La Calabria conferma Occhiuto, altra batosta per il campo largo
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La vittoria di Occhiuto in Calabria rafforza la maggioranza di Governo. La sinistra mastica amaro e incassa un’altra batosta per il cosiddetto campo largo.

La vittoria di Roberto Occhiuto alle elezioni regionali in Calabria assume, più che un semplice significato numerico, una forte valenza politica e simbolica: è la prima riconferma al secondo mandato nella storia recente della Regione, in condizioni tutt’altro che ordinarie. La sua scelta di dimettersi in piena bufera giudiziaria per chiedere un nuovo mandato convalidato dalle urne era stata interpretata da molti come un atto di sfida: un modo per “ripulirsi” agli occhi dei cittadini e riaffermare la legittimità del proprio governo. Il responso elettorale, con una affluenza al 43 per cento — addirittura leggermente inferiore al 44 per cento della consultazione precedente — conferma però che la partita più complicata per Occhiuto non era tra avversari politici, ma con l’astensionismo di massa e il disincanto civico che continua a serpeggiare nel Mezzogiorno.
In questo contesto, il successo netto – sfiorando il 60 per cento dei consensi — appare come una vittoria schiacciante: Occhiuto supera di quasi venti punti Pasquale Tridico, candidato del Movimento 5 Stelle e del campo progressista, spesso in prima linea nella battaglia per un reddito di cittadinanza “nazionale” o regionale. Tridico, ex presidente dell’INPS e figura di spicco della sinistra economica, aveva proposto per la Calabria un “reddito di dignità” da collegare a politiche attive del lavoro, sostenendo che se fosse stato lui vittorioso avrebbe esteso analoghe forme di sostegno a chi è più svantaggiato. Ma l'elettorato calabrese ha premiato il modello di governo del centrodestra, interpretando — nello spirito di ciò che hanno detto Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini — la rielezione di Occhiuto come un riconoscimento del “buongoverno”.
Dalle colonne dei suoi canali social, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha salutato il risultato come una rivendicazione di merito e metodo: «Anche in Calabria gli elettori hanno riposto la loro fiducia nella coalizione di centrodestra, confermando Roberto Occhiuto Presidente della Regione», scrive, aggiungendo che si tratta di «un risultato importante a riconoscimento dell’azione di buongoverno che continueremo a portare avanti per il benessere del territorio e dei cittadini», e augurando buon lavoro al riconfermato governatore. Poco dopo, Matteo Salvini ha definito la vittoria «grande»: «Grande vittoria per il centrodestra in Calabria. Da una parte chi protesta, devasta le città e attacca le Forze dell’Ordine, dall’altra i cittadini che pensano al bene del proprio territorio. Avanti tutta!», ha scritto sui social, mettendo in chiaro il discrimine morale e politico con chi definisce il centrodestra come parte del “problema”.
Sul fronte opposto, la sinistra mastica amaro e incassa un’altra batosta per il cosiddetto campo largo. Evidentemente la somma dei voti dei singoli partiti si riduce quando le forze di centrosinistra si mettono tutte insieme perché alcuni elettori non gradiscono l’alleanza ampia, ritenendola troppo rissosa.
Al di là delle schermaglie, quel che resta è la sensazione che la sfida vera fosse con l’indifferenza e la perdita di fiducia della comunità calabrese nella politica: prime elezioni anticipate in Calabria dopo le dimissioni di un governatore indagato, con l’intero Consiglio regionale sospeso. Il meccanismo elettorale ha messo in gioco un’opportunità: legittimazione nuova, verifica di consenso, ma anche il rischio di un boomerang se gli elettori non avessero risposto all’appello.
Il dato dell’affluenza — 43 per cento — dimostra che la rottura del legame tra cittadini e istituzioni è un problema che nessuna maggioranza può ignorare. Tuttavia, Occhiuto ha approfittato del fatto che molti calabresi, guardando all’esperienza governativa, abbiano preferito la continuità a una promessa più incerta offerta da Tridico e dalla sua coalizione. Un elemento che emerge dalle urne è anche il rifiuto, da parte degli elettori calabresi, del giustizialismo, cioè dell’uso della giustizia per eliminare avversari politici. Si è avuta la netta sensazione che una parte della magistratura volesse disarcionare l’attuale governatore puntando sull’arma giudiziaria, ma lui è stato molto abile nel rovesciare il tavolo e nel condurre i calabresi alle urne anticipate.
Ha vinto Occhiuto, il centrodestra si conferma in buona salute, ma il primo partito saldamente in testa rimane quello del non voto. Un dato su cui riflettere e che forse la riforma dell’autonomia differenziata, con una maggiore responsabilizzazione dei territori e dei governi locali, potrebbe contribuire a ribaltare.