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ELEZIONI

In Tunisia vince Kais, il presidente islamico anti-corruzione

Tunisia, vince Saied Kais con il 72,53% delle preferenze. Il giurista, noto per le sue campagne anti-corruzione, è teoricamente indipendente. In realtà è sostenuto dai Fratelli Musulmani, di cui condivide il programma islamista. Il suo avversario, l'imprenditore Nabil Karoui è stato in carcere per quasi tutta la campagna elettorale

Esteri 15_10_2019
Saied Kais, nuovo presidente della Tunisia

Le urne tunisine hanno premiato Saied Kais oltre le più rosee aspettative. Con il 72,53% delle preferenze, il candidato ultraconservatore succede così a Beji Caid Essebsi alla carica di presidente, sconfiggendo al ballottaggio Nabil Karoui, che ha conseguito appena il 27,47%. Una sconfitta, quella di Karoui, figlia di una campagna elettorale a dir poco anomala, vissuta in prigione e non tra la gente, contrariamente a quella di Kais. Come il suo arresto, anche la scarcerazione è apparsa strumentale. Nel primo caso, le accuse, vere o presunte, di corruzione ed evazione fiscale sembravano tese, più che a fare giustizia, a metterlo fuori gioco nella corsa alla presidenza a favore sia del primo ministro Youssef Chahed, che del candidato dei Fratelli Musulmani di Ennhada, che sarebbe poi stato Abdelfattah Mourou.

La scarcerazione di mercoledì 9 ottobre, a pochi giorni dalle elezioni di domenica 13, ha consentito di normalizzare il processo di elezione del nuovo presidente, evitando i cortocircuiti che la permanenza di Karoui dietro le sbarre avrebbe generato, sia in caso di vittoria che di sconfitta. Se la forma è salva, la sostanza è che a Karoui non è stata consentito di competere su base paritaria. La totale assenza di "par condicio" imposta al magnate televisivo non ha però giovato né a Chahed, né a Mourou. A beneficiarne è stato infatti Kais, il professore di diritto che, con una campagna elettorale non sfarzosa ma intelligente, è riuscito a far breccia sui 3/4 del 50% e poco più degli aventi diritto al voto che si sono effettivamente recati alle urne. 

Della probità di Kais rispetto alla corruzione dilagante nell'establishment, non occorre dubitare, così come della sua attenzione alle questioni sociali. Tuttavia, la sua vantata indipendenza rispetto alla classe dirigente post-Ben Ali ha subito un deciso ridimensionamento dopo aver ricevuto al ballottaggio l'aperto sostegno dei Fratelli Musulmani. Ennhada non è riuscita per la seconda volta consecutiva a ottenere la presidenza attraverso le vie democratiche, ma può ritenersi rassicurata dalla convergenza con Kais in fatto di idee: no alla parità uomo-donna nei diritti di eredità, reintroduzione della pena di morte e omofobia. Kais ha rassicurato che sarà il presidente di tutti i tunisini, ma chi sperava che il cammino dei diritti umani e civili tracciato da Essebsi sarebbe proseguito è rimasto certamente deluso dall'esito delle elezioni.

Delusione mista a pentimento è invece la sensazione che con ogni probabilità attanaglia la stragrande maggioranza del partito dell'astensione, composto da giovani e delusi dalla politica di matrice laica e moderata, che oggi, a giochi fatti, forse non diserterebbe più le urne, vista la prossimità della nuova presidenza al fondamentalismo dei Fratelli Musulmani. Oltre all'impossibilità di svolgere regolarmente la campagna elettorale, Karoui è stato penalizzato anche dal mancato sostegno del campo laico e moderato, più che mai frammentato e diviso al suo interno a causa di rivalità e discordie. Un tutti contro tutti, con sostanziali ripercussioni sia sull'andamento delle elezioni presidenziali che delle legislative. Queste ultime si sono svolte il 6 ottobre e hanno visto Ennhada affermarsi come il partito di maggioranza relativa con 52 seggi su 217. Ad eccezione di una coalizione di partiti islamisti che ha ottenuto 21 seggi, il resto del parlamento sarà però composto da forze laiche e moderate.

Il partito di Karoui, Qalb Tounes, è arrivato secondo con 38 seggi, mentre la lista Corrente Democratica ne ha conquistati 22 e il Partito Costituzionale Liberale Tunisino 17, sotto la guida di Abir Moussi, 44enne paladina dei diritti delle donne, in aperta contrapposizione con Ennahda e i Fratelli Musulmani. Il Movimento del Popolo Al Chaab ha preso 16 seggi, Tahya Tounes di Chahed 14 e una manciata di seggi è andata anche formazioni minori riconducibili al campo laico e moderato, tra cui Nidaa Tounes. Indebolito da diverse scissioni, la principali delle quali è stata quella di Chahed, il partito fondato da Essebsi ha ottenuto solo 4 deputati, ma è pur sempre presente in Parlamento e potrebbe offrire il suo contributo alla formazione di una maggioranza che riunisca le varie anime del fronte laico e moderato per dar vita a un governo capace di respingere ogni possibile tentativo della nuova presidenza, insieme ai Fratelli Musulmani, di riportare indietro nel tempo le lancette della politica tunisina. 

Nella legislatura appena conclusa, dopo la rottura con Essebsi, Chahed era finito per accordarsi con Ennhada affinché appoggiasse l'esecutivo da lui guidato in Parlamento. Per fatta veniva data anche l'intesa in vista delle presidenziali, con i Fratelli Musulmani che avrebbero fatto confluire i propri voti verso Chahed in caso di ballottaggio con un candidato non di Ennhada. L'ascesa di Kais e Karoui ha poi cambiato le carte in tavola, anche se l'intesa di fondo tra Chahed e i Fratelli Musulmani sembra ancora in piedi. Ennhada ha infatti virato su Kais per contrastare Karoui, a sua volta non sostenuto dal rivale Chahed. D'altro canto, la democrazia è il regno dei numeri e i partiti laici e moderati, anche senza l'apporto del premier uscente, ne hanno a sufficienza per costituire un'ampia alleanza volta a respingere i Fratelli Musulmani all'opposizione e a neutralizzare le velleità di Kais, continuando a porre come prioritaria, oltre all'economia e alla lotta alla disoccupazione, la questione dei diritti e delle libertà nel solco di Essebsi.