I palloni gonfiati che offuscano il Natale bolognese
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Palloni a forma di roccia in piazza Maggiore a Bologna. Il Natale è solo un pretesto, all'artista infatti non interessa nulla. Ma il Comune di Bologna ce lo fa credere. Il risultato, da qualunque angolazione della piazza li si guardi è uno: il Natale è sfrattato dal salotto bolognese.
Inutile girarci attorno: da qualunque angolazione di Piazza Maggiore li si guardi, i megaliti gonfiabili piazzati sul “Crescentone” di Bologna assomigliano più a dei coproliti che a dei sassi giganti che devono dare l’idea della dismisura. Anzi, a dei copromegaliti, i fossili di escrementi trovati nella vicina civiltà villanoviana ed esposti al museo archeologico sotto il portico del Pavaglione.
Di sicuro non hanno nulla a che fare con il Natale. Anzi, lo striminzito collegamento con la nascita di Gesù posto in un totem che si deve avere la forza di leggere – e che la Bussola ha letto strabuzzando gli occhi - rende ancora più beffarda l’operazione natalizia del Comune. Per un motivo molto semplice: al sedicente artista australiano che li ha gonfiati e posti nel salotto cantato da Lucio Dalla, del Natale non frega assolutamente nulla.
Residuale, a questo punto, l’entusiasmo artificiale di chi sostiene che le istallazioni richiameranno in centro molti turisti, i quali quindi potranno entrare più facilmente a visitare la Basilica di San Petronio, come auspicava l’arciprete bolognese ai giornali locali. Mezzucci per accettare anche questo ultimo colpo gobbo di un’amministrazione che è rimasta comunista, nel senso che è ancora ferma all’idea di arte come mezzo per scuotere e rompere gli schemi, distruggere le tradizioni e offendere se possibile ciò che c’è di sacro.
Che bisogno c’era, infatti, di collocare questi ammassi di plastica gonfiata proprio in occasione del Natale? Un presepe in piazza Maggiore non è abbastanza cool, evidentemente. Per questo a conti fatti, e nonostante l’inaugurazione in pompa magna di ieri pomeriggio (le inaugurazioni delle istallazioni insulse e incomprensibili sono diventate il nuovo termometro della decadenza di una società civile), il risultato è questo: il Natale bolognese avrà come simbolo una Basilica di San Petronio oscurata da mega gonfiabili di plastica che dovrebbero rappresentare il senso della dismisura e invece a noi rappresentano la miseria di una creatività che ha fatto il salto carpiato ed è tornata alla casella di partenza di una primordiale e furbesca povertà di idee.
L’artista - artista è un termine che ormai è privo di qualunque significato dato che si concede a chiunque ottiene qualche prebenda per poter esporre “la qualunque” in uno spazio pubblico o privato - si chiama Nimrod Weis e lavora per lo studio australiano Eness. Qualcuno ha presente che cosa sia? No, ma siccome è a più di 3000 km da casa nostra fa figo immaginare che sia eccellente, ennesima concessione al provincialismo di una città-pallone-gonfiato che aspira con voli pindarici ai massimi livelli e poi in vetrina in via delle Pescherie vecchie offre come sempre cornucopie di tortellini e cotechini, il massimo del terragno e della genuinità, cioè della natura, perché a Bologna la natura ha sempre fatto rima con lavoro, con allevamento e con agricoltura.
L’opera invece si chiama “Iwagumi” che in giapponese significa “dismisura”, è stata donata alla città da Illumia e Bologna Festival e con l’inaugurazione di ieri sera si può finalmente visitare passeggiandoci attorno godendo di luci e musiche offerte dagli sponsor. Tutto qua. E la dismisura? Eccola così spiegata nel totem all’ingresso: “La natura, il Natale e la dismisura. Ricordarsi della dismisura significa gettare le basi di un atteggiamento di umiltà e ricordarsi di un senso di fraternità invece che nutrire un senso di potere sull’altro”. Il solito fervorino moralisticheggiante - perché i comunisti i sensi di colpa sociali li hanno sempre coltivati molto bene, meglio della Chiesa va là - dovrebbe fare riflettere lo spettatore sulla natura che, come queste pietre è smisurata e dunque l’uomo è nulla perché la natura è immensamente più grande, lo sovrasta e lo contiene.
Passata questa concessione alle nuove e vecchie tendenze ecologiste, che collocano l’uomo non più al vertice del creato ma sempre più ai margini, si passa nelle ultime righe a giustificare il Natale.
Così: “L’offerta di tale esperienza durante il periodo natalizio intende sottolineare che la nostra cultura è attraversata dal racconto e dai segni dell’avvenimento smisurato del Natale. La nascita di un Dio che ride come un bimbo, che si fa compagno di strada è un evento che rompe ogni misura, che ricalcola il percorso della vita umana e del suo destino”.
Belle parole, decisamente, ma applicabili a qualunque appiglio vagamente natalizio e non necessariamente a queste opere che sono nate per tutt’altro, come il suo creatore ha confidato in un’intervista al Carlino:
“Ho sempre provato un grande interesse per il Giappone, sin da quando avevo vent’anni e feci il mio primo viaggio importante. Mi sono sentito così affascinato dalla cultura e dal senso di apprezzamento per tutte le cose, sia per gli umani che per l’ambiente”. Insomma: di natalizio non c’è assolutamente niente, tanto che le opere sono già state esposte in altre piazze australiane, ovviamente con molto meno clamore.
Il Natale è stato messo in maniera posticcia per giustificare il tutto, ma se ci pensiamo, il Natale è proprio l’opposto della dismisura, per lo meno se pensiamo che l’umiltà che si richiama è proprio nel bambinello adagiato alla capanna e sfrattato quest’anno per far spazio ai palloni della dismisura.
Nulla lo richiama, nulla fa pensare che da qualche parte lo spettatore debba riflettere sulla grandezza smisurata di un Dio che si fa bambino perché le opere sono fatte per perdersi dentro questi giganteschi palloni vuoti. Perché a nessuno verrebbe mai in mente di collegare dei megaliti di plastica alla nascita più umile e smisurata della storia. Ma questo i comunisti di Palazzo d’Accursio non se lo vogliono sentire dire; perciò, le istallazioni piovute come dei meteoriti sul “Crescentone”, se vogliamo, non sono nemmeno neutre, sono proprio un chiaro tentativo di offuscare il Natale bolognese dal suo salotto.


