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LA NUOVA CANZONE

Il contraddittorio inno alla provetta di J-Ax

Nella nuova canzone Tutto tua madre J-Ax mostra tutto il bagaglio ideologico con un inno alla provetta sulla scia dei buoni sentimenti. Ritagliandosi nel nome dell'ideologia dei diritti il ruolo contraddittorio di maestro, ma anche di "poeta maledetto". 

Vita e bioetica 23_09_2018

In un lungo post su Instagram, J-Ax racconta il nuovo singolo (Tutto tua madre) dedicato a suo figlio Nicolas, di un anno e mezzo, che alcuni giornali dicono essere nato da fecondazione assistita. Spiace dirlo ma il post, che sta riempiendo le pagine dei giornali, è il solito mix di emozione, vita privata e fatti compiuti che confonde, stritola in una melassa informe e invita ad abbandonare la ragione.

Vediamo. Il rapper si scaglia contro chi nega «a centinaia di migliaia di italiani il diritto di avere un figlio». Il diritto al figlio, dunque. Ma esiste davvero questo diritto? «A forza di sciorinare i diritti umani senza chiedersi cos’è un uomo, si finisce per interpretarli come una corsa al precipizio verso sempre maggiori libertà. Uscendo così dall’ambito dei diritti umani per imboccare un’ideologia dei diritti umani». Così Chantal Delsol, fondatrice del “Centro Studi Hannah Arendt” all’Università di Parigi e membro dell’Institut de France. Non pretendiamo certo che J-Ax si arrovelli sul pensiero della filosofa francese, né che si fermi a riflettere su dove si fondano i diritti o su fin dove si possano estendere. Ci accontenteremmo, vista la materia delicata, di meno sprezzo del pericolo. E invece Alessandro Aletti (così all’anagrafe il rapper milanese) la butta addirittura in politica, e lo fa a gamba tesa: «Trovo assurdo che un Governo fatto, almeno per la parte più gialla, di persone che ho sempre rispettato e ammirato [..] possa rendersi partecipe di una ingiustizia simile».

In realtà l’«ingiustizia» di cui parla il rapper l’ha votata il supremo organo democratico italiano, quel Parlamento che, con legge 40, ha regolato il ricorso alla fecondazione artificiale, ammettendo l’omologa (quella all’interno della coppia) ed escludendo l’eterologa, cioè l’utilizzo di gameti da donatori esterni. Fino a quando una sentenza della Corte Costituzionale del 2014 definì incostituzionale il divieto di ricorso alla fecondazione eterologa (da quel momento – come scrisse Eugenia Roccella – «sono iniziate le pressioni per introdurre anche nel nostro Paese la compravendita dei gameti e l’utero in affitto»).

L’intemerata di J-Ax, che a colpi di zucchero filato pretende un’apposita legge dello Stato che rovesci totalmente quanto deciso dal Parlamento, si inserisce precisamente qui. Peccato però che tutelare il sacrosanto diritto del nascituro a conoscere le proprie origini non sia proprio una robetta da nulla. E già, perché con l’eterologa un bambino può essere concepito in provetta mediante i gameti di una donna, trasferito nell’utero di una seconda e magari cresciuto da una terza; così pure che un bambino possa essere concepito da un uomo e ricevere il riconoscimento legale da un secondo.

Grondante com’è di sentimento, l’inno alla provetta di J-Ax è perfettamente costruito allo scopo di far pensare che il divieto dell’eterologa sia dovuto ad un’esagerata esaltazione dell’aspetto biologico, magari a scapito della progettualità, dei sogni e dei desideri delle persone. Non è affatto così. Non sappiamo se l’autore di Tranqi Funky, Sono fuori e La mia ragazza mena conosca Emmanuel Mounier, ma ciò che gli italiani hanno voluto e difeso (e che è stato sottratto loro manu giudiziaria) è la visione “personalista”, quella cioè che mette al centro la persona nella sua totalità; non foss’altro perché il procreare umano è una esperienza totalizzante, che coinvolge la persona nella sua pienezza.

Se poi l’uomo fortunatamente gode di un’impensata capacità nell’adeguarsi a condizioni eccezionali, e di rielaborarle fino a inserirle nel proprio progetto di vita, ciò non vuol dire rendere queste situazioni ordinarie e auspicabili. E ancora: se il mantra del love is love insegna che gli aspetti biologici sono così irrilevanti, a fronte allo struggimento causato dal non riuscire ad avere figli, perché molte coppie non pensano di adottare un bambino? Non è forse questa l’implicita ammissione che nel generare una vita anche gli aspetti corporei sono importanti?

L’appello finale del leader degli Articolo 31 (si riuniranno a breve), poi, è l’ennesimo esempio di eterogenesi dei fini. Non sappiamo se il novello intellò si sia reso conto di aver descritto perfettamente il grido silenzioso che ogni giorno, con l’aborto, viene affogato nel sangue quando nel post si domanda: «come vi sentireste voi se, da un momento all’altro, il rumore del respiro e le risate del vostro bambino sparissero?». Chissà.

Insomma, il rapper milanese a 46 anni ha scoperto la bellezza della paternità. Ce ne rallegriamo sinceramente. La cattiva notizia è che J-Ax si erge a esponente di punta di una generazione imbottita di contraddizioni, di ideologia; che pretende di essere – insieme – di lotta di governo. Una generazione – come scrive Alain Finkielkraut – «che vuole occupare tutti i posti: quello, vantaggioso, del Maestro, e quello, prestigioso, del Maledetto». Il filosofo ebreo si candida a perfetto cantore della super coccolata lobby dei “Comunisti col Rolex: «Vivono come una sfida eroica all’ordine delle cose la loro desione piena di sollecitudine alla norma del giorno. Il dogma, sono loro; la bestemmia pure. E per darsi arie da emarginati insultano urlando i loro rari avversari». Ecco. L’inaudita (e troppo presto dimenticata) performance alle Iene, quel dito medio indirizzato in tv ai milioni di italiani simpatizzanti del Family Day sta lì a dimostrarlo contro ogni ragionevole dubbio (qui il forzatissimo siparietto mediaset).

Noi tifiamo per Nicolas, ovviamente. Ma dopo anni di scaltro cazzeggio musicale, di osanna alla marijuana (ricordate “Ohi Maria”?), dopo aver addirittura aperto un negozio di cannabis al centro di Milano dove vende la sua amata “Maria Salvador”, che oggi Alessandro Aletti col ditino alzato si metta a fare la predica agli italiani (con tanto di solenne ospitata nel salotto-chiesa dell’ineffabile Gruber) forse è un pochino troppo. Anche per un circo mediatico, come quello nostrano, tutto da ridere.