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LA SVOLTA CHE SERVE

Centrodestra e temi morali: ok, ma fino a un certo punto

La destra italiana è più incline a conservare lo status quo, non fa dei diritti civili una bandiera, ma solo per calcoli elettorali. Prova ne è che non intende abrogare leggi ingiuste, dal divorzio in poi. Spesso, inoltre, la vita dei leader di destra rispecchia le “conquiste” della sinistra. Rimane però una differenza - con radici lontane - che rende opportuno interloquire con la destra per svoltare sui temi morali.

Editoriali 29_07_2022

Cade il governo e decadono anche i diversi disegni e proposte di legge tra cui quello sulla liberalizzazione della cannabis, sull’omofobia (Ddl Zan) e sul suicidio assistito. La vittoria su queste materie non è arrivata per KO, ma ai punti, perché i round erano finiti. Cosa accadrà dopo le elezioni su tali tematiche e su altre ugualmente sensibili? Ovviamente molto dipende da chi vince. Se la spuntasse il centro-sinistra (il lettore ci perdoni simile semplificazione) cannabis, omofobia ed eutanasia verrebbero riproposte. E se invece vincesse il centro-destra? La risposta è un poco più articolata.

Posto che abbia ancora senso parlare di sinistra e destra italiana, quest’ultima per sua natura è meno propensa a fughe in avanti, bensì più incline a conservare lo status quo. Uno status quo che però è meramente storico, sociale e quindi culturale, non morale. Un allineamento alla sensibilità dominante della propria base elettorale perché è quella che ti permette di governare. Urtarla significherebbe perdere i consensi. Tentiamo di spiegarci meglio.

Oggi la destra italiana, nella generalità dei casi, non promuoverebbe né appoggerebbe una legge sul suicidio assistito, ma non perché nel suo DNA ci sia la difesa intransigente della vita dal suo sorgere al suo naturale tramonto. Se così fosse, avrebbe ad esempio già lanciato da tempo campagne contro la legge sull’aborto e quella sull’eutanasia. La destra non si farà promotrice, eccetto sotto ricatto, di un disegno di legge sul suicidio assistito solo perché il popolino non l’ha ancora accettato, solo perché tale pratica non è ancora entrata nel tessuto sociale italiano. Se ciò fosse avvenuto e ci fosse già una norma che lo legittimasse, la destra, probabilmente, non muoverebbe un dito per cancellare simile norma.

Abbiamo la prova della validità di questo ragionamento se, invece di guardare al futuro, guardiamo al passato, ossia alle leggi ingiuste già approvate sulle tematiche eticamente sensibili. Meloni-Salvini-Berlusconi di certo non si muoveranno, non diciamo per abrogare, ma almeno per limitare la portata nociva della 194. Pensiamo ad esempio a quanto si potrebbe fare per contrastare l’aborto chimico in pillole. Non è mera deduzione, ma un’affermazione avvalorata dai fatti: Meloni e Salvini (insieme ad altri esponenti del centro-destra) in occasione del tanto contestato Congresso Mondiale delle Famiglie tenutosi a Verona nel marzo del 2019, avevano esplicitamente affermato che la 194 non si tocca, così come il divorzio. In modo analogo non metterebbero mano a leggi come la 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale (anche perché votata a suo tempo dallo stesso centro destra), la Cirinnà sulle unioni civili, la 219 del 2017 sull’eutanasia. Non possono toccarle perché perderebbero consensi e li perderebbero perché si sarebbero spinti ben al di là di quello che la sensibilità corrente potrebbe tollerare. Inoltre si creerebbero fratture all’interno dei loro stessi partiti. Conservatori sì, ma fino ad un certo punto e il punto è sempre la poltrona.

Non c’è solo il fattore “voto” a condizionare le scelte degli esponenti di centro-destra, ma anche le convinzioni personali. Questi leader sono intimamente persuasi che i principi non negoziabili non sono tali e infatti, in genere, la loro vita privata è specchio fedele delle conquiste del fronte progressista. I principi che hanno guidato le forze rivoluzionarie lungo il corso della storia hanno spesso ricevuto concretezza nella biografia di questi politici, hanno innervato le loro esistenze con divorzi, convivenze, aborti e figli in provetta. Ciò vuol dire che le premesse culturali sono identiche. L’unica variabile sta nel fatto che, in genere, non si farebbero loro promotori di norme per legittimare l’utero in affitto, l’omogenitorialità, l’omicidio del consenziente, etc. perché, per ora, tutto ciò è lontano dalla sensibilità del loro bacino elettorale. Ma, come detto, un domani i loro eredi politici, cambiata la sensibilità del loro elettorato in senso più liberal, non ci penserebbero due volte ad assecondarlo.

Dunque, la mentalità secolarizzata, liberale, progressista, nichilista e relativista non è solo appannaggio dell’area culturale levantina, ma è da tempo ormai incardinata anche a destra, seppur con toni meno accesi, non facendo dei cosiddetti diritti civili una bandiera, né volendo per essi ingaggiare battaglie di rivendicazione sociale. Le mete, nel campo dei temi eticamente sensibili, alla fine sono le medesime a sinistra e a destra, è la velocità di avvicinamento alle mete ad essere più lenta.

Ma è solo questa la differenza sui temi morali tra sinistra e destra? Stessi obiettivi, ma a velocità diverse? No, nella destra coesiste, insieme alle derive culturali più ideologizzate, anche una certa, seppur vaga, sensibilità per la vita, la famiglia, la patria, la libertà educativa e il trascendente. Se Monica Cirinnà tenne in mano un cartello con su scritto “Dio, patria, famiglia, che vita de merda”, Giorgia Meloni non terrà mai in mano un simile cartello, ma nemmeno uno con su scritto “W Dio, la patria e la famiglia”. Culturalmente l’impegno politico della destra affonda le sue radici in antichi valori che palpitano sommessi, come braci non ancora spente, sotto ampi strati di cenere, la cenere della civiltà cristiana. Ecco perché è assolutamente opportuno spendere tempo e risorse per interloquire con gli esponenti di quest’area politica, perché in alcuni casi è possibile influenzarli positivamente, dal momento che non hanno sposato formalmente alcuni costrutti ideologici. Ecco perché, inoltre, potrebbe essere efficace fare lobby pro-life e pro-family e dimostrare loro che una politica a favore della vita e della famiglia può essere vincente anche nelle urne (ma tempo ne deve passare prima che in Italia possano nascere simili lobby).

Un autentico politico di sinistra non scenderebbe mai a compromessi con la propria coscienza devastata dal politicamente corretto, anche allettato dalla promessa di portargli un bel numero di voti. Invece e in genere il politico di destra, seppur sostanzialmente laicizzato come il suo collega sinistrorso, conserva una certa seppur indistinta e fragile sensibilità sui temi morali e, se invogliato da un significativo tornaconto, si potrebbe anche esporre sugli stessi. Ma ciò, lo ripetiamo, non potrebbe mai portarlo a tentare di cambiare lo status quo, ad invertire la rotta ad esempio provando ad abrogare alcune leggi ingiuste. Il massimo obiettivo che si potrebbe ottenere sarebbe quello di evitare il peggioramento della situazione esistente. Non un suo miglioramento. Stabilizzare il male, non curarlo.

Perché ci sia invece un’inversione ad U sui temi morali, una svolta politica, così come è accaduto di recente in Usa con la sentenza Dobbs che ha ribaltato la Roe vs Wade, occorre prima una svolta culturale. Solo quando buona parte della coscienza collettiva avrà mutato orientamento morale allora ci saranno le premesse per un cambio di passo anche in politica. Ma i cuori e le teste delle persone cambieranno solo se incontreranno Dio, solo se dalle urne uscirà vincitore il partito di Dio.