La fede via internet dei cristiani in Arabia Saudita
Costretti a praticare la fede entro le pareti di casa, un milione di cristiani trovano in Internet il mezzo per partecipare a celebrazioni e riti religiosi
“All’esterno un edificio come molti altri fra i minareti della città, affacciato su un grande piazzale dove un tempo sorgevano case e palazzi ora demoliti per far posto a costruzioni moderne che stanno rimodellato il volto di Jeddah, metropoli costiera affacciata sul Mar Rosso. (…) Al suo interno, in un appartamento all’ultimo piano, da un dispositivo provengono canti di una tradizione antica, quanto attuale: “Sia gloria a Dio nell’alto dei Cieli”. Parole dell’antica liturgia siro-malabarese in lingua malayam, scandite nella funzione celebrata in una chiesa del Kerala, dall’altro lato dello schermo. Il giorno seguente in un’abitazione di un quartiere della periferia orientale, da un tablet giunge la voce di un sacerdote che, nell’omelia, si rivolge a un gruppo di fedeli indiani e filippini parlando di “persecuzioni, fede di sangue, richiamo alla pace”. Così un milione di cristiani residenti in Arabia Saudita vivono celebrazioni e riti religiosi, anche a Natale, perché non hanno il permesso di praticare la loro fede pubblicamente in chiese e altri luoghi di culto. L’agenzia di stampa AsiaNews descrive la loro situazione e commenta: “questo è ‘il miracolo di internet, che permette di assistere a messe trasmesse via Zoom’”. Sono in gran parte cristiani filippini, indiani e di altri paesi asiatici immigrati. Mentre in molti paesi a maggioranza musulmana praticare altre fedi è consentito, seppure non sempre senza rischi, in Arabia Saudita, dove si trovano due delle più importanti città dell’islam, la Mecca e Medina, altri culti non sono consentiti e i cristiani sono costretti a vivere la loro fede soltanto entro le pareti di casa. Commenta ancora AsiaNews: “un insieme di riti, tradizioni, popoli e culture diverse, uniti ‘grazie alla rete’ a simboleggiare il significato più vero e profondo della ‘cattolicità’ e della ‘preghiera’ in un Paese, e in una società, in cui non è ammessa – almeno in linea teorica – fede diversa da quella musulmana sunnita. In realtà al suo interno vive un popolo (…) che ricorda l’esperienza dei cristiani dei primi secoli, quella raccontata dalle scritture al tempo dei romani e delle prime persecuzioni: una comunità che è anche un edificio che non è fondato sui mattoni come i tradizionali luoghi di culto che siamo abituati a conoscere in Occidente, quanto su uomini e donne, giovani e bambini con una fede profonda, viva e salda nonostante le difficoltà, i timori e le restrizioni”.

