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IL BUON USO DELLE PAROLE / 8

Il discorso e l’importanza di un buon inizio

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Sulla modalità di preparazione di un discorso ci sono due grandi scuole di pensiero. In ogni caso la disposizione degli argomenti è fondamentale e, in particolare, lo è l’exordium. Quattro casi per un buon inizio.

Cultura 18_03_2024

Dialogo in tre libri che descrive il perfetto oratore, formato sotto il profilo politico, filosofico, culturale, il De oratore è ancora oggi una delle opere più interessanti per la formazione retorica.

Due posizioni differenti si contrappongono sulla modalità di preparazione di un discorso. Marco Antonio sostiene che siano fondamentali tre delle cinque fasi: inventio, dispositio e memoria. Non occorre scrivere il discorso da imparare a memoria e da esporre, ma bisogna ricordare immagini, exempla, citazioni. Nell’actio l’improvvisazione gioca un ruolo importante, anche se è fondata su una solida cultura e un’efficace preparazione. L’improvvisazione riguarda la forma, non tanto la scelta degli argomenti, già opportunamente vagliata nella fase preliminare.

Licinio Crasso, in cui si deve probabilmente riconoscere la posizione di Cicerone, è convinto che debbano essere curate tutte le cinque fasi della retorica, in particolare l’elocutio. Il retore dovrà aver steso il discorso parola per parola, prima della perorazione in tribunale o del discorso pubblico. Nessun particolare o dettaglio dovrà essere trascurato o lasciato al caso.

Le due posizioni di Marco Antonio e di Licinio Crasso sono entrambe valide, rappresentano due modalità differenti di interpretare la figura del retore: la prima, seppur strutturata, è più incline all’estro almeno dal punto di vista della forma; la seconda non ammette alcun cambiamento rispetto alla stesura del discorso. Attuare oggigiorno la proposta di Crasso richiederebbe una capacità mnemonica che ormai possiedono in pochissimi. Politici e oratori seguono Crasso nel senso che la loro orazione coincide esattamente con quanto è stato da loro scritto; piuttosto che imparare a memoria il discorso lo leggono.

Ad ogni modo le proposte dei due retori indicano come fase indefettibile della preparazione del discorso non solo il reperimento degli argomenti (l’inventio), ma anche la sua disposizione in forma organizzata e strutturata, quella fase che i latini chiamavano dispositio e che oggi gli studenti conoscono con il nome di scaletta.

Secondo i dettami della retorica di Cicerone, colui che si accinge a comporre un discorso, un’orazione, deve rispettare un ordine ripartito (la dispositio) in quattro fasi: l’esordio (exordium), che ha la funzione di creare un contatto con l’uditorio e si avvale di formule (come la captatio benevolentiae) in grado di creare un’aspettativa; la narrazione (narratio), ovvero l’esposizione dei fatti; l’argomentazione (argomentatio), che prevede la dimostrazione delle prove a sostegno della tesi (confirmatio) e/o la confutazione degli argomenti avversari (refutatio); la perorazione (peroratio) che generalmente tende a suscitare pietà, commozione o indignazione in chiusura.

La prima parte della dispositio è chiamata in latino exordium o anche proemium o principium, in greco prooímion, in italiano esordio, proemio, inizio. La parola greca ben indica che questa parte è collocata prima dell’argomento vero e proprio che si deve trattare, come nella parola italiana «preambolo». Nella Retorica Aristotele stabilisce analogie tra gli esordi di differenti opere artistiche come la prosa, la poesia e la musica. Scrive, infatti: «Il proemio è dunque all’inizio del discorso, così come nella poesia lo è il prologo e nella flautistica il preludio». In un poema epico il proemio è costituito dalla protasi (con l’esposizione dell’argomento) e dall’invocazione alla musa (o ad un dio o al committente o destinatario dell’opera). Nelle opere teatrali l’apertura è chiamata prologo e si adatta al genere teatrale. In genere, in apertura un personaggio chiamato Prologo annuncia i personaggi e descrive la scenografia spiegando eventuali antefatti indispensabili per la comprensione dell’intreccio. Nell’oratoria giudiziaria, politica ed encomiastica l’esordio deve conquistare il favore del giudice e del pubblico, renderlo accondiscendente e benevolo.

Un escamotage particolarmente efficace al riguardo è la captatio benevolentiae (espressione latina che significa «tentativo di ottenere la benevolenza»), figura retorica che mira a conquistare il favore e la simpatia dell’interlocutore, del destinatario o del pubblico attraverso parole e atteggiamenti benevoli, compiacenti o accondiscendenti.

La casistica dei proemi contemplata dai manuali di retorica antica per i casi giudiziari, politici ed encomiastici è vastissima. Sottoporremo al lettore solo alcune esemplificazioni. Primo caso: la situazione che si deve affrontare è imbarazzante o vergognosa. Il retore può allora chiedere fin da subito al pubblico di essere pietoso e benevolo nei confronti dell’imputato. Altrimenti può scegliere la strada dell’insinuatio («insinuazione») grazie alla quale l’oratore si insinua nell’animo dell’ascoltatore, sorvolando sugli aspetti meno favorevoli dell’imputato e ponendo fin da subito l’accento sulla debolezza della tesi avversaria. Secondo caso: il pubblico è competente. Non occorre necessariamente un proemio. Il retore può aprire in medias res. Terzo caso: l’oratore è particolarmente prestigioso e famoso. Si può avvalere con vantaggio dell’affettazione di modestia (molto utilizzata anche nella letteratura), perché l’uomo tende naturalmente ad assumere le difese di chi si trova in difficoltà. Il retore si presenta così incapace di fronte agli avvocati della parte avversaria.

Quarto caso: il retore intende creare un effetto sorpresa. Può esordire non rivolgendosi al destinatario naturale, ma con un’apostrofe ad un altro interlocutore, come nell’esordio della prima Catilinaria in cui Cicerone, dinanzi al senato, invece di interloquire con i senatori, direttamente parla con Catilina: «Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?» ovvero «Fino a quando abuserai, o Catilina, della nostra pazienza?». In questa situazione, Cicerone si avvale dell’uso della figura retorica dell’ex abrupto («all’improvviso»): senza alcun preambolo il retore attacca l’avversario, cogliendolo impreparato. Il colpo dell’oratore centra subito il bersaglio, perché il destinatario non ha tempo di parare i colpi e si sente smascherato.

Uno studente che si accinga allo svolgimento di un tema deve accantonare l’obiettivo di riempire velocemente la prima pagina bianca, deve soffermarsi a riflettere e chiedersi come possa sorprendere, catturare o colpire il lettore.

Nella prossima puntata presenteremo esordi di opere celebri che mostrano la finissima arte della creazione di un buon inizio.



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