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Santa Caterina da Siena a cura di Ermes Dovico
ORA DI DOTTRINA / 86 – La trascrizione

Il ministero degli angeli – Il testo del video

Gli angeli svolgono un ministero, per mandato di Dio. Tutti gli angeli hanno una missione interna, l’illuminazione. Invece alle missioni esterne, tra cui la custodia degli uomini, sono inviati gli ultimi cinque cori.

Catechismo 15_10_2023

Proseguiamo la nostra lunga catechesi sugli angeli, che spero possa un po’ contribuire ad approfondire questo grande mistero della creazione invisibile, come professiamo nel Credo: visibilium omnium et invisibilium. C’è tutto un mondo, miriadi di angeli, miriadi di creature puramente spirituali, che noi non percepiamo con i nostri cinque sensi. E probabilmente, a causa di questo, non facciamo più di tanto attenzione, non li consideriamo nella nostra vita, nel governo della creazione, non li consideriamo neppure in quello che è il nostro cammino di salvezza, il nostro cammino per appropriarci dei beni della Redenzione e poter così salvare le nostre anime e partecipare ai gaudi eterni: questo è il fine della vita dell’uomo, senza il quale la vita dell’uomo perde in qualche modo la sua significazione.

Oggi vediamo il ministero degli angeli, la “missione” degli angeli. San Tommaso ne parla in una quæstio dedicata, la 112, sempre nella prima parte della Summa Theologiæ. In questa quæstio ci sono quattro articoli che sviscerano che cosa sia la missione, il ministero degli angeli e quali siano gli angeli incaricati di un ministero nei confronti dell’uomo e della creazione. Nell’articolo 1, san Tommaso chiarisce innanzitutto che cosa vuol dire che gli angeli siano inviati. Che gli angeli siano inviati è pacifico: san Tommaso non fa altro, nel sed contra, che citare la Sacra Scrittura. In questo caso cita il famosissimo passo del libro dell’Esodo: «Ecco, io mando un angelo davanti a te» (Es 23, 20). Dunque, gli angeli sono mandati, sono inviati da Dio al servizio degli uomini per accompagnargli, come vedremo nello specifico.

Che cos’è l’essere inviati? Che cos’è una missio? Perché si parla anche delle missioni divine. San Tommaso dice in sostanza che parlare di una missione, un invio, significa due cose, in alternativa l’una all’altra: iniziare ad essere presente là dove non si era, come nel caso di un inviato umano, un ambasciatore, che viene inviato per essere presente in un luogo a conferire con qualcuno; oppure essere presenti in un modo nuovo dove già si era. Chiaramente, quest’ultima modalità è tipica delle missioni divine: Dio è presente in ogni luogo, è onnipresente, ed è presente anche con la sua potenza, agisce in ogni luogo. Come si fa allora a parlare delle missioni divine? Il Figlio viene inviato. Che cosa vuol dire? Che il Figlio non era presente sulla terra, in questo mondo? Evidentemente no, perché essendo Dio era presente ovunque. Ma, dice san Tommaso, il Figlio inizia ad essere non dove non era, perché Dio è dappertutto, ma in un modo nuovo, un modo diverso da com’era. E infatti la straordinarietà dell’Incarnazione sta proprio in questo, che il Figlio è presente unendo ipostaticamente a Sé la natura umana, è presente con la sua carne, la sua umanità.

Per gli angeli non si parla di missione in questo senso, perché gli angeli non sono presenti dappertutto, non sono Dio, non sono onnipresenti. Hanno una modalità di presenza diversa dalla nostra, cioè non devono prendere l’aereo, la bicicletta o muoversi a piedi. È una presenza, una “traslazione” istantanea nel modo proprio degli spiriti, di quelle realtà che non hanno un corpo, ma non sono presenti dappertutto. La loro missione, essere inviati, significa che iniziano ad essere presenti là dove non erano. L’angelo dunque si inserisce in quella dinamica dell’invio e della missione che regola tutta la realtà della Chiesa.

C’è una prima missione, che è quella del Figlio: «Come il Padre ha mandato me» (Gv 20, 21). Quindi, il Padre manda il Figlio. E il Figlio manda gli apostoli, «anch’io mando voi» (ibidem). Gli apostoli mandano i loro successori. Ogni vescovo manda i propri presbiteri. Quindi c’è questa catena fondamentale: nessuno può inviare sé stesso, ognuno deve essere inviato da qualcuno che gli è superiore, da cui riceve l’invio, che in ultimo lo collega a Colui che è l’inviante maggiore, supremo: Dio stesso.

