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IDEOLOGIE

Grillo che elogia l'ozio ci nasconde qualcosa

Grillo cita Tom Hodgkinson, L’ozio come stile di vita. Come Russell e Marx prima di lui, rivendica il diritto all'ozio. Basandosi sul fatto che la rivoluzione industriale ci avrebbe rovinati. Ma evitando accuratamente di rispondere su che vita si facesse prima, o su come si viva al di fuori del mondo industrializzato.

Cultura 17_04_2018
Grillo (che cita il Marchese) in un carro a Viareggio

“Tutti conoscono la storiella di quel turista che a Napoli vide dodici mendicanti sdraiati al sole (ciò accadeva prima che Mussolini andasse al potere) e disse che avrebbe dato una lira al più pigro di loro. Undici balzarono in piedi vantando la loro pigrizia a gran voce, e naturalmente il turista diede la lira al dodicesimo, giacché il turista era un uomo che sapeva il fatto suo. Nei paesi che non godono del clima mediterraneo, tuttavia, oziare è una cosa molto più difficile e bisognerebbe iniziare a tale scopo una vasta campagna di propaganda”. Bertrand Russell, scriveva questa storiella nel suo noto Elogio all’ozio, un saggio in difesa della logica del “lavorare meno, lavorare tutti”. Lo spettro dell’ozio ha continuato a vagare per l’Europa, finché non si è impossessato, di nuovo, di un politico in vista, il più in vista dell’Italia odierna. “Oziare significa essere liberi, e non soltanto di scegliere fra McDonald’s e Burger King. Significa essere liberi di vivere la vita che vogliamo fare, liberi da capi, salari, pendolarismo, consumo, debiti. Oziare significa divertimento, piacere e gioia. C’è una rivoluzione che sta fermentando, e la cosa grandiosa è che per prendervi parte non dovete fare assolutamente nulla. Chi vive solo per lavorare quindi è un miserabile, chi ozia un rivoluzionario”. Lo scrive sul suo profilo social (e lo pensa) Beppe Grillo. A parte l’ultima frase, aggiunta da lui, il resto è una citazione da Tom Hodgkinson, L’ozio come stile di vita.

Se la vacanza diventa lunga quanto tutta la vita, c’è forse qualcosa che non va: vuol dire che la nostra è una perenne assenza di scopi, o una fuga dalla realtà. Abbiamo già affrontato questo problema su queste colonne, da un punto di vista psicologico e morale, constatando una tendenza molto marcata dei grandi successi musicali a elogiare l’ozio e la dissociazione. Se però lo fa un politico, co-fondatore del più grande partito d’Italia, un elogio all’ozio assume un carattere programmatico e va preso sul serio. Grillo è il primo che propose il reddito di cittadinanza nel 2013. Benché i suoi successori odierni cerchino di introdurlo nel dibattito come una nuova forma di sussidio di disoccupazione, temporaneo e legato alla ricerca del lavoro, per Grillo l’obiettivo finale è una società in cui reddito e lavoro siano slegati. In estrema sintesi: guadagnare senza lavorare.

Non è l’unico, ma in “buona” compagnia degli economisti della cosiddetta “decrescita”, i quali, a partire da Serge Latouche, sono convinti che si debba cambiare il paradigma su cui si regge la nostra economia, non più produzione e crescita, ma ricerca della felicità in noi stessi e in una vita frugale. Una nuova Arcadia, insomma, in cui ogni cittadino possa diventare un agricoltore-intellettuale. Latouche ritiene che viviamo nel peggiore dei mondi sinora esistiti e predica il ritorno al passato. Ma nei suoi studi non esiste alcun riferimento alle condizioni di vita del passato. Che mortalità infantile c’era fino alla generazione dei nostri bisnonni? Che speranza di vita c’era? Come vivevano i contadini alla mercé degli elementi naturali? Come vivono i popoli in via di sviluppo, che Latouche vorrebbe “salvare” dalla crescita? Tutte domande che restano prive di risposta.

Tom Hodgkinson, nel suo L’ozio come stile di vita (citato da Grillo) riprende sia i temi di Russell che quelli di Latouche, ritiene anch’egli che sia la rivoluzione industriale ad aver rovinato l’uomo, privandolo della sua libertà. Il lavoro, insomma, viene escluso dai fini della propria vita e considerato solo come una forma di servitù. Una faticosa perdita di tempo. Non solo, al pari di Latouche, non risponde alla domanda fondamentale sul passato, al “come si viveva prima dell’industrializzazione?” (male, con una speranza di vita pari a circa la metà rispetto a quella odierna, in balia degli elementi della natura, a spaccarsi comunque la schiena nei campi…). Non risponde neppure alla domanda sul presente: “come si vive senza porre il lavoro produttivo al centro dell’attività sociale?”. Hodgkinson cita lo stesso Russell, assieme a John Lennon e a Winston Churchill come esempi di uomini che, proprio per il loro amore dell’ozio, erano più creativi della media. Si dimentica, tuttavia, un dettaglio: che sono tutti e tre prodotti di un’Inghilterra, patria della rivoluzione industriale, di generazioni di produzione, commerci e scambi in tutto il mondo. Churchill, fra le altre cose, oltre ad essere un infaticabile lavoratore in politica, fu un grande difensore dei produttori da lacci normativi e tasse. L’intellettuale che fa la vita comoda e non vive del suo profitto, può permetterselo se qualcun altro lavora per mantenerlo. Marx, altro filosofo che elogiava l’ozio, reclamandolo come diritto, fu mantenuto dal primo all’ultimo giorno della sua vita.

Le società cristiane sono le uniche che hanno sviluppato un’etica del lavoro, fin dalle origini, e se ne parla dai tempi della regola benedettina. Ora et Labora. Le società pre-cristiane esaltavano l’attività intellettuale a scapito di quella lavorativa e facevano ampio uso di schiavi. Le società non cristiane, anche negli ultimi secoli, hanno sempre considerato il lavoro come una maledizione. Nei paesi musulmani ricchi, sono quasi solo gli stranieri a lavorare, i petrolieri si siedono sul possesso di risorse naturali sfruttate dal lavoro altrui. In quelli poveri, la popolazione autoctona registra alcuni dei più bassi tassi di produttività, che vanno di pari passo con bassi tassi di alfabetizzazione e un immenso divario fra ricchi e poveri. Le società animiste, poi, sono fanalino di coda per tenore di vita, sotto tutti i punti di vista. Quelle asiatiche orientali, benché abbiano appreso quasi tutto dall’Occidente cristiano, grazie a quasi un millennio di contatti assidui, hanno tuttavia un rapporto con la vita produttiva a dir poco sofferto (e basti vedere la Cina per comprenderlo).

Quello di Grillo che cita Hodgkinson, insomma, è l’ultimo (in ordine di tempo) tentativo di condannare l’etica del lavoro, prodotto tipico del cristianesimo. Ma evita accuratamente di farci sapere cosa c’era prima, cosa c’è al di fuori, e cosa potrebbe esserci dopo di essa. Niente di buono, per chi lo vuol vedere.