La diocesi lancia le coppie gay come modello di famiglia cristiana
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Nuova tappa verso l'abisso della distruzione del matrimonio cristiano: la diocesi di Chiavari prende a modello di amore e di vita famigliare anche le coppie gay.
- "Nozze" gay, i vescovi contro lo strappo della Corte UE, di E. Dovico
La coppia gay credente, la coppia gay in cui uno dei due non crede, la coppia di due divorziati uniti civilmente sono tutte esperienze di amore e quindi di famiglia. Al pari di chi, retrogrado, si è unito in matrimonio ed è rimasto per anni fedele al coniuge. La deriva del todos, todos, todos applicata al love is love fa tappa a Chiavari. È qui che la diocesi ha dato alle stampe un libretto che segna una nuova discesa verso gli abissi della distruzione del matrimonio cristiano e della famiglia cristiana che di esso è frutto.
Si chiama “Non c’è amore più grande” ed è un opuscolo licenziato dal Servizio di pastorale famigliare diocesana diretto da don Marco Torre, che ha lo scopo di «raccogliere storie d’amore della nostra diocesi». Scordatevi le testimonianze per suscitare il desiderio della santità tra i coniugi. No, anzi, più c’è “imperfezione” meglio è. Solo che quella che viene definita imperfezione, in realtà è una vita che contraddice in toto l’insegnamento della Chiesa e di Gesù sulla morale, sulla famiglia e sul matrimonio.
Ma si sa, ormai la deriva omoeretica ha trovato casa stabilmente negli uffici pastorali delle diocesi dove sacerdoti confusi e orientati ideologicamente ricevono dai loro vescovi carta bianca per stravolgere chimicamente il dna della famiglia. Quella famiglia fondata sul matrimonio che, dai tempi di Gesù era «per questo l’uomo si unirà alla sua donna», oggi è molto più variegato all’insegna del «tutto fa brodo». È tutto, infatti, un profluvio di amore di qua e amore di là, in un verboso argomentare da baci Perugina. Si arriva persino a dire che «l’amore è qualcosa che muove, che informa l’agire e lo plasma». E quindi? Ma soprattutto: quale amore?
Accanto a storie di vera donazione di sposi che si amano nella malattia, ad esempio, il libretto ci mostra anche la vita di Marco e Michele, due omosessuali che vivono insieme e raccontano di quanto sia bello «vivere ancora più liberamente il nostro volerci bene anche all'interno della nostra comunità». Ma oltre che a cantare in chiesa e fare parte del gruppo “Amore in cammino”, lo spazio concesso a loro ha uno scopo ben preciso. Eccolo: «Il fine ultimo del nostro lavoro credo sia abbattere quei muri di divisione che hanno sempre ostacolato la partecipazione attiva di persone appartenenti all’ampia sfera dell'omoaffettività, alla vita della Chiesa, sotto l’amore dell'unico Padre che ci accoglie nella libertà di come lui ci ha creati». Il che è già una palese violazione dell’avvertimento non solo del Catechismo ma anche di quello che già nel 1986 l’allora cardinal Ratzinger diceva sull'offensiva dei gruppi Lgbt in Chiesa. Dunque, l’operazione è quella classica che abbiamo visto anche altrove: la Chiesa è vecchia e sull’omosessualità va cambiata.
Ma se non fosse chiaro che queste operazioni sono studiate a tavolino proprio per continuare a infiltrare nella vita della Chiesa l’omoeresia, ecco che arriva la storia di Gianluca a confermarci la strategia. Gianluca si presenta da solo e non in coppia perché il suo “compagno” – che non viene nominato se non con un generico “lui” - «per quanto riguarda il rapporto con la Chiesa è sempre stato molto critico e distante». Però questo non è un problema, anche Gianluca può essere preso a modello dalle parrocchie circostanti come bravo cristiano: «Contrariamente a quanto si possa pensare, questa differenza tra noi non è stata mai di ostacolo al nostro rapporto, ma è stata per entrambi motivo di maggior conoscenza reciproca, di maggiore profondità». E comunque anche questa situazione gli dà il potere di sentirsi «in comunione e in cammino anche con la mia Chiesa, in cui l’ascolto, il riconoscimento e l’accoglienza sono vissuti nella reciprocità».
Oltre alle due storie gay prese a modello, poi, troviamo anche la vicenda di Alessandra e Luca, i quali per giustificare «il nostro cammino di coppia in nuova unione» utilizzano le parole di “Amoris Laetitia” al n. 297: «Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale». Ecco serviti, quindi anche i due ex sposi, divorziati e uniti civilmente che non fanno mistero di aver violato «le regole di Dio» per conoscere meglio il suo volto (!) senza rinunciare «a quell’ideale d’amore da sempre desiderato».
Che cosa dirà il vescovo di Chiavari Giampio Devasini? Al momento nulla, però il fatto che la diocesi non sia nuova a iniziative di stampo omoeretico non fa ben sperare. Il don Torre due anni fa organizzò con la Tenda di Gionata una serie di iniziative Lgbt tenute in seminario. Mentre a Rapallo, che è nella stessa diocesi ligure, stando alla Verità, si scopre che esiste un’associazione chiamata La Nassa che ha sede nella parrocchia di Sant’Anna e organizza il Sextival, il festival della salute sessuale, che da nome è tutto un programma.
Insomma, se il frutto non cade mai lontano dall’albero, il libretto per le famiglie cristiane in salsa gay friendly è destinato a rimanere e a non essere ritenuto solo un incidente di percorso. Dopo le veglie anti omofobia, il passo successivo è sdoganare la pratica omoerotica come pienamente inserita dentro il corpus della famiglia naturale e cristiana. Col placet dei vescovi.
"Nozze" gay, i vescovi contro lo strappo della Corte UE
La Comece, presieduta da mons. Crociata, bacchetta la Corte di Giustizia dell’UE per la sentenza che impone il riconoscimento dei “matrimoni” gay contratti in un altro Stato membro. Una sentenza che viola tanto la legge naturale quanto le competenze nazionali.