Anche gli angeli devono essere mandati. E infatti san Tommaso dice: «Alcuni angeli sono inviati da Dio per ministero» (I, q. 112, a. 1). E spiega: «Ora è chiaro, in base a quanto si è già detto, che le creature materiali sono governate per mezzo degli angeli. Quando perciò in un essere corporeo c’è da compiere qualcosa per mezzo di un angelo, questo viene ad applicare la sua virtù a quel corpo; e così comincia a trovarsi ex novo in quel corpo» (ibidem). Quindi è una modalità di presenza. Cioè, l’angelo viene inviato e inizia a essere presente in un certo luogo per applicare la sua virtù a quel corpo, la sua forza, agendo in qualche modo su quel corpo. Ma precisa san Tommaso: «Tutto ciò però dipende da un comando divino. Quindi risulta da tutto ciò che gli angeli ricevono una missione da Dio» (ib.). Non c’è azione e applicazione della virtù angelica, per usare il linguaggio di san Tommaso, senza che ci sia una missione, un invio da parte di Dio. San Tommaso insiste nuovamente su questo aspetto: «L’attività che gli angeli inviati svolgono procede, come dal primo principio, da Dio, ai cui cenni e per l’autorità del quale gli angeli agiscono; e si riconduce a Dio come all’ultimo fine» (ib.). Qui abbiamo la definizione propria del ministero, del ministro.

Chi è il ministro? Il ministro è colui che non agisce da sé: agisce – ci dice san Tommaso con una bellissima espressione – al cenno di Dio, per l’autorità di Dio. Il ministro non ha un’autorità propria, agisce in nome di qualcun altro; non ha un’iniziativa propria, ma ce l’ha su invio di un altro. Attenzione, questo non vuol dire che allora è uno strumento meccanico, come vedremo. Ma di fatto riceve una missione, non se la autoproclama e non opera in virtù della propria autorità, ma dell’autorità di un altro. Non solo. Il ministro ha un’altra caratteristica fondamentale: non è il fine della sua missione. Il fine è Dio. Il ministro umano come fine, evidentemente, ha altro da sé, in base a chi lo manda, a qual è lo scopo della sua missione. L’angelo ha come fine Dio stesso. La missione dell’angelo non termina nell’angelo. E questa è una bellissima sintesi di ogni ministero. Ogni ministero nella Chiesa non è e non può essere una rivendicazione. I ministeri nella Chiesa non sono rivendicazioni di diritti di nessun tipo, non sono neanche concessioni date dall’autorità per accontentare qualcuno o per sistemare delle cose. Il ministero esiste perché esiste un’autorità che l’ha stabilito: e in ultimo questa autorità è l’autorità di Dio, di Gesù Cristo, che ha inviato. Quindi nessuno invia sé stesso, nessuno – neanche con le finalità più nobili di questo mondo – può mandare sé stesso, se non è mandato da Dio; e da Dio tramite la catena di invii che Dio ha stabilito. E, ancora più importante, nessun ministro svolge il ministero portando a sé, ma portando a Dio, portando a quel fine della missione che ha ricevuto. Nel caso dei ministri della Chiesa e del ministero angelico, il fine è Dio stesso. Questo è importantissimo per avere chiaro chi è il ministro.

In questo articolo molto importante, san Tommaso dice ancora: «È questo che determina la condizione di ministro [l’autorità che lo manda, il fine]. Infatti il ministro è come uno strumento intelligente; lo strumento poi, da parte sua, è mosso da un altro e la sua azione è in funzione di altro» (ib.). Il ministro non è un utensile, non è un semplice strumento come potrebbe essere il cacciavite o l’automobile: è uno strumento intelligente. Quindi al ministro si richiede che di fatto ponga in gioco tutte quelle capacità naturali e soprannaturali, i doni di natura, i doni di grazia, le virtù, per adempiere il suo ministero. Dunque, non è un mezzo puramente passivo, ma è comunque mosso da un altro, è inviato da un altro e la sua azione è in funzione di altro.

Negli articoli dal 2 al 4, san Tommaso si pone la domanda su chi tra gli angeli venga inviato. Una domanda che non è oziosa, ma è molto interessante. In sostanza, san Tommaso ci dice, presentando un’opinione teologica (che non è un dogma), che ad essere inviati per delle missioni esterne, cioè verso gli uomini, verso la creazione, non sono gli angeli superiori.

