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STORIA

La Massoneria che preparò la breccia di Porta Pia

Quando Napoleone il Grande fu sconfitto nel 1814 e poi, definitivamente, nel 1815, il suo impero crollò con lui e si procedette alla Restaurazione. Già, ma nell’ormai ex Regno d’Italia le logge contavano «non meno di 20mila affiliati, in larga misura coincidenti con la classe dirigente». I quali, lasciate calmare le acque, cominciarono a gettare le fondamenta per quello che fu chiamato Risorgimento. Che nel 1870 completò, e per sempre, l’opera.

Cultura 25_09_2020

Il 150° anniversario della Breccia di Porta Pia e dello scippo di Roma al Papa da parte dei Savoia è stato festeggiato, causa Covid, quasi in sordina, anche per la coincidenza con le elezioni, non fosse mai che le fanfare dei bersaglieri distraessero il popolo dal rito più sacro per il laicismo. Chi segue gli scritti di Angela Pellicciari, nostra firma, sa bene che l’ossessione di distruggere il potere temporale della Chiesa era antica e costituiva il pallino fisso dell’organizzazione che più di ogni altra incarnava la «laicità», la massoneria. Perfino Proudhon, celebre ideologo rivoluzionario della prima metà dell’Ottocento, era convinto che, sottrattale la sedia su cui stava seduta, la Chiesa si sarebbe dissolta.

In effetti, l’ateo non può ragionare  diversamente, dal momento che riesce a concepire solo realtà terrene. E va pur detto che non aveva poi tutti i torti: la Chiesa uno Stato ancora ce l’ha, piccolissimo, ma ce l’ha; se non l’avesse, farebbe la fine che già fece ai tempi della c.d. Cattività Avignonese, per settant’anni ostaggio del re di Francia, papi francesi, cardinali francesi. Cui seguirono i devastanti quarant’anni dello Scisma d’Occidente, con ben tre papi, nessuno dei quali «emerito».

Tornando a Porta Pia, non era, quella, la prima volta che il papa doveva sloggiare. Nel Medioevo, tante volte aveva dovuto farlo, ma il primo golpe ideologico fu quello giacobino della prima Repubblica Romana, con Pio VI mandato a morire in galera. Seguì Napoleone, che deportò Pio VII. Da notare che per quest’ultimo essere sacerdote era più importante che essere sovrano, tant’è che rifiutò categoricamente di dichiarare nullo il matrimonio religioso di Napoleone con Josephine Tascher de la Pagérie, vedova Beauharnais, per permettergli di sposare Maria Luisa d’Asburgo (il cui padre, imperatore d’Austria, pur aveva ceduto al padrone d’Europa per evitare guai maggiori).

Ma era Roma che volevano, le logge. Il tempo di nascere e il figlio di  Napoleone e Maria Luisa fu subito creato Re di Roma. Lo storico della massoneria Aldo A. Mola, in un lungo articolo sul «Giornale del Piemonte e della Liguria» dedicato al 150°, scrive che il fatto «sancì l’inclusione della Città Eterna in un orizzonte che, per semplicità, può essere configurato come neo-pagano con suggestioni dell’Antico Egitto». Nel 1811 a Milano, per celebrare l’evento, si riunirono i supremi dignitari massonici del Regno d’Italia in una «sala ornata con la raffigurazione delle nozze della Terra col Cielo, delle Orge di Bacco, dei misteri di Cibele e altre bizzarrie». E acclamarono «la nascita di Oro (Napoleone II, il loweton –figlio di maestro massone ndr), di Osiride, ovvero Napoleone il Grande “nostro fratello e protettore dell’ordine massonico nell’Impero di Francia e nel Regno d’Italia” (così il verbale dei «Lavori Massonici», ndr), e della consorte Maria Luisa d’Asburgo (Iside)».

Quando Napoleone il Grande fu sconfitto nel 1814 e poi, definitivamente, nel 1815, il suo impero crollò con lui e si procedette alla Restaurazione. Già, ma nell’ormai ex Regno d’Italia le logge contavano «non meno di 20mila affiliati, in larga misura coincidenti con la classe dirigente». I quali, lasciate calmare le acque, cominciarono a gettare le fondamenta per quello che fu chiamato Risorgimento. Che nel 1870 completò, e per sempre, l’opera.

Mola fa notare che il primo a usare la parola «Risorgimento» era stato un sacerdote (così come, sempre Mola in altra sua opera, indica in un altro sacerdote il vero autore dell’«Inno di Mameli»). Questo sacerdote si  chiamava Saverio Bettinelli, era un letterato di una certa fama e «non mancò di incontrare Voltaire a Ginevra». Nel 1775 pubblicò Il risorgimento d’Italia…dopo il Mille. Quasi dimenticavo: era un gesuita.