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CALCIO

Ascoli e i suoi fratelli: le "Provinciali" vanno in paradiso

Una volta le chiamavano “Provinciali”. Sono le piccole squadre che arrivano in serie A, spesso grazie ad un ottima gestione artigianale, da veri artisti del pallone. Dopo il Carpi, adesso è il turno del Frosinone che con anticipo festeggia la conquista della serie A dopo un anno di serie cadetta condotto alla grande. 

Sport 20_05_2015
Costantino Rozzi con i suoi mitici calzini rossi

Una volta le chiamavano “Provinciali”. Sono le piccole squadre che arrivano in serie A, spesso grazie ad un ottima gestione artigianale, da veri artisti del pallone. Dopo il Carpi, adesso è il turno del Frosinone che con anticipo festeggia la conquista della serie A dopo un anno di serie cadetta condotto alla grande. Appena sei anni fa il Carpi giocava in quinta serie, ha chiuso l'ultimo bilancio con un attivo di 51mila euro e scorrendo la sua rosa si trovano appena quattro stranieri. La favola del calcio si ripete ancora. Il Frosinone due anni fa era in C1, l’anno prossimo potrà giocare Frosinone – Juventus in serie A, dopo che la sfida era già andata in onda nel campionato cadetto 2007/2008.

L'icona di queste squadre e di queste realtà sportive, a mio giudizio, rimane l'Ascoli del duo Rozzi-Mazzone. