Irlanda: si scava ancora a Tuam, a caccia di colpe della Chiesa
In Irlanda, si scava di nuovo a Tuam, alla ricerca delle ossa di 796 bambini ospiti della locale Casa per madre e bambino dal 1925 al 1961. I media attribuiscono la colpa alle suore, come se fossero state loro ad averli uccisi. La realtà è ben diversa.

Si scava di nuovo a Tuam, contea di Galway, Irlanda occidentale. Si scava nelle colpe del passato, alla ricerca delle ossa di 796 bambini sepolti nei pressi della locale Casa per madre e bambino, gestita dalle suore del Buon Soccorso, dal 1925 al 1961.
Non si trattava di orfanatrofi, perché i bambini vi venivano accolti assieme alle loro mamme. Erano luoghi in cui venivano accolte le madri nubili e i loro figli nati fuori dal matrimonio. A giudicare da tutta una cultura popolare nata attorno a queste Case (libri, film, inchieste giornalistiche), la Chiesa è stata colpevole di un atto di discriminazione di massa, con un tasso di mortalità altissimo. Quindi le donne che erano ospitate nelle Case sono ora viste come “segregate”, i loro figli “rapiti” quando dati in adozione o “uccisi” e “dimenticati in una fossa comune”. Un crimine di massa di cui imputare la Chiesa, insomma, in un passato in cui l’Irlanda era “cupamente cattolica” (l’espressione è di un articolo del Corriere della Sera).
Il caso era stato sollevato otto anni fa dalla storica irlandese Catherine Corless, quando divenne chiaro che le ossa rinvenute per caso a Tuam nella metà degli anni Settanta, non erano quelle delle vittime della Grande Carestia (di metà Ottocento), bensì quelle dei bambini ospiti della locale Casa. Nel gennaio del 2021 era stato pubblicato a Dublino il Rapporto finale della Commissione di inchiesta sulle Case per madre e bambino (di cui aveva parlato a suo tempo anche La Nuova Bussola Quotidiana). Quel Rapporto aveva espresso giudizi molto severi sulla società irlandese della prima metà del Novecento e ad una Chiesa che non ha fatto di più per salvaguardare la dignità delle persone più fragili. Aspetto su cui il vescovo di Armagh, Eamon Martin, si era scusato “senza riserve”. Ma al tempo stesso aveva scagionato le suore di gran parte delle colpe loro attribuite dai media.
Ad abbandonare le donne sono stati i loro genitori. Secondo il Rapporto: «le istituzioni sotto inchiesta fornivano un rifugio – anche duro in alcuni casi - quando le famiglie non fornivano alcun rifugio». La Chiesa non era responsabile del trattamento più duro, né delle condizioni di vita peggiori rispetto ad altre istituzioni laiche. Il Rapporto, confrontando le Case religiose con le istituzioni analoghe gestite dallo Stato, rilevava che nelle seconde: «le condizioni erano molto peggiori che in qualsiasi Casa per madre e bambino, con l'eccezione di Kilrush e Tuam. A metà degli anni '20 la maggior parte di loro non disponeva di servizi igienici, forse senza acqua corrente; il riscaldamento, ove disponibile, era provveduto da un caminetto; il cibo era cucinato, male, spesso in un edificio diverso, quindi era freddo e ancora meno appetibile quando arrivava alle donne».
Tuam, dunque, assieme a Kilrush, era l’eccezione non la regola. La regola era un trattamento migliore nelle istituzioni religiose rispetto a quelle laiche. Che la Chiesa non sia colpevole dell’abbandono e della “segregazione” delle madri nubili e dei loro figli, è dimostrato anche dal fatto che «Nel 1900 si trovavano case per madri e bambini in tutti i paesi di lingua inglese e istituzioni simili esistevano in Germania, Paesi Bassi e altrove». Si trattava dunque di una mentalità universalmente diffusa, a quell’epoca, non solo in una nazione “cupamente cattolica”.
È poi semplicemente impossibile attribuire alle suore la colpa della morte dei bambini ospitati nelle Case. Nessuno lo afferma, anche se molti articoli apparsi in questi giorni sui quotidiani a più alta tiratura lo darebbero ad intendere. Quei 796 bambini sono morti in un periodo caratterizzato da un’altissima mortalità infantile, in un paese che era il più povero d’Europa e in ambienti affollati (e condizioni igieniche insufficienti) che facilitavano il contagio di ogni malattia infettiva. Ad ogni buon conto, le suore del Buon Soccorso hanno messo a disposizione tutti i documenti.
E non stiamo parlando di bambini “senza nome”, nascosti dopo la morte. La ricerca stessa della Coreless è partita dai certificati di morte della Casa di Tuam. Per ogni bambino abbiamo un nome, una data di nascita e di morte, la causa della morte, per malattia. Si indagherà ancora sui casi di cui non è riportata la causa del decesso. La squadra forense che si è di nuovo messa al lavoro sulle sepolture di Tuam mira a dare un nome ad ogni scheletro, attraverso lo studio del Dna. Ma che conclusioni si possono trarre oltre a quelle già pubblicate sul Rapporto del 2021? Quasi certamente: nessuna. Ma ogni pretesto è buono per rilanciare sempre la stessa campagna contro “l’oscurantismo cattolico”.