Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Espedito a cura di Ermes Dovico
L'ANALISI

Donbass come il Kosovo? Cosa dice il diritto internazionale

Fatta salva la condanna per l'invasione russa dell'Ucraina, è interessante esaminare uno dei punti caldi del contenzioso: la secessione delle regioni di Donetsk e Lugansk ha un precedente importante nella secessione del Kosovo dalla Serbia, che fu giustificata dalla Corte Internazionale di Giustizia.
- LA GUERRA AVANZA CON LA VIOLENZA E LA MENZOGNA, di Graziano Motta

Esteri 18_03_2022
Festa a Donetsk per il riconoscimento da parte della Russia

Come abbiamo già scritto sin dall'inizio, la crisi in Ucraina - fermo restando la condanna per l'invasione russa - ha molte ragioni complesse che non permettono di dividere il campo in un semplicistico "buoni e cattivi". Proponiamo perciò un contributo sul piano giuridico-internazionale per chiarire uno dei punti caldi del contenzioso, l'autonomia o l'indipendenza delle due province filorusse del Donbass.

La Costituzione della Repubblica di Ucraina del 1996, adottata nel corso di una drammatica seduta parlamentare tra il 27 ed il 28 giugno 1996 conosciuta come «notte costituzionale del 1996», prevede, nel comma 2 dell’art. 133, le Regioni di Donetsk e Lugansk quali parti integranti della struttura amministrativo-territoriale dell’ordinamento giuridico statale.

In data 11 maggio 2014 si svolse, nei due territori, un referendum consultivo sull’autodeterminazione che portò, con la dichiarazione di indipendenza dall’Ucraina, alla nascita delle due Repubbliche recentemente riconosciute dalla Federazione Russa (22 febbraio 2022) con decreto del Presidente Vladimir Putin.

Ci si chiede, dunque, se la secessione delle due Regioni sia un atto legittimo sia da un punto di vista del diritto interno, sia da un punto di vista del diritto internazionale pubblico. Ora, è certamente vero che il Testo fondamentale ucraino del 1996 ed attualmente in vigore stabilisce che «Il territorio dell’Ucraina all’interno del confine esistente è integrale ed inviolabile» senza la previsione di consultazioni popolari aventi ad oggetto la secessione di un territorio o di parte di esso. Tuttavia è anche vero che il voto popolare, espresso in occasione della celebrazione dei due referendum, costituisce una chiara espressione del principio consuetudinario internazionale di autodeterminazione esterna dei popoli.

Una parte della dottrina (Conforti) ritiene che l’autodeterminazione non possa essere intesa come idonea a legittimare le pretese secessionistiche di determinate parti di un territorio (se non in casi ben precisi quali, ad esempio, per i popoli soggetti a dominio coloniale o per i popoli facenti parte di spazi territoriali occupati o conquistati con la forza) siano esse Regioni, Province o circoscrizioni territoriali dotate di un grado più o meno ampio di autonomia; con la conseguenza che la secessione quale rimedio (remedial secession) non avrebbe alcun fondamento, neppure nel caso di minoranze sottoposte a discriminazioni intollerabili (Tancredi).

Tuttavia, con il parere del 22 luglio 2010 relativo al caso del Kosovo, la Corte internazionale di Giustizia (organo delle Nazioni Unite) ha sostenuto, sia pure non entrando nel merito della legittimità della dichiarazione di indipendenza di Pristina dalla Serbia del 17 febbraio 2008, che la prassi degli Stati non permette di stabilire la formazione in diritto internazionale di una nuova regola proibitiva delle dichiarazioni unilaterali di indipendenza. Quanto, invece, all’incidenza del principio dell’integrità territoriale, la Corte lo ha definito, sempre nel parere del 22 luglio 2010, con riferimento all’articolo 2, paragrafo 4, della Carta della Nazioni Unite del 1945, nonché alla Dichiarazione del 1970 sulle relazioni amichevoli tra Stati e all’Atto finale della Conferenza di Helsinki del 1975, come «an important part of the international legal order» il quale, però, sarebbe circoscritto ai soli rapporti tra Stati (paragrafo 80 del parere), non venendo in rilievo negli altri casi.

Dunque è alquanto difficile poter giustificare trattamenti diversi a seconda dei territori in discussione o dichiarazioni più indipendenti di altre. Non si deve infine dimenticare che i cosiddetti due accordi di Minsk prevedevano dapprima un’ampia autonomia costituzionale delle due repubbliche (Minsk I del settembre 2014) e poi addirittura l’avvio di un processo di revisione per una «nuova Costituzione» (Minsk II del febbraio 2015). Poi come sappiamo tali accordi non si sono realizzati, con le due parti a rinfacciarsi la responsabilità, ma il principio era stato comunque accolto.

*Costituzionalista