Il Venezuela spende tutto in sicurezza e il popolo muore di fame
Si prepara lo scontro nei Caraibi, con una gran concentrazione di forze Usa. Pechino e Mosca aiutano il regime di Maduro, che spende tutto per la sicurezza. Il popolo intanto muore di fame, come spiega alla Bussola il dissidente Ledezma.
Mentre diecimila soldati statunitensi a bordo di dieci navi da guerra – tra cui un sottomarino nucleare, cacciatorpediniere e un incrociatore lanciamissili – pattugliano i Caraibi meridionali nel più grande dispiegamento militare statunitense degli ultimi decenni, un aereo russo Il-76TD della compagnia Aviakon Zitotrans è atterrato in Venezuela dopo un lungo volo intercontinentale. Partito dalla Russia il 22 ottobre, ha sorvolato Armenia, Algeria, Marocco, Senegal e Mauritania prima di toccare terra a Caracas. Lo segna InformNapalm, rete specializzata nel monitoraggio delle operazioni militari di Mosca. Il contenuto del carico resta sconosciuto ma avrebbe potuto trasportare materiale militare o apparecchiature sensibili: Aviakon Zitotrans è già nota per il suo coinvolgimento in forniture dirette al complesso militare-industriale russo e per voli verso aree sotto embargo. L’atterraggio avviene in coincidenza con la ratifica del Trattato di partenariato strategico russo-venezuelano. Un accordo che estende la cooperazione nei settori energetico, tecnologico, commerciale e militare, rafforzando l’asse Mosca-Caracas e il controllo interno del regime di Nicolás Maduro.
A confermare l’intensificarsi dei legami, documenti trapelati dal gruppo di hacker BlackMoon mostrano che Mosca ha già fornito a Caracas sistemi di comando e controllo C4ISR e veicoli di coordinamento APE-MB-E, equipaggiati con comunicazioni satellitari, GPS e sistemi di sorveglianza in tempo reale, adattati in lingua spagnola per le forze venezuelane. Il contratto, firmato nel 2018, prevedeva la consegna di otto mezzi destinati alla gestione della sicurezza interna e al controllo del territorio. Una strategia di penetrazione che rappresenta una sfida diretta al tradizionale “backyard” latino di Washington, dove ci si prepara a un ciclo elettorale denso e delicato: tra il 2025 e l’autunno del 2026, sette Paesi sono o sono stati già chiamati ad eleggere il presidente e in ciascuno il voto avrà conseguenze decisive, non solo sul governo ma sulla stabilità istituzionale e sociale. Infatti, l’alleanza russo-venezuelana si intreccia con l’espansione tecnologica della Cina. Torniamo per un attimo a settembre, quando durante una conferenza a Caracas Maduro ha mostrato un cellulare Huawei regalatogli da Xi Jinping, definendolo “il miglior telefono al mondo, impossibile da intercettare dagli Stati Uniti”. La scena, in apparenza folcloristica, riflette in realtà il crescente peso di Pechino (e di Mosca) nel rafforzamento dell’apparato di controllo digitale in Venezuela dove uno smartphone prede il posto di kalashnikov e rivoltelle, iconici simboli dei vecchi leader rivoluzionari terzomondisti.
Negli ultimi anni Pechino e Mosca hanno rafforzato la capacità di controllo del regime chavista. La Cina ha fornito il sistema digitale Patria sviluppato da ZTE, mentre la Russia ha sostenuto l’apparato di propaganda e disinformazione online, costruendo una rete di bot e media filogovernativi. Le stesse tecnologie sono state utilizzate durante i recenti cicli elettorali (presidenziali 2024, regionali e legislative 2025) per manipolare l’informazione, oscurare contenuti critici e colpire le opposizioni. Il governo ha imposto restrizioni digitali, blackout mediatici e accuse a WhatsApp, ritenuta una piattaforma “sovversiva”, preferendo promuovere applicazioni cinesi come WeChat, più facili da monitorare.
Nel 2021 l’operatore Movistar aveva ammesso che oltre 1,5 milioni di linee telefoniche, pari al 20% degli utenti, erano intercettate su ordine delle autorità. Lo spionaggio si estende anche a software di sicurezza falsi, app di denuncia e sistemi forensi capaci di copiare integralmente i dati dei telefoni sequestrati. L’applicazione VeApp, ad esempio, presentata inizialmente come social network nazionale, è diventata uno strumento di delazione. Dopo le elezioni del luglio 2024 è stata usata per segnalare manifestanti e cittadini critici del regime. La polizia impiega antenne false (IMSI catchers) per intercettare telefonate e geolocalizzare dispositivi: centinaia ne sono state individuate in tutto il Paese. Chiunque conservi un messaggio o una foto “sospetta” rischia la prigione.
“La verità è che Maduro pensa solo a costruire carceri. Mentre gli ospedali crollano e le scuole chiudono", ci dice Antonio Ledezma, settantenne, avvocato, già sindaco di Caracas e senatore, uno dei massimi punti di riferimento dell’opposizione al regime chavista. Arrestato dal servizio di intelligence Sebin nel 2015 per un presunto golpe -mai dimostrato- ha passato 1002 giorni in detenzione prima di fuggire all’estero. “L’economia è crollata di quasi l’ottanta per cento – spiega Ledezma - Lo Stato è stato distrutto, la Banca Centrale politicizzata. L’emissione incontrollata di denaro ha provocato inflazione e svalutazione record. Lo stipendio medio è inferiore a un dollaro al mese. Sanità, scuola, alimentazione, elettricità e acqua sono allo sfascio. Anche l’industria petrolifera, un tempo motore del Paese, è in rovina. Non c’è sicurezza giuridica né stabilità politica, e questo ha spinto gli investitori a fuggire”.
Secondo Ledezma, per il futuro “Serve ricostruire la fiducia. Garantire sicurezza giuridica, attrarre investimenti, creare lavoro dignitoso. La politica sociale più efficace sarà quella che restituisce produttività. Il Venezuela può rinascere anche attraverso la tecnologia: diventare una Silicon Valley tropicale dell’America Latina. E poi c’è il piano Tierra de Gracia, proposto dal premio Nobel María Corina Machado ed Edmundo González, per rilanciare energia, gas e minerali con la partecipazione di imprese private internazionali”.
Per questo la diaspora giocherà “Un ruolo centrale”. “L’esilio è un dolore che insegna. I venezuelani all’estero hanno costruito competenze e relazioni che serviranno a rifondare il Paese. La comunità internazionale riconosce la legittima leadership di González e Machado e sa che il regime ha legami con narcotraffico, terrorismo e reti criminali. Per questo Maduro cerca rifugio tra i nemici della democrazia”.
Il 1° ottobre, con l’accensione dell’albero in piazza Bolívar, Caracas ha inaugurato il periodo natalizio. Maduro sostiene che anticipare il Natale stimoli l’economia del Paese. Mentre per Ledezma è stata l’ennesima Navidad sin paz y sin pan: “Parlare di Natale in un Paese dove il novanta per cento della popolazione chiede un cambiamento di regime è una menzogna. Non c’è felicità, non c’è Natale, con oltre ottocento prigionieri politici in patria e nove milioni di venezuelani in esilio”.

