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MEDIO ORIENTE

Esecuzione di "spie", a Gaza torna la pena di morte

Dopo cinque anni di sospensione, tre civili e due militari sono stati giustiziati a Gaza. Tutti erano accusati di spionaggio per Israele, anche decenni fa. Meno facile contare le esecuzioni extra giudiziali, che avvengono spesso. Sono atti contrari alla stessa legge palestinese e ai valori universali della giustizia.

Esteri 20_09_2022
Gaza, manifestazione

«Preghiamo perché la pena di morte, che attenta all'inviolabilità e alla dignità della persona, sia abolita nelle legislazioni di tutti i Paesi del mondo», con queste parole, Papa Francesco, in un video reso pubblico alla fine del mese scorso, annunciava la sua intenzione di preghiera per questo mese di settembre. Un appello, purtroppo, inascoltato nella Striscia di Gaza, già terra martoriata, quando nei giorni scorsi il boia è tornato al lavoro. Era da oltre cinque anni, che in questo lembo di terra, tra Egitto ed Israele, non veniva eseguita la pena capitale. E così due militari sono finiti dinanzi al plotone di esecuzione e tre civili sono stati giustiziati con l’impiccagione.

Un messaggio chiaro a tutti gli abitanti di Gaza da parte di Hamas: non è tollerato fornire informazioni al nemico giurato, nella fattispecie allo Stato ebraico, ma più in generale, anche a coloro che commettono delitti e reati comuni. L'esecuzione è avvenuta all'alba, nell’Ansar Security Compound, nella parte occidentale della Città di Gaza. Il portavoce del Ministero dell’Interno non ha fornito i nomi delle persone condannate a morte, ma solo le loro iniziali e l’età, descrivendo sommariamente il fatto.

Il primo ad essere fucilato è stato K. S., un uomo di 54 anni, residente a Khan Yunis, una città campo-profughi, nota anche per il massacro che ebbe luogo il 3 novembre 1956, durante la crisi di Suez. L'uomo era in carcere dal 2015 e secondo Hamas, nel 1991, aveva fornito ad Israele “informazioni sui combattenti della resistenza, sul loro luogo di residenza e in merito alla posizione dei lanciarazzi”. Anche N. A. era sospettato di essere una spia, ma trattandosi di un civile, è stato impiccato. Aveva 44 anni ed era stato condannato dal tribunale di Gaza per aver fornito, nel lontano 2001, informazioni all'esercito israeliano che avevano portato all’uccisione di civili da parte delle forze ebraiche. E. A., 43 anni, abitava nella Città di Gaza. Nel 2004 era stato incarcerato con l’accusa di rapimento e omicidio, mentre M. Z., trentenne, risiedeva nel nord della Striscia di Gaza. Infine, J. Q., un militare delle forze di sicurezza di Hamas, al quale è stata risparmiata l’onta della forca, è finito davanti a un plotone di esecuzione. Aveva appena 26 anni. Hamas, tramite il suo portavoce, ha sottolineato che a tutti gli imputati è stato «concesso il pieno diritto di difendersi, secondo le regole di procedura, davanti a un tribunale competente».

Morti assurde. Esecuzioni che violano la legge palestinese e in particolare quella dei valori universali della giustizia. A Gaza, il regolamento di conti, tra vittime e carnefici, non passa sempre dalle aule di giustizia del regime islamista. Accade anche che persone sospettate, arrestate o condannate siano “giustiziate” sul campo: nel cortile di un carcere o di una moschea, nelle strade e nelle proprie abitazioni. Non c'è pace per la popolazione della Striscia. Il sangue continua a scorrere. Inarrestabile.

Intanto la tregua tra l'esercito israeliano e i miliziani palestinesi della Jihad islamica sembra reggere. I pochi cristiani continuano a sperare che vengano deposte definitivamente le armi. Israele, nel frattempo, ha ripreso a rilasciare i permessi ai lavoratori palestinesi, in modo che possano recarsi, da Gaza, nei territori israeliani per lavorare.

Ma se il fronte sud-ovest di Israele è attualmente calmo, lo stesso non si può dire per quello al confine con la Siria. L'aviazione israeliana, infatti, continua le sue incursioni mirate contro il territorio siriano colpendo, in modo particolare, gli interessi, le milizie e l’arsenale fornito dall’Iran, piuttosto che l’esercito siriano stesso. Nel corso dell'ultima azione contro l'aeroporto internazionale di Damasco sono rimasti uccisi cinque soldati e procurati numerosi danni materiali. Le operazioni israeliane in Siria stanno diventando più sofisticate e sono il risultato di colossali sforzi di intelligence contro le manovre dell’Iran e di Hezbollah. Hanno uno scopo ben preciso: interrompere il crescente uso da parte di Teheran delle rotte di rifornimento per consegnare armi agli alleati in Siria e Libano, in particolar modo ad Hezbollah. Va sottolineato che il mese scorso un attacco missilistico israeliano nelle campagne intorno alla capitale Damasco, a sud della provincia costiera di Tartous, ha causato la morte di tre soldati. A giugno, Israele ha messo fuori servizio l'aeroporto di Damasco per quasi due settimane e, in questo mese di settembre, gli attacchi israeliani hanno preso di mira, per ben due volte, l'aeroporto di Aleppo.