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devozione mariana

La Madonna del Conforto: luce in tempi di attacco alla fede

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15 febbraio 1796: un prodigio legato a un'immagine di Maria rianima gli aretini spaventati dal terremoto. Durante l'occupazione francese infonderà coraggio ai toscani insorti al grido di "Viva Maria".

Ecclesia 15_02_2024

Durante la preghiera del Rosario che unisce ogni giorno la redazione e i lettori della Bussola, viene inquadrata una particolare immagine mariana: è la Madonna del Conforto venerata nel duomo di Arezzo in seguito a un evento miracoloso accaduto il 15 febbraio 1796. Quella presente nella nostra cappella è, naturalmente, una fedele riproduzione, ricevuta dal Centro Culturale "Amici del Timone" di Staggia Senese, che nel 2014, in occasione del 6° Giorno del Timone della Toscana, volle conferire a La Nuova Bussola Quotidiana il premio “Viva Maria”.

Torniamo al febbraio del 1796 ad Arezzo, nella cantina annessa all’Ospizio della Grancia, dove i camaldolesi vendevano il vino e mettevano a disposizione dei più poveri un fornello per cucinare e scaldarsi, accanto al quale si trovava proprio la nostra immagine, annerita e impolverata. Questa riproduceva a sua volta la Madonna di Provenzano, venerata a Siena (originariamente una Pietà di cui però era rimasto soltanto il busto della Vergine), accompagnata dalla scritta: «Sancta Maria ora pro nobis»). Quel mese di febbraio era iniziato male e il Carnevale era stato offuscato da decine di forti scosse di terremoto, accompagnate da bagliori e altri fenomeni inquietanti, che spinsero ben presto a volgere la baldoria carnevalesca in processioni penitenziali, anticipando la Quaresima che sarebbe iniziata ufficialmente il 10.

Il 15 febbraio nuova scossa e nuovi timori: nella notte si ritrovarono in cantina alcuni artigiani, Antonio Tanti, Giuseppe Brandini e Antonio Scarpini, confidandosi i rispettivi timori per il terremoto insieme alla cantiniera Domitilla Bianchini. Il pensiero andò ben presto ai castighi divini e alla protezione di Maria. Accesero un lume alla malconcia immagine mariana che vegliava su di loro e cominciarono a pregare, quando d’un tratto quel bassorilievo – ormai giallo e nero, che non c’era più verso di ripulire – si fece candido, emanando una luce ben diversa dagli inquietanti bagliori del terremoto, che da allora cessò. La paura del sisma lasciò spazio alla meraviglia per il prodigio in sé e anche per alcune grazie e guarigioni attribuite all’immagine mariana, che nel giro di pochi giorni fu portata in duomo, dove gli aretini realizzarono poi un’apposita cappella dedicata alla Madonna del Conforto, cui si accede attraverso una cancellata sovrastata dalla scritta: «Confortetur cor tuum: ecce Mater tua» («Si rinfranchi il tuo cuore: ecco tua Madre»).

Di lì a poco la Madonna del Conforto dovette prestare conforto agli aretini e a tutte le popolazioni toscane. In quello stesso 1796 Napoleone Bonaparte dava inizio alla Campagna d’Italia, volta ad esportare forzatamente i principi rivoluzionari nella penisola, laicizzandone le istituzioni: iniziava il cosiddetto “triennio giacobino” (1796-1799). L’invasione delle truppe napoleoniche fu accompagnata da una serie di prodigi ben ricostruiti da Vittorio Messori e Rino Cammilleri nel volume Gli occhi di Maria. Roma 1796: prodigi nell'Italia invasa da Napoleone (nuova ed. aggiornata, Edizioni Ares, Milano 2023). Da Ancona, dove si verificò il primo fenomeno il 25 giugno, a Todi, a Frosinone, passando per la Città Eterna, innumerevoli immagini mossero gli occhi o cambiarono espressione, quasi a lanciare un “allarme” celeste sulla persecuzione scatenata in nome dei "Lumi". Allarme di cui il fenomeno aretino costituisce non solo un preludio.

In Toscana i principi rivoluzionari erano già nell’aria sotto il granducato di Pietro Leopoldo (asceso poi al trono imperiale nel 1790) e il “conciliabolo” tenuto dal vescovo giansenista di Pistoia, Scipione de’ Ricci. Inizialmente il Granducato si era salvato dai francesi, che nel 1796 avevano preso la sola Livorno. Nel resto della penisola avevano già avviato il forzato “cambio di paradigma”: via la croce, su l’albero della libertà, proclamando repubbliche ispirate ai nuovi ideali, non senza scatenare l’insurrezione – o meglio, l’insorgenza – delle popolazioni legate alle tradizioni e alla fede dei padri. Come avvenne anche in Toscana, quando il 25 marzo 1799 Firenze fu occupata dai francesi, che il 6 aprile giunsero ad Arezzo. E la popolazione insorse, al grido di “Viva Maria!”, liberando il Granducato dagli occcupanti con la guida del diplomatico inglese William Frederic Wyndham, dell’ufficiale dei dragoni Lorenzo Mari... e della Madonna del Conforto, effigiata sui loro stendardi.

Una storia e un’immagine che, pur nelle mutate circostanze, ci riguardano ancora da vicino: «Il premio», come scriveva nel 2014 don Stefano Bimbi, «è simbolicamente rappresentato da una perfetta riproduzione della Vergine del Conforto. Il motivo per cui è stato chiamato “Viva Maria!” questo premio è evidente: come ai tempi di Napoleone, è in atto un attacco alla fede cattolica. Ora come allora c'è bisogno che ci sia un forte movimento di popolo che difenda la Chiesa da questi attacchi». Quale che sia la buona battaglia (di ieri o di oggi), la Madonna del Conforto continua ad essere una luce per attraversare tempi oscuri.



ITINERARI DI FEDE

La Madonna del Conforto splende ad Arezzo

La cattedrale di San Pietro e San Donato, di Arezzo, conserva la celeberrima Madonna del Conforto, la terracotta che splendette nel miracolo del 1796, dopo il terremoto. Il duomo è una sovrapposizione di stili lungo 7 secoli di fabbrica.

STORIA

L'Insorgenza, memoria dimenticata della patria

16_07_2011

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