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IL VIAGGIO APOSTOLICO

Il Papa in Canada, tra scuse e meriti della Chiesa

Nel discorso a Edmonton, Francesco, parlando del sistema delle scuole residenziali che ha definito “catastrofiche”, ha però anche riconosciuto che “la carità cristiana” era “presente” ed esistevano “non pochi casi esemplari di dedizione per i bambini”. Nuova stoccata ai "tradizionalisti". 

Ecclesia 27_07_2022

Anche dal Canada, Francesco ha rifilato un papagno ai cosiddetti tradizionalisti quando, durante la messa celebrata al Commonwealth Stadium di Edmonton, ha detto che “la vera tradizione si esprime in una dimensione verticale: dal basso verso l'alto” e che non è da confondere con “l’indietrismo” che è “rifugio egoistico che non fa altro che incasellare il presente e conservarlo nella logica del 'si è sempre fatto così'". 

Intanto, la terza giornata di Francesco in Canada si concluderà con una delle tappe più attese, il pellegrinaggio presso il lago Sant'Anna. Così ribattezzato a fine Ottocento dai missionari cattolici, questo luogo attira ogni anno migliaia di cattolici di popolazioni indigene (ma non solo) da tutto il continente.

D’altra parte, il leitmotiv di questo 37° viaggio apostolico è stato quello della riconciliazione con le comunità native canadesi dopo la scoperta della pagina nera delle scuole residenziali affidate a istituti cattolici. “Un pellegrinaggio penitenziale”, lo aveva presentato il papa prima di partire ed anche in volo prima di atterrare. Lo ha confermato nella sua seconda giornata in terra nordamericana con gli incontri di lunedì con First Nations, Métis e Inuit. Il pontefice ha condannato le “politiche di assimilazione e di affrancamento” che hanno caratterizzato la storia del Canada e di cui le scuole residenziali, attive tra fine Ottocento e fine Novecento, hanno fatto parte. Bergoglio ha chiesto perdono per i “modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l’indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca, culminati nel sistema delle scuole residenziali”.

Sebbene si dica in questi giorni che la Chiesa cattolica non ha mai chiesto scusa formalmente per gli abusi documentati e per le politiche di sottrazione dei minori che venivano attuate in queste strutture, occorre ricordare che in una memoria presentata nell’ambito di una Commissione sui popoli aborigeni nel novembre 1993, la Conferenza episcopale canadese aveva già riconosciuto che “vari tipi di abusi subiti in alcune scuole residenziali ci hanno spinto a un profondo esame di coscienza come Chiesa” e due anni prima i vescovi avevano anche rilasciato una dichiarazione nella quale si dicevano dispiaciuti “profondamente per il dolore, la sofferenza e l'alienazione che tanti hanno vissuto” presso le scuole.

Nel discorso di lunedì a Edmonton, Francesco ha parlato dell’impatto dell’arrivo degli europei sul Nuovo Mondo  sostenendo che in gran parte non era avvenuto quello sviluppo di “un fecondo incontro tra culture, tradizioni e spiritualità” che invece poteva essere un’opportunità. Nella storia della colonizzazione del Canada, però, spesso il volto migliore fu rappresentato proprio dai missionari cattolici, in molti casi i primi a battersi in difesa dei diritti umani delle popolazioni autoctone. Lo stesso Santo Padre, parlando del sistema delle scuole residenziali che ha definito “catastrofiche”, ha riconosciuto che “la carità cristiana” era “presente” ed esistevano “non pochi casi esemplari di dedizione per i bambini”.

La scoperta della pagina nera di queste scuole ha fatto soffiare in Canada un vento d’odio nei confronti della Chiesa cattolica che per certi versi è stata additata come principale responsabile nonostante quelle politiche di assimilazione fossero state adottate dai governi succedutisi nel tempo. Questo clima si è manifestato con la distruzione di alcune chiese e si è alimentato con le dichiarazioni di chi – non dicendo la verità, come abbiamo visto sopra – sosteneva che la gerarchia ecclesiastica non si fosse mai scusata per le violenze e gli abusi. Le scuse più volte pronunciate dal Papa in questi primi giorni di “pellegrinaggio penitenziale” tolgono ogni alibi a chi vorrebbe attribuire solo ai cattolici la colpa delle discriminazioni ai danni delle popolazioni indigene. 

"Mi ferisce pensare che dei cattolici abbiano contribuito alle politiche di assimilazione e affrancamento che veicolavano un senso di inferiorità, derubando comunità e persone delle loro identità culturali e spirituali, recidendo le loro radici e alimentando atteggiamenti pregiudizievoli e discriminatori, e che ciò sia stato fatto anche in nome di un’educazione che si supponeva cristiana", ha detto il papa a Edmonton.

Accanto a queste ombre menzionate dal pontefice a cui danno eco ora i media che si stanno occupando del viaggio, è meritorio fare anche memoria di tutti quei missionari – alcuni anche perseguitati – che nel corso dei secoli si sono battuti prima di chiunque altro per la difesa dei diritti delle popolazioni native.