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RAPPORTO UNHCR

Giornata del Rifugiato. In aumento le persone costrette a fuggire

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L'Unhcr (agenzia Onu per i rifugiati), in occasione della Giornata del Rifugiato, pubblica il suo rapporto annuale. Le persone costrette alla fuga sono in aumento costante, sono ora 123,2 milioni.

Esteri 20_06_2025
Campo profughi UNHCR (La Presse)

In occasione della Giornata mondiale del rifugiato che cade ogni anno il 20 giugno, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) come di consueto ha pubblicato il suo annuale rapporto sui profughi – sfollati, rifugiati e richiedenti asilo – in cerca di scampo da persecuzione, conflitti, situazioni estreme di violenza e violazione dei diritti umani.

I dati, aggiornati al 31 dicembre 2024, indicano che ancora una volta, come ormai da diversi anni, le persone costrette alla fuga sono aumentate rispetto all’anno precedente. Sono infatti 123,2 milioni, sette milioni in più rispetto al 2023, con un incremento del 6%. Sul totale della popolazione mondiale, vuol dire che una persona su 67 vive lontano da casa, non per scelta ma per necessità, e ha bisogno di aiuto perché ha perso casa, lavoro, mezzi di sussistenza. Deve essere aiutata a sopravvivere e, se la sua situazione è destinata a protrarsi, a rifarsi una vita in un nuovo paese.

L’aumento dei profughi nel 2024 è stato determinato da quello degli sfollati, le persone cioè che, nel cercare di mettersi al sicuro, non lasciano i loro paesi. Si chiamano anche profughi interni e sono la maggioranza: attualmente, il 60% circa dei profughi. A fine 2024 erano 73,5 milioni, 5,2 milioni in più rispetto al 2023, un aumento pari a circa 9%. Ben 11,6 milioni sono sudanesi, 2,5 milioni in più che nel 2023, vittime della guerra scoppiata nell’aprile del 2023 il cui andamento costringe molti di loro a spostarsi anche più volte, mano a mano che il conflitto interessa nuovi territori prima relativamente sicuri: necessità che rende ancora più precaria e dolorosa la loro esistenza. Quello in Sudan è il più elevato numero di sfollati mai rilevato. Insieme a quelli della Repubblica democratica del Congo, di Haiti, Myanmar e Ucraina costituiscono più del 60% del totale.     

Si chiamano rifugiati i profughi che fuggono oltre i confini dei loro paesi e chiedono aiuto a governi stranieri. La Convenzione di Ginevra sui rifugiati impone agli stati che l’hanno sottoscritta di accogliere chi chiede asilo e, se alla verifica risultano fondati i motivi addotti, di concedergli lo status giuridico, personale, di rifugiato. L’Unhcr ne assiste 31 milioni, l’1% in meno rispetto al 2023 quando erano 31,6 milioni. Inoltre sotto suo mandato sono 5,9 milioni di persone alle quali è riconosciuto uno status simile a quello di rifugiato. Ai rifugiati affidati all’Unhcr vanno aggiunti 5,9 milioni di palestinesi assistiti però dall’Unrwa, l’Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi creata nel 1949. La lieve diminuzione dei rifugiati si deve principalmente al decremento di quelli afghani, siriani e in misura minore ucraini. Sono invece aumentati quelli venezuelani. Altri 370.200 hanno lasciato il loro paese, da anni in rovina a causa del dissennato regime del presidente Nicolas Maduro.

Quanto ai richiedenti asilo in attesa di sapere se la loro richiesta sarà accolta, nel 2024 si è verificato, per l’ottavo anno consecutivo, un aumento, e notevole, pari al 22%. Nel 2023 erano 6,9 milioni. Nel 2024 sono saliti a 8,4 milioni, il più alto numero mai registrato. Questo incremento è dovuto al fatto che le richieste di asilo sono tante, più di quante i governi interpellati riescano a esaminarne. Nel solo 2024 in tutto il mondo hanno chiesto asilo 4,8 milioni di persone: 3,1 milioni presentando domanda individualmente, 835mila seguendo procedure di gruppo come è previsto all’insorgere o all’aggravarsi di una crisi che, come è successo in Sudan, costringe centinaia di migliaia di persone a espatriare nell’arco di pochi mesi o addirittura settimane. Oltre un terzo provenivano da due paesi soltanto: 879.100 dall’Ucraina, 872.400 dal Sudan. Sul totale, 945mila hanno almeno ottenuto protezione temporanea.

Il quadro delineato dal rapporto dell’Unhcr è drammatico. Tuttavia l’Unhcr rileva ed evidenzia alcuni sviluppi positivi. 188mila rifugiati sono stati trasferiti, assecondando una loro richiesta, in paesi terzi: mai così tanti negli ultimi 40 anni. 47.200 sono stati naturalizzati nei paesi che li ospitavano, il 47% in più che nel 2023. Inoltre quasi dieci milioni di profughi hanno potuto fare ritorno a casa: 9,8 milioni per l’esattezza, di cui 8,2 milioni di sfollati, il numero più alto di tutti i tempi, e 1,6 milioni di rifugiati. Di questi ultimi, però, il 92% sono cittadini di quattro paesi – Afghanistan, Siria, Sudan del Sud e Ucraina – e la loro decisione di rimpatriare è stata in effetti avventata. Molti ucraini hanno scelto di rientrare per le difficoltà di accesso ai servizi e per altri problemi incontrati nei paesi ospitanti. Gli altri sono andati incontro a condizioni difficili e situazioni estremamente critiche: soprattutto gli afgani, per la povertà del loro paese, la crescente disoccupazione, i servizi del tutto carenti, e i sud sudanesi, rientrati a pochi mesi dall’intensificarsi degli scontri armati e della tensione tra le due etnie maggioritarie.   

In un quadro generale così drammatico, una nota positiva è costituita dal fatto che il tasso di incremento del numero dei profughi nella seconda metà del 2024 ha rallentato. Nei primi quattro mesi del 2025 inoltre il numero complessivo dei profughi sembra essere diminuito dell’1%, attestandosi a 122,1 milioni. È una flessione quasi irrilevante, ma è la prima volta che succede in più di dieci anni. Non è abbastanza tuttavia per sperare in una tendenza persistente.

Il tema della Giornata 2025 è “Solidarietà con i rifugiati”. A fronte dei bisogni umanitari ingenti, l’Unhcr teme infatti una crisi dei finanziamenti, per carenza di fondi e deficit di responsabilità collettiva, che renderebbe ancora più difficile l’esistenza di quella persona ogni 67 che ha perso tutto. A rendere il quadro generale ancora più ingiusto e deprecabile è la composizione per età dei profughi perché, ogni 100, 40 sono minori.