Di ritorno da Parigi-Chartres: una speranza per l’Europa
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Fatiche, preghiera, amicizia e Messe in latino: nel racconto dei giovani italiani partecipanti al pellegrinaggio di Pentecoste la vitalità della tradizione e il desiderio che Cristo regni nei cuori e nella società.

Giovani e giovanissimi a piedi per tre giorni da Parigi alla cattedrale di Chartres. L’annuale pellegrinaggio di Pentecoste organizzato dall’associazione Notre-Dame de Chrétienté è una testimonianza concreta di come la liturgia tradizionale possa toccare il cuore delle giovani generazioni e infondere in loro una spinta missionaria affinché Cristo regni sulla terra come in cielo: Pour qu’Il règne, sur la terre comme au ciel, è il motto della 43° edizione, svolta tra il 7 e il 9 giugno. «Slancio spirituale» e «nuova evangelizzazione» sono le parole che ricorrono sulla bocca dei partecipanti del capitolo italiano Immaculata Coredemptrix che, al ritorno da Chartres hanno voluto testimoniare alla Bussola questa straordinaria esperienza di fede e di fraternità.
«Abbiamo sentito l’unità della Chiesa, nonostante le difficoltà e la differenza di lingua e di nazioni di provenienza, si è percepito questo grande senso di fraternità cristiana», confida uno dei partecipanti, che in riferimento al tema evidenzia «la militanza della Chiesa che si ritrova assieme per manifestare la propria fede, per rendere gloria a Dio e far sì che questa gloria si manifesti anche nella società. Chartres è simbolo di speranza e di rinascita in una società che ha dimenticato Dio».
«Un segno di rinascita dell’Europa», aggiunge un altro partecipante, «perché la tradizione permea tutta la persona, non solo nell’ambito liturgico, ma nella formazione spirituale, umana e quindi nell’ambito sociale: la tradizione è vita, spirituale e comunitaria, ecclesiale», che coinvolge persone di età diverse unite da «un’unica preghiera che sale al cielo». La condivisione delle fatiche, raccontano, fa sì «che Cristo regni anche nei rapporti con gli altri: o Cristo è tutto e domina la mia vita oppure non può regnare. Così cambierà la società, il mondo, perché Cristo è venuto a portare la pace e la salvezza. Questa è Parigi-Chartres, è il futuro dell’Europa».
Una fraternità toccata con mano, per esempio - raccontano - nei ragazzi che si sono alternati per permettere di vivere il pellegrinaggio anche a una ragazza che non poteva camminare: «questi giovani con grande sforzo, per il caldo, il terreno ghiaioso, le salite e le discese, si davano il cambio, per spingere la carrozzina. Anche dimostra che la tradizione non è “pizzi e merletti”, come pensa qualcuno». Senza contare l’opera dei «tantissimi volontari, chi trasportava i bagagli, chi smontava e rimontava le tende, chi spostava i servizi igienici, chi ci preparava una zuppa calda la sera o il caffellatte la mattina...».
Ma a toccare più di tutto è stato «vedere tanti giovani in attesa di ricevere l’Eucaristia, in ginocchio e in profondo silenzio. Si sentiva forse qualche uccellino e nulla più. E ancora tanta gente in ginocchio a chiedere la misericordia di Dio, confessandosi dai tanti sacerdoti che hanno accompagnato i vari capitoli». Una testimonianza ulteriore è stata costituita infatti dall’«ardore missionario» dei sacerdoti. Sempre disponibili per un colloquio, una confessione, una benedizione, per offrire le loro meditazioni durante il cammino». Anche la loro fedeltà all’abito sacerdotale, malgrado il caldo e la fatica, è stata una vera rivelazione per un diciassettenne che ha commentato: «Ma sono dei supereroi, sempre in talare dalla mattina alla sera».
Un pellegrinaggio che si è fatto missione anche verso le persone incontrate lungo il cammino: «passando per Parigi e per tanti paesini abbiamo salutato le persone lasciando loro un rosario o un’immaginetta: è già una forma di evangelizzazione. Una coppia di giovani si è fermata a parlare con un clochard a Parigi. E pensiamo anche all’eco che il pellegrinaggio ha avuto sulla tv francese, che ne ha parlato molto e ha trasmesso la Messa di Pentecoste».
«Le notti in tenda hanno aumentato la fatica dei 100 km percorsi, ma queste sfide si sono trasformate in una preziosa opportunità», racconta una giovane coppia, Francesca e Marco (lei è già alla sua 8° edizione). «La preghiera, la consapevolezza dell'aiuto costante della Madonna, il soccorso fraterno nelle difficoltà ci hanno sostenuto durante il cammino diventano una potente metafora della vita cristiana». Anche loro sottolineano lo stupore al vedere «19mila persone in ginocchio e in profondo silenzio durante le Messe: ci hanno ricordato che nell’Eucaristia c’è veramente Gesù da adorare». E tutto questo ha contribuito a «creare nuove amicizie fondate sulla fede o rafforzare quelle esistenti».
«Come sacerdote è stata una boccata di ossigeno spirituale a pieni polmoni», racconta don Daniele, uno dei cappellani del capitolo italiano: «vedere la profonda comunione, la preghiera, la condivisione anche nella quotidianità, la sintonia tra questi ragazzi e ragazze legati da un autentico afflato spirituale è stato edificante per noi sacerdoti, fa gioire il cuore di speranza viva». Don Daniele racconta i «brividi» nel vedere migliaia di persone in silenzio, raccolte in preghiera durante la Messa». E confida che la possibilità di «stare a fianco di tante persone, anche straniere, per un consiglio o per dispensare la grazia di Dio nella confessione è stata un’occasione preziosa di donarmi come il Signore vuole», «un momento alto», aggiunge, «che mi dà la carica anche nelle difficoltà della vita sacerdotale quotidiana. Una commozione veramente profonda che ci fa dire che c’è tanta speranza per la vita della Chiesa, che c’è futuro».
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