Il Papa a Castel Gandolfo: è Cristo il Buon Samaritano
L'esortazione a essere discepoli di «un Dio compassionevole» nella prima Messa celebrata da Leone XIV nella parrocchia pontificia.

Giornata "storica" ieri per la parrocchia di Castel Gandolfo, dove a celebrare la Messa domenicale è stato Leone XIV, che il 15 agosto tornerà nella chiesa dedicata all'agostiniano Tommaso da Villanova. Sull'altare della parrocchia pontificia un pontefice non si vedeva dal 15 agosto 2012, quando a celebrare fu Benedetto XVI per la sua "ultima" Messa dell'Assunta. Consuetudine ripresa, ma solo per l'anno successivo, dal neo-eletto Francesco che non celebrò in chiesa ma in piazza.
«Poiché Cristo è manifestazione di un Dio compassionevole, credere in Lui e seguirlo come suoi discepoli significa lasciarsi trasformare perché anche noi possiamo avere i suoi stessi sentimenti»: è il filo conduttore dell'omelia di Leone XIV, incentrata sulla parabola del Buon Samaritano che sfida le «nostre coscienze addormentate» divenute incapaci «di sentire e di agire con le stesse viscere compassionevoli di Dio». Il Papa distingue «un vedere esteriore, distratto e frettoloso, un guardare facendo finta di non vedere, cioè senza lasciarci toccare e senza farci interpellare dalla situazione» da «un vedere, invece, con gli occhi del cuore, con uno sguardo più profondo, con un’empatia che ci fa entrare nella situazione dell’altro». Ma la parabola ci mostra anzitutto lo sguardo «che Dio ha avuto verso di noi», perché «il buon samaritano, infatti, è anzitutto immagine di Gesù».
Leone cita i due immediati predecessori: «Papa Francesco tante volte ci ha ricordato che Dio è misericordia e compassione».«Ma ecco», sono parole tratte da Gesù di Nazareth di Benedetto XVI, «Gesù capovolge la questione: il samaritano, il forestiero, si fa egli stesso prossimo e mi mostra che io, a partire dal mio intimo, devo imparare l’essere-prossimo e che porto già dentro di me la risposta». Ed è lo sguardo a Cristo – e come Cristo – a innescare la «rivoluzione dell’amore» come la definisce Leone XIV: «Se nell’intimo della nostra vita scopriamo che Cristo, come buon samaritano, ci ama e si prende cura di noi, anche noi siamo sospinti ad amare allo stesso modo e diventeremo compassionevoli come Lui. Guariti e amati da Cristo, diventiamo anche noi segni del suo amore e della sua compassione nel mondo». Ma quella auspicata dal Papa è una "rivoluzione gentile" che parte dall'intimo e implica – impossibile non scorgervi il "tratto" agostiniano – «di ritornare al proprio cuore, per scoprire che proprio lì Dio ha scritto la legge dell’amore».