Gli angeli superiori esercitano un ministero interno, ma non esterno. Che cosa vuol dire? Lo spiega nell’art. 2, nella risposta alla prima obiezione. «Tra le missioni degli angeli ve n’è qualcuna di esterna che consiste in ministeri da svolgere presso esseri corporei [cioè verso la creazione visibile], secondo la quale non tutti sono inviati; e ve n’è un’altra interna, destinata a produrre effetti spirituali, mediante l’illuminazione intellettiva, secondo la quale sono inviati tutti gli angeli» (I, q. 112, a. 2). Cioè, tutti gli angeli hanno una missione, tutti gli angeli sono inviati, tutti gli angeli esercitano un ministero, ma non tutti lo esercitano nei confronti delle creature corporee, della creazione visibile. In sostanza, ricordando il grande tema che abbiamo più volte affrontato, quello dell’illuminazione degli angeli dalla schiera superiore verso quelle inferiori, tutti gli angeli hanno questa missione interna. Invece, per quanto riguarda la missione esterna, cioè nei confronti nostri, della creazione materiale, non tutti gli angeli sono inviati. Allora adesso cerchiamo di capire chi è inviato.

San Tommaso, nell’articolo 3, inizia con una precisazione e dice in sostanza che tutti gli angeli inviati sono angeli assistenti, ma non tutti gli angeli assistenti sono angeli inviati. Che cosa vuol dire? “Inviati”, in questo caso per le missioni esterne, quindi verso la creazione corporea, materiale, visibile. Ora, tutti gli angeli inviati per questa missione (non per quella interna) sono anche angeli assistenti. Cosa vuol dire angeli assistenti? Come dice san Tommaso, «tutti gli angeli vedono immediatamente l’essenza divina» (I, q. 112, a. 3). Cioè, quando un angelo viene inviato per una missione non cessa di essere un angelo assistente, ossia un angelo che contempla, è in presenza dell’essenza divina. Diciamo che nell’angelo non cessa mai la visione beatifica. Non dobbiamo pensare che un angelo che viene inviato – per esempio l’arcangelo Gabriele, inviato per l’Annunciazione – cessi, nel momento in cui è in missione, di essere alla presenza di Dio. Non funziona così.

Detto questo, quali sono le schiere che operano in questa missione esterna? San Tommaso ne parla nell’articolo 4. Dobbiamo fare una piccola precisazione. Nella quæstio 108, art. 6, egli elenca i cori angelici secondo due grandi classificazioni che hanno segnato la storia dell’angelologia, cioè quella dello Pseudo-Dionigi l’Areopagita e quella di san Gregorio Magno. Per entrambi, ci sono nove cori, ma ci sono alcune differenze di posizionamento. Sia Dionigi che san Gregorio Magno ritengono che nei tre cori superiori, partendo dal più alto, ci siano i Serafini, i Cherubini e i Troni; quindi da questo punto di vista non c’è differenza. Così come entrambi ritengono che i due cori inferiori, partendo dal più basso, siano gli Angeli e gli Arcangeli. La collocazione degli altri quattro cori varia. Dionigi, dopo i Serafini, i Cherubini e i Troni, posiziona le Dominazioni, le Virtù e le Potestà; e poi, Principati, Arcangeli e Angeli. San Gregorio Magno, invece, dopo Serafini, Cherubini e Troni, pone anch’egli le Dominazioni, ma inverte tra Virtù, Potestà e Principati, cioè mette prima i Principati, poi le Potestà, poi le Virtù. Dunque, Dionigi, dopo le Dominazioni: Virtù, Potestà e Principati. San Gregorio Magno, dopo le Dominazioni: Principati, Potestà e Virtù.

In ogni caso, san Tommaso dice che, qualunque sia l’ordine, ad essere inviati sono i cinque cori ultimi, cioè, dal più alto al più basso, prendendo qui la classificazione di san Gregorio Magno: Principati, Potestà, Virtù, Arcangeli e Angeli. In ordine diverso, anche Dionigi riporta comunque questi cinque cori come i cori inferiori. Sono questi ad essere inviati. Appartiene a loro in qualche modo l’invio nelle missioni esterne. Ora, una delle missioni più importanti delle schiere angeliche è la custodia di noi uomini. San Tommaso dedica a questo argomento tutta la quæstio 113, che ha otto articoli molto interessanti. Oggi vediamo l’articolo 1, che è quello per così dire più fondativo, che sorregge poi gli altri. Anzitutto san Tommaso riporta un testo importantissimo, tratto dal Salmo 90, il famoso Salmo della protezione angelica, commentato meravigliosamente da san Bernardo di Chiaravalle: è un testo dei più importanti, tra quelli dei Salmi, anche perché nella tradizione monastica è un Salmo che veniva e viene pregato tutti i giorni a Compieta. È un Salmo che si imprime nella memoria. Ora, questo Salmo dice al versetto 11: «Egli [Dio] ha dato ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi». È il grande argomento ex Scriptura che conferma che Dio invia alcuni angeli a custodire i passi degli uomini, a custodire gli uomini.

