febbraio a Bruxelles, ha dato il via libera alla già annunciata costituzione di due nuovi comandi di carattere logistico il cui unico scopo è rafforzare le capacità militari di contrastare la Russia in un conflitto aperto in Europa.

Dopo l’invio di truppe e mezzi Usa e alleati in Polonia, Romania e Repubbliche Baltiche, la rinnovata guerra fredda si consolida con decisioni militari che riportano l’Europa ai tempi della Cortina di Ferro. Il Joint Force Command for the Atlantic “verrà istituito con ogni probabilità sulla costa Atlantica degli Stati Uniti e avrà il compito di coordinare e gestire l'afflusso di rinforzi di militari e mezzi da Usa e Canada verso l’Europa occidentale, ovviamente in caso di tensioni o mobilitazione delle forze alleate in seguito a una crisi con Mosca.

La seconda nuova struttura, il Command for Logistic, Reinforcement and Military Mobility, sarà invece basato con ogni probabilità in Germania con l’obiettivo di agevolare l’afflusso di rinforzi e rifornimenti dai porti europei sull’Atlantico ai partner dell’Alleanza in Europa orientale, in pratica a trasferire truppe e materiali verso la “prima linea” ai confini con la Russia.

La sede dei due comandi verrà definita nel prossimo vertice Nato di giugno ma già ora è evidente che la posizione anglo-americana, che privilegia l’identificazione del “nemico russo” come principale focus dell’alleanza, ha avuto il sopravvento ancora una volta e senza incontrare resistenze dai partner europei, neppure da quelli meridionali come l’Italia che invece considerano prioritaria la minaccia jihadista e la destabilizzazione del “Fronte Sud”, cioè del  Medio Oriente e del Nord Africa. La rinascita di un Comando per l’Atlantico, chiuso quasi dieci anni fa dopo il Summit di Lisbona (2006) dimostra una rinnovata sensibilità al pericolo relativo alle linee di comunicazione marittime, esattamente come durante la guerra fredda in cui si temeva che i sottomarini sovietici avrebbero attaccato i convogli che attraversavano l’Atlantico per portare in Europa i rinforzi americani necessari a contenere l’offensiva del Patto di Varsavia.

L’ammiraglio Pier Paolo Ramoino, uno dei più apprezzati docenti e analisti navali italiani, valuta che “la creazione di un Comando per l’Atlantico appare una importante testimonianza che la situazione internazionale sta rapidamente cambiando e che la sicurezza marittima sta tornando prioritaria e debba far superare le considerazioni economiche, che erano state alla base delle riduzioni degli scorsi anni”. Resta però evidente che la valutazione della minaccia russa (dalla cyber security alle fake news, dalle capacità navali a quelle terrestri) appare decisamente sopravvalutata dalla Nato e soprattutto dagli anglo-americani, forse più per fini politici che per precise ragioni strategiche. Rispolverare la minaccia di Mosca consente infatti di avere una valida giustificazione per gonfiare bilanci militari, da anni in fase di riduzione (la Russia è pur sempre una fra le potenze nucleari).

Ciò detto però i numeri parlano chiaro: con i nuovi stanziamenti annuali negli USA (quasi 700 miliardi di dollari assegnati al Pentagono) e in Europa (quasi 300 miliardi) la Nato si avvicina a una spesa militare di circa mille miliardi di dollari annui contro i 50 stanziati da Mosca. La Nato dispone di un apparato che comprende oltre 3 milioni di militari tra Usa, Canada ed alleati europei contro i 650mila militari russi. Se la Nato schiera una trentina di portaerei grandi e piccole la Marina Russa ne ha una sola, peraltro non in brillanti condizioni. Certo l’intervento di Mosca in Siria ha impressionato per la capacità di rovesciare le sorti del conflitto ma sul piano strategico in Europa è la Nato che si allarga verso Est lambendo i confini russi, non Mosca che ha portato le sue armate sull’Oder. Anche la nuova dottrina nucleare statunitense, con la diffusione di testate nucleari di minima potenza idonee a colpire obiettivi strategici ma su scala limitata, sembra voler rovesciare l’equilibrio tra Usa e Russia che ha garantito per 70 anni una pace relativa.

Non è un caso che al summit di Monaco sulla Sicurezza l’ex ambasciatore russo a Washington, Sergei Kislyak, abbia criticato la nuova dottrina accusando gli Usa di considerare l’atomica «più come un’arma da impiegare in guerra che come un deterrente».