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IL CASO

Bella, la bimba che ha beffato la "dolce morte"

Il miracolo della vita ce lo racconta, in questo Natale appena trascorso, la piccola Bella Moore Williams. Una bambina inglese che, a soli 18 mesi, ha sconfitto le previsioni dei medici che la davano per morta, ha vinto sulla disperazione dei suoi genitori ed è sopravvissuta all’eutanasia, gridando al mondo che la vita è di Dio.

Vita e bioetica 31_12_2015
Bella Moore Williams

La vita è un mistero infinitamente più grande dell’uomo. Dal momento in cui quelle due cellule di mamma e papà si uniscono nel grembo materno, sino a quando, ad ognuno, tocca l’ultimo respiro, la vita è un eccezionale miracolo che va oltre l’uomo. Non un diritto, ma il più grande dei doni. Può così l’uomo giocare al piccolo Frankestein, creando e disfando vite a suo piacimento, eppure non esistono diritti (fasulli) o qualità della vita (millantate) che reggono di fronte all’evidenza: la creazione non è dell’uomo, l’inizio e la fine di ogni vita non sono nelle sue mani. 

Il miracolo della vita ce lo racconta, in questo Natale appena trascorso, la piccola Bella Moore Williams. Una bambina di Essex (Gran Bretagna) che, a soli 18 mesi, ha sconfitto tutte le previsioni dei medici che la davano per morta, ha vinto sull’accecante disperazione dei suoi genitori ed è sopravvissuta all’eutanasia, gridando al mondo che la vita è di Dio. E nonostante i medici, sicuri, le avessero staccato la spina del ventilatore che le permetteva di respirare, e i genitori, tra lacrime di disperazione, avessero scattato la loro ultima tragica fotografia insieme, Bella ha ricominciato inspiegabilmente a respirare e, nel giro di trenta minuti, si è ripresa a tal punto da scalciare e urlare a gran voce, lasciando i presenti letteralmente sconvolti.

La storia ha inizio lo scorso aprile, quando la bambina di 14 mesi comincia a perdere ciocche di capelli. Non riesce a stare seduta sul seggiolone ed ha sempre meno forze. I genitori, Francesca e Lee, assai preoccupati, la portano in ospedale, ma i test effettuati non rilevano alcuna particolare causa. I medici ipotizzano che si tratti di una forma particolare di asma, visto che la bambina aveva già sofferto in precedenza di infezioni polmonari. Così, con la diagnosi e la relativa cura, la bambina viene dimessa. Passano però meno di tre mesi e, nel mezzo di una vacanza della famiglia in Gran Canaria, le condizioni di salute di Belle iniziano a precipitare in modo incontrollato: la piccola è totalmente priva di energia, si regge a stento aggrappata alla madre. 

La famiglia si vede così costretta a rientrare d’urgenza in Inghilterra e Bella viene immediatamente ricoverata al Colchester Hospital di Essex. Inizia così il calvario di questa piccola creatura e della sua famiglia. I primi test effettuati mostrano che gli arti inferiori sono totalmente privi di funzionalità.  Nel frattempo la bambina continua a peggiorare, fino a perdere coscienza. Viene subito intubata, attaccata ad un ventilatore per la respirazione e poi trasportata, di corsa, all’Ospedale Addenbrooke di Cambridge, dove ci sono strumentazioni più adeguate. La bambina è inserita nel reparto di terapia intensiva e nel mentre una risonanza magnetica rivela che il cervello di Belle riporta gravi anomalie su entrambe i lati. Il responso che i medici consegnano ai genitori è agghiacciante: la bambina è affetta da una malattia genetica mitocondriale, allo stato terminale. 

I giorni passano e Bella sta sempre peggio. Si tentano tutte le cure possibili, ma nessuna di queste restituisce segnali positivi. Provano anche a togliere il ventilatore, ma si trovano costretti a reintubare subito la piccola che da sola non respira più. Francesca e Lee, sono distrutti dal dolore. Vedono la la figlioletta spegnersi, giorno dopo giorno, e non possono fare nulla. I medici non lasciano spazio alla speranza, le condizioni sono troppo gravi: “I medici – spiega  mamma Francesca - non volevano che noi ci aggrappassimo ad alcuna speranza perché tutti i segnali mostravano che si trattava di una malattia incurabile e allo stato terminale. Per ben tre volte ci dissero che la piccola non avrebbe potuto sopravvivere. Così non ci rimaneva che stare al suo capezzale a pregare”.  

Il 21 luglio i medici comunicano ai genitori che è tempo di dire definitivamente addio a Bella. La loro posizione è inamovibile: a livello clinico, nulla di positivo sarebbe potuto accadere, la morte di Bella è certa. Anzi, per loro è come se fosse già avvenuta. Così, insieme alla “diagnosi” di morte sicura, anche la speranza dei genitori annega totalmente nella disperazione: Francesca e Lee acconsentono a spegnere la macchina che fa respirare la piccola e insieme firmano i moduli di consenso per impedire la rianimazione e non adottare alcuna misura speciale per tenere in vita la loro figlia.

Intanto vengono chiamati tutti i parenti, che salutano Bella, uno a uno. “Era straziante – dice Francesca - vedere i miei famigliari distrutti dal dolore, con il cuore spezzato. Ora ho un grande senso di colpa per averli chiamati a dire addio a Bella e per aver fatto vivere a tutti questo immenso dolore”. Poi la stanza si svuota e rimangono al capezzale di Bella solo mamma, papà e Bobby, il fratello di 5 anni: scattano un’ultima tragica foto insieme. Il tempo è scaduto, la macchina è spenta.  Mentre i genitori aspettano di vedere la loro piccola spirare, accade però qualcosa di oggettivamente inspiegabile. Bella inizia a muovere la mano che poco prima giaceva inerme sopra quella del papà: la bambina che tutti davano per morta ricomincia da sola a respirare e nel giro di trenta minuti, scalcia e urla in quel letto che per tutti era ormai la sua bara. 

Sono trascorsi cinque mesi, da quel tragico momento: contro ogni previsione, oggi Bella cammina, inizia a parlare e la sua testolina è coperta di capelli biondi, come quelli degli angeli. Ha trascorso il Natale con la sua famiglia e il suo sorriso puro e vivace grida al mondo: la vita è di Dio.