Allora, come dobbiamo comprendere questo invio, questa missione? San Tommaso riporta innanzitutto un principio, una legge generale degli esseri: gli esseri più perfetti, o esseri immobili e immutabili, muovono, influenzano, agiscono sugli esseri mobili e mutevoli. Dio ha creato questo ordine, è bene ripeterlo: ha creato questa gerarchia, questo ordine meraviglioso dell’universo per cui gli esseri superiori agiscono sugli esseri inferiori senza violare la loro natura; dunque, nel caso dell’uomo, senza ledere la sua libertà. E tuttavia gli esseri superiori la influenzano, agiscono, muovono in qualche modo gli uomini. E san Tommaso conclude nel corpo di questo articolo dicendo che «è evidente che la conoscenza e gli affetti dell’uomo, nell’attività pratica, possono variare e deviare in più modi dal bene. Era perciò necessario che all’uomo fossero assegnati degli angeli quali suoi custodi, affinché lo guidassero e lo muovessero al bene» (I, q. 113, a. 1). Cioè, l’uomo è una di quelle creature mobili e mutevoli e lo è, dice san Tommaso, sia nella conoscenza che negli affetti, nella sua volontà. Data questa sua natura era conveniente, era necessario che l’uomo fosse guidato, aiutato e sorretto da creature che invece sono immobili e immutabili, cioè che non hanno questa debolezza.

San Tommaso dedica tre risposte molto importanti che ci fanno entrare un po’ in questo quadro del perché degli angeli custodi. La prima è un’ulteriore spiegazione di quello che abbiamo appena detto: «L’uomo, col suo libero arbitrio, è in grado di evitare il male in parte, ma non del tutto: poiché egli è reso debole nel suo amore per il bene dalle molte passioni dell’anima» (I, q. 113, a.1, ad. 1). L’uomo vuole e non vuole, vuole il bene ma non del tutto, vuole il bene ma non in modo fermo, fluttua, non ha una volontà stabile, forte. San Tommaso ci dice che «molte passioni dell’anima» rendono la volontà mutevole. Anche la conoscenza della legge naturale che l’uomo possiede, e che è a lui congenita, può in parte dirigerlo al bene, ma non in maniera adeguata. L’uomo conosce la legge naturale, gli è congenita, la può conoscere, non è qualcosa di sopraggiunto, ma attenzione: nell’applicare i principi generali alle azioni particolari, l’uomo più volte si inganna, per cui sta scritto nel libro della Sapienza, citato da san Tommaso: «I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni» (Sap. 9, 14). Dunque, anche nell’applicazione, nella concretizzazione della legge naturale, che è propria dell’uomo, l’uomo può sbagliarsi. E qui si vede, da un lato, la mutevolezza della volontà e del libero arbitrio e, dall’altro, dell’intelligenza pratica dell’uomo. Perciò Dio dà un sostegno, un aiuto all’uomo per renderlo più stabile in questa sua debolezza della volontà e dell’intelligenza.

Vediamo la risposta alla seconda obiezione. Qual era l’obiezione? Era un’obiezione piuttosto classica: non basta Dio? Perché gli angeli? Se il principio è che ciò che è debole e mutevole debba essere confermato, sostenuto da ciò che invece è stabile, immutabile, non bastava Dio? San Tommaso dice: attenzione, per fare il bene, per operare il bene, per vivere bene sono necessarie due cose: «Primo, che l’affetto sia inclinato al bene [cioè che la volontà si inclini al bene]; e in noi ciò si compie mediante l’abito delle virtù morali [è la virtù morale che ti inclina al suo bene proprio]. Secondo, che la ragione trovi la via giusta per operare l’atto virtuoso: e questo è il compito che il Filosofo [Aristotele] assegna alla prudenza» (I, q. 113, a. 1, ad. 2).

Dunque, si sottolineano due cose: l’inclinazione, che ci viene data dalla virtù, che ci inclina al bene; e poi che si trovi la via giusta per raggiungere questo bene, per compiere l’atto virtuoso, e questo è proprio della prudenza. Per quanto riguarda la prima cosa, l’inclinazione al bene, Dio custodisce l’uomo direttamente infondendogli la grazia e le virtù: le virtù cardinali, le virtù teologali, i doni dello Spirito Santo e tutto il “corteo” delle virtù che girano attorno a questi cardini. La grazia e le virtù vengono infuse da Dio, non dagli angeli. Dunque, l’azione di Dio non è tolta dall’azione angelica. Per quanto riguarda invece la seconda, cioè trovare la via giusta per operare il bene, che è proprio della prudenza, Dio, quale supremo Maestro, custodisce l’uomo, è Lui che definisce i principi, che ci indica il bene e il male, è Lui che ci indica che cosa dobbiamo desiderare e cosa fuggire. Ma il suo insegnamento perviene all’uomo attraverso gli angeli.

Così come per le schiere angeliche si ha l’illuminazione dal coro più alto al coro più basso, così con l’uomo Dio ha voluto preservare, custodire questo ordine: il suo insegnamento perviene all’uomo attraverso gli angeli, mediante il ministero angelico, non direttamente. Dio ha voluto che gli angeli fossero partecipi di questo suo modo di illuminare, di reggere l’universo, inclusi noi uomini.

Terzo aspetto. San Tommaso dice: quando l’uomo non sceglie il bene, ciò non deve essere imputato a una deficienza angelica, perché, come l’uomo si discosta dalla naturale inclinazione verso il bene a causa delle passioni che spingono al peccato, così si discosta pure dall’ispirazione degli angeli buoni prodotta da questi invisibilmente, in quanto illuminano gli uomini affinché agiscano bene. Il fatto che gli uomini periscano non va imputato alla negligenza degli angeli, ma alla malizia degli uomini. Che è un altro modo per dire che l’influenza angelica non è necessitante; cioè l’illuminazione degli angeli, la loro influenza e persuasione nel bene non è necessitante, perché l’uomo rimane libero di seguirla o non seguirla, di ascoltarla o non ascoltarla, di creare le condizioni per riceverla o di non crearne. E questo è un altro grande problema. Molto spesso noi tendiamo a dire che ci sono delle cose che giustificano, che in qualche modo riducono la responsabilità dell’uomo: e questo è vero. Ma attenzione, molto spesso queste cose sono provocate dall’uomo, da una negligenza anteriore: l’uomo trascura di porre nella propria vita quelle condizioni che gli permettono di ricevere con frutto, di “sintonizzarsi” con frutto sulle frequenze dell’illuminazione angelica; oppure, in altri ambiti, nella conoscenza della legge divina. Se l’uomo non la vuole conoscere, se non prende tempo, non investe risorse per quello che è fondamentale in fondo, il bene globale della sua vita, non possiamo dire che “l’ignoranza scusa”. C’è un’ignoranza che è colpevole: la negligenza è un’ignoranza colpevole che quindi aggrava il peccato, non lo riduce. Questo è importante averlo chiaro, visto che sono tempi un po’ particolari.

Per quanto riguarda gli angeli, san Tommaso è chiarissimo: di fronte all’illuminazione angelica - che c’è ed è voluta da Dio, che non è eccezionale, è qualche cosa che Dio vuole che l’angelo eserciti nei nostri confronti abitualmente - l’uomo può non ascoltarla o può ascoltarla e fare esattamente l’opposto: rimane sua la responsabilità; il problema non è un angelo che è meno efficiente di un altro…

La prossima volta andiamo avanti con questo bellissimo tema della custodia che gli angeli buoni esercitano su noi uomini. E poi vedremo anche il lato degli angeli cattivi.



ORA DI DOTTRINA / 85 – LA TRASCRIZIONE

Come gli angeli agiscono sugli uomini – Il testo del video

08_10_2023 Luisella Scrosati

Gli angeli possono agire sulla nostra volontà tramite l’intelletto: quelli buoni presentano il bene, i demoni il male. Il mezzo è la persuasione, non c’è determinismo: l’uomo rimane libero. Influenza su volontà, intelletto, immaginazione e sensi.

ORA DI DOTTRINA / 84 - LA TRASCRIZIONE

Cristo e gli angeli - il testo del video

01_10_2023 Luisella Scrosati

Cristo è capo della Chiesa e, in quanto tale, capo degli uomini e degli angeli. Il Verbo incarnato si trova dunque al vertice di quella cascata di luce divina che dai serafini si riversa ai livelli inferiori.