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Il "conclave lampo" è il tranello per un pessimo compromesso

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Il nuovo papa in due giorni? La fretta col pretesto dell'unità può essere una trappola per i cosiddetti conservatori, indotti a ripiegare su un’elezione rapida al prezzo di un altro pontificato che divide e distrugge la Chiesa. Ma qualche alternativa c’è.
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Ecclesia 06_05_2025
Foto LaPresse cronaca 12 03 2013

Il tempo può essere un buon consigliere: la speranza è che i cardinali elettori lo tengano presente. Soprattutto i cosiddetti conservatori. Perché ultimamente c’è una specie di gara a dire ai quattro venti che il conclave sarà breve, quasi che un papa eletto in quarantott'ore sia il segno di una Chiesa unita e forte. Bergoglio venne eletto dopo appena il quinto scrutinio e fu una tragedia per la Chiesa.

Il “conclave lampo” può essere una trappola bella e buona: meglio rimanere mesi senza un papa, piuttosto che ritrovarsi per decenni con un papa che divide e distrugge la Chiesa. È piuttosto evidente che da un conclave che richiede i due terzi degli aventi diritto al voto, esca spesso un papa di compromesso e nella situazione attuale della Chiesa, salvo disposizioni diverse di Chi comanda, non ci si può aspettare un San Pio V. E tuttavia la più grande tentazione è proprio quella di accettare un pessimo compromesso, ritenendo insostenibile a priori un blocco del conclave per lungo tempo. La sola prospettiva di un possibile “conclave di logoramento” sta facendo venire le allucinazioni ad alcuni prelati, che vedrebbero in Parolin il male minore, soprattutto adesso che l’ex segretario di Stato sta andando ad elemosinare quella ventina di voti che gli mancano, offrendo l’impensabile.

Diciamolo chiaramente: Parolin non è un buon compromesso; Parolin è il tradimento della Chiesa. E non a caso è il cardinali oggi più sostenuto dai “giornaloni”. I fatti mostrano che Parolin ha svenduto la Chiesa al Governo cinese: il resto son ciance. E la svendita della Chiesa non può essere accettata nemmeno se “in cambio” viene concessa la Messa antica o la revoca di Fiducia supplicans. E poi, tante promesse, ma quante garanzie? Forse che Bergoglio non aveva promesso che non avrebbe rilasciato interviste una volta divenuto papa?

Non è un segreto che molte delle alternative a Parolin sono drammatiche. Anzitutto gli “uomini” di Sant’Egidio. Zuppi, che sta facendo la spola tra Bologna e Roma, per mostrare il suo zelo pastorale, e ogni volta che rimette becco nella città felsinea, non perde occasione per dire che il papa dev’essere di tutti, dev’essere accogliente con tutti. Che tradotto, per chi ancora non conoscesse Zuppi, significa che i gay possono anche ricevere una benedizione simil-nuziale pubblicamente in chiesa, cosa che in quel di Budrio, nella diocesi retta da Sua Eminenza, si è verificato prima ancora che Fiducia supplicans portasse la buona novella, con tanto di approvazione di Sua Eminenza. La Chiesa aperta a tutti, per l’arcivescovo di Bologna, significa anche la bontà della “famiglia queer”, promossa dalla scrittrice italiana (ormai defunta), Michela Murgia: un mix di figli di nessuno, coppie omogenitorali, sposi, padri e madri interscambiabili; un obbrobrio posto in atto dalla scrittrice esplicitamente per decostruire la famiglia naturale, come Dio l’ha voluta, ma che il cardinale ha però apprezzato, dicendo che «il punto è volersi bene».

Poi abbiamo l’altro cardinale corteggiato dalla Comunità di Sant’Egidio: José Tolentino Calaça de Mendonça. Un personaggio che ha persino fatto rimpiangere Ravasi. Il cardinale-poeta può vantare una grande ed invidiabile erudizione letteraria, ma non ha praticamente alcuna esperienza pastorale (se si eccettuano i tre anni in una parrocchia di Madeira), né diplomatica e neppure una solida formazione teologica. In pratica, sarà ostaggio di altri. Il suo cardinalato fu uno dei tanti amori a prima vista di Francesco: Tolentino venne a predicare gli esercizi alla Curia Romana nel 2018 e l'anno dopo ricevette la berretta rossa. Non si sa perché: era sufficiente che piacesse a Francesco. Mendonça è stato particolarmente attento a non prendere posizioni pubbliche sui temi caldi del pontificato di Bergoglio, facendo del larvatus prodeo la sua personale divisa. Per questo piace in quel di Sant’Egidio. Come Zuppi, anche Mendonça, sponsorizza personaggi assai problematici con prefazione ai loro libri, ma guardandosi bene dall’esporsi troppo. E se a Zuppi piacciono i ponti di padre James Martin, il portoghese avverte un particolare feeling con suor Teresa Forcades, la benedettina di Montserrat, che vuole rivoluzionare la Chiesa quanto a divorzio, aborto, gender, e sacerdozio femminile. La suora “Pasionaria” avanti, ad abbattere muri, e lui, il poeta, dietro, a vedere come va a finire. Virilmente.

Un altro nome che sembra far capolino è quello del cardinale François-Xavier Bustillo, vescovo di Ajaccio. Molto problematico è il suo legame con fra' Daniel-Marie Thévenet, un frate Conventuale legato al Rinnovamento carismatico, che avrebbe “rinnovato” in questa direzione i conventi dell’Ordine presenti Oltralpe, su invito dello stesso Bustillo, che dal 2006 al 2018 fu superiore dell’Ordine in Francia e Belgio. Bustillo fu altresì, con Thévenet, uno dei tre frati che fondò il convento di Narbonne. Contrariamente alle indicazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede, Thévenet farcisce le celebrazioni eucaristiche con esorcismi pubblici, presunte profezie, il parlare “in lingue”, preannunci vaghi di guarigioni, applausi e cori da stadio durante l’elevazione, e tutto quanto serve per nutrire un sensazionalismo allo stato puro, a spese della credulità di persone semplici. Questo è l’uomo che Bustillo incaricò per la “riforma” dei conventi dell’Ordine. Salvo poi scandalizzarsi per la marea di reazioni negative a Fiducia supplicans.

Una seconda fila che, in caso di stallo, potrebbe affacciarsi tra i papabili è il cardinale Stephen Brislin. Crucciato che i gay non si sentano a casa loro nella Chiesa, l’arcivescovo di Johannesburg (Sudafrica) si è contraddistinto anche per altre aperture: come l’accoglienza, nella propria diocesi, del movimento We Are All Church SA, assertore del presbiterato femminile e dell’abolizione dell’obbligatorietà del celibato sacerdotale. È piuttosto risaputa la sua approvazione delle benedizioni autorizzate da Fiducia supplicans, in netta controtendenza rispetto all’episcopato del continete.

La lista della sciagura si potrebbe allungare all’infinito; perché in Conclave sono presenti personaggi con non pochi scheletri nell’armadio (vedi gli altri articoli di oggi). Ed altri le cui doti abbiamo imparato ad “apprezzare” in questi anni: come la coppia Hollerich-Grech, i registi dei Sinodi dell’apertura ad ogni genere di castroneria; oppure come il cardinale Marx, che ha tirato la volata al Synodaler Weg, lanciandolo per le ampie praterie dello scisma. Poi abbiamo Tucho Fernández, che non ha bisogno di presentazioni, Claudio Gugerotti, conosciuto come “lo stambecco” per le sue scalate curiali (e probabilmente anche per le incornate rifilate ai suoi concorrenti).

Ma il punto che a noi preme, è che il pericolo di queste “alternative” non terrorizzi i cardinali per indirizzarsi su Parolin. Perché alternative realmente valide esistono e devono essere sostenute, anche a costo di uno stallo. Come quella del cardinale cingalese Malcolm Ranjith Patabendige Don, arcivescovo di Colombo (Sri Lanka), un uomo dalla straordinaria esperienza pastorale, sia come sacerdote che come vescovo, fattivamente vicino (e non a parole) alle povertà materiali e spirituali, ma con anche una buona esperienza nell’ambito della diplomazia e della Curia romana. Ha un’incredibile versatilità nelle lingue (ne parla fluentemente dieci), capacità di dialogo con le autorità politiche, ma anche un grande senso della giustizia che non lo riduce al silenzio quando necessario. Grande senso della Chiesa e della liturgia, Ranjith ha come suo punto d’onore la sua straordinaria capacità di catechizzare i bambini. Un uomo che nelle periferie ci vive realmente, le conosce e le ama, ma nello stesso tempo una personalità che sa bene come muoversi anche alla guida della Chiesa.

E poi il cardinale Pierbattista Pizzaballa, che in questi anni di gravi tensioni in Terra Santa ha mostrato una notevole e solida statura spirituale e diplomatica. La diplomazia di Pizzaballa è autentica: i suoi interventi, da vero pastore, hanno sempre ricercato la difesa e il sostegno della comunità cristiana in una situazione di estrema difficoltà. Alieno dalle polemiche, il patriarca di Gerusalemme dei Latini è comunque conosciuto come un uomo di profonda fede, non solo per la sua autentica pietà eucaristica e mariana, ma anche per la capacità di leggere le situazioni alla luce della fede, più che della politica.

Due nomi, ma non gli unici. Nomi che aprono la strada ad un compromesso realistico, che però non ha come controparte la liquidazione della Chiesa. Un compromesso così non è solo possibile: è necessario.



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