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Il fumo nel Tempio

In un libro il realismo profetico di Eugenio Corti

Ne Il fumo nel Tempio, lo scrittore Eugenio Corti raccoglie numerosi interventi relativi ai fatti più significativi degli ultimi trent’anni del secolo scorso. Profeta del suo tempo, racconta i rischi per la fede cristiana allorquando il “fumo di Satana” comincia a dilagare perfino nella Chiesa.

Cultura 13_01_2023

«Questo libro è la risposta di un uomo di fede non rassegnato a prendere semplicemente atto delle difficoltà ecclesiali e sociali, ma deciso invece a impegnarsi fino in fondo nella buona battaglia per dare a Dio il posto che gli compete in seno all’umanità». Così il compianto Cesare Cavalleri presenta Il fumo nel Tempio (pp. 296) di Eugenio Corti, pubblicato in una nuova edizione dalla Ares, che ha curato l’opera omnia dello scrittore brianzolo.

Si tratta di una raccolta di analisi di fatti avvenuti principalmente negli anni tra il 1970 e il 2000; è il controcanto di un uomo libero che dà voce al disagio di tanti cattolici che, sulla scia di san Paolo VI, vedono il “fumo di Satana” entrare nel tempio di Dio. «Non ci si fida più della Chiesa; ci si fida del primo profeta profano che viene a parlarci da qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita», prosegue Cavalleri nella prefazione al volume. Di qui «la persuasione dello scrittore che all’origine dei gravi problemi che si trova ad affrontare la Chiesa ci sia l’intrecciarsi di due fenomeni: l’offuscamento della linea verticale che lega l’uomo a Dio e l’abbandono di quella linea orizzontale che definisce la vita cristiana nei suoi esiti sociali, vale a dire la cultura».

Nel commentare una citazione del filosofo Jacques Maritain, Corti riflette sulla dimensione politica in senso lato della Chiesa: «La Chiesa (anche se istintivamente ci ripugna mescolare a una realtà per tanti aspetti soprannaturale, categorie come destra e sinistra) in quanto riceve la propria autorità dall’alto non potrà mai essere considerata una organizzazione di sinistra, ma se mai il suo contrario. Ci spieghiamo allora meglio perché una politica “di sinistra” (non ci si fraintenda: ripetiamo che disturba anche noi usare per la Chiesa questo frasario profano) - com’è quella appunto preconizzata con tanta autorità dallo stesso Maritain - abbia potuto portare a uno stato di semiparalisi, e alla scelta di tanti uomini sbagliati soprattutto per i posti chiave della cultura, dei mass media, eccetera. Unico conforto per noi è sapere che la Chiesa non potrà comunque arrivare allo sfacelo, in quanto il Salvatore sarà sempre con lei».

Corti critica dunque aspramente anche quel «gruppo dei cattolici “illuminati”, i quali si atteggiano a maestri dei vescovi e del Papa, e anzi, all’occasione, addirittura a “correttori” delle sacre scritture», così simili ai “cattolici adulti” contemporanei che assumono posizioni sui temi etici in netto contrasto con il magistero della Chiesa. Di qui, sul piano politico, lo scrittore brianzolo osserva con amarezza che «i politici cristiani parlano ormai quasi soltanto il linguaggio degli altri», per cui quanto valeva un tempo per la Democrazia Cristiana vale ancora oggi per tanti politici che relegano la propria fede alla sola sfera privata, impedendone le ricadute in ambito sociale.

Rispetto alla strumentalizzazione mediatica del Concilio Vaticano II, Corti osserva con preoccupazione, «come allora tutti senza eccezione applaudissero la Chiesa: tutti gareggiavano nell’osannarla, non si sentiva più un solo crucifige. Anche chi fino a poco tempo prima aveva insultato e calunniato, si convertì all’applauso».

Attento e profondo conoscitore dell’ideologia comunista, di cui ha sperimentato la follia anche sulla propria pelle, si chiede provocatoriamente, alla luce dei milioni di vittime da essa mietute: «Si vorrebbe portare i cristiani a collaborare con questa gente, con questi “movimenti storici”?». D’altra parte, «Marx può ben essere stato mosso da un grande impulso di generosità umanitaria, e così Lenin, che ha tentato di attuare l’utopia di Marx nella dolentissima realtà russa, e così dopo di loro i rivoluzionari cinesi: ma da quella generosità di partenza sono derivati solo morti, e dolori, e miseria. Che una simile distruzione dell’uomo - letteralmente mai vista prima nella storia - possa non essere tenuta in alcun conto dai visionari di matrice laicista, tuttora abbagliati dal gigantesco tentativo di Marx di avviare una redenzione non cristiana dell’umanità, lo si può anche capire, se pure a fatica. Ma com’è possibile che degli studiosi, tanto più cristiani, non se ne rendano conto?», si domanda lo scrittore riflettendo sulle ricadute di tale sistema ideologico.

A tal proposito egli osserva acutamente che «nel mondo intero il comunismo ha fatto più presa, al di là dei paesi in cui s’è imposto con la violenza, in quelli cristiani, e più propriamente cattolici: in Italia, Francia, Spagna, America latina. Nei paesi protestanti invece, dove la gente non va quasi più in chiesa e crede sempre meno nella trascendenza, la presa è molto minore. Questo perché nei cattolici c’è l’attesa della redenzione, ed è rimasta anche in quelli che credono sempre meno. Il comunismo si presenta appunto come una redenzione portata dall’uomo all’uomo: soprattutto come tale è sentito a livello popolare». Eppure le «idee non cristiane, sono sfociate in aberrazioni tragiche, tra cui enormi stermini».

Quale testimone autorevole delle ricadute tragiche del comunismo, Corti addita san Giovanni Paolo II, «un pastore con la forma mentis del pastore e non dell’intellettuale (pur con tutto il rispetto che a questa è dovuto), che ha inoltre sperimentato di persona la realtà sommamente tragica di quel comunismo che tanti intellettuali cattolici, da Maritain in poi, si illudevano d’inquadrare nella “nuova cristianità”».

Nel commentare invece la strumentalizzazione del “caso Seveso” da parte degli abortisti, egli afferma, dati alla mano, che «a distanza di oltre un anno e mezzo dalla fuga del gas tossico a Seveso, possiamo affermare in tutta obiettività che le uniche vittime umane della diossina sono stati i bambini uccisi nel grembo materno dalla campagna forsennata degli abortisti». E aggiunge un accorato appello estremamente attuale: «Per il futuro bisogna che noi cattolici ci svegliamo: non dobbiamo più permettere che siano gli anticristiani a decidere della vita e della morte dei nostri figli».