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EDITORIALE

Caos immigrati Ue non pervenuta

I leader europei cresciuti nel Sessantotto, negli anni della "fantasia al potere", dimostrano di non aver alcun senso della realtà. Di fronte a un'ondata senza precedenti di mezzo milione di immigrati, si perdono nei dettagli delle quote e finiscono per incoraggiare nuovi arrivi, senza sapere che fare dopo.

Editoriali 16_09_2015
Emigranti sulla rotta dei Balcani

Secondo dati diffusi da Bruxelles, dall’inizio dell’anno fino a questi giorni circa 500mila migranti e profughi hanno raggiunto il territorio  del l’Unione Europea, la maggior parte di loro via mare attraverso il Mediterraneo.  Nel 2014 in tutto l’anno se ne erano contati 280mila. Di fronte a un fenomeno  di queste dimensioni, inimmaginabile quando vennero siglati gli accordi sulla circolazione delle persone nell’Unione, ma nient’affatto giunto come un fulmine a ciel sereno, ci si sarebbe aspettati che i leader europei si accordassero per tempo su una politica comune, aggiornassero gli accordi e predisponessero tutto quanto è necessario per affrontare seriamente il problema. Niente invece di tutto questo.  

Non solo non si sono preparati tempestivamente, ma neanche riescono a gestire in modo razionale l’emergenza. “L’immaginazione al potere” era una delle parole d’ordine gridate orgogliosamente dai manifestanti nelle università occupate del ’68. Oggi che, a quasi cinquant’anni dal ’68,  è al potere la generazione che si formò in quegli anni, e ancor più quella che è stata educata da chi si formò in quegli anni, vediamo che non di immaginazione si tratta, ma anzi del suo contrario. L’astrattezza, la mancanza di visione, una radicale incapacità di cogliere la realtà delle cose in tutti i suoi fattori, l’improvvisazione  sembrano essere ciò che più accumuna oggi l’élite sessantottina e post-sessantottina al governo in ogni parte d’Europa.  Lasciando stare il Nostro, che in questi casi viene lasciato fuori (o magari non c’è perché è andato a New York a vedere la finale imperdibile di un torneo di tennis), fanno impressione anche le giravolte degli altri, compresa l’apparentemente tetragona Angela Merkel.

Nemmeno di fronte a un’emergenza del genere i leader europei sono capaci di fare un piano che consideri la questione nel suo complesso e la affronti in tutti i suoi aspetti. Non si va oltre la ricerca di soluzioni immediate che poi ben presto provocano l’aggravamento delle situazioni che pretendevano di risolvere. Si fanno dichiarazioni estemporanee senza rendersi conto della loro eco immediata ovunque, e dell’effetto che possono avere là dove i flussi migratori originano. Ci si accapiglia su pseudo-problemi, come quello delle quote, senza capire che se non si riesce a fermare i migranti alle frontiere esterne dell’Unione tanto meno si potrà impedire loro, una volta entrati, di andare dove preferiscono. Si costruiscono cortine de ferro senza rendersi conto che erigere un ostacolo fisso porta con sé, se si vuole che funzioni, anche la disponibilità a sparare per impedire che venga superato: una disponibilità che (per fortuna) in Europa oggi non ha nessuno. Si spalancano le porte e poi non si sa più dove  mettere quelli che arrivano. Se si è un Paese di transito e non di ultima destinazione ci si fa belli accogliendo i migranti col solo obiettivo di farli proseguire oltre il più presto possibile.

Si assiste poi in questi giorni, sulla ribalta mediatica, a un mutamento terminologico preoccupante: i “migranti” si stanno trasformando tutti in “profughi”. Qualcuno, come lodevolmente qualche inviato della Bbc, continua a parlare di “migranti e profughi”, ma questa accuratezza diventa sempre meno frequente. E in sede politica c’è già chi irresponsabilmente comincia a dire che tale distinzione non ha senso, che tutti coloro i quali lasciano fortunosamente il loro Paese per necessità sono perciò stesso tutti quanti profughi. Si sta insomma trasformando il dovere dell’accoglienza in un diritto all’invasione (per il momento) non-violenta. Con questo mancando di rispetto in primo luogo agli immigrati regolari che a ogni piè sospinto devono spendere soldi e tempo in esose e complicate pratiche amministrative. In una vasta fetta di mondo che va dall’Afghanistan all’Africa sub-sahariana passando per il Vicino Oriente e il Corno d’Africa si creano così delle aspettative che ben presto diventeranno insostenibili anche nell’occidente dell’Unione come già lo sono nell’oriente, con tutte le tensioni che ne deriveranno. C’è qualcuno nei palazzi della politica europea che se ne rende conto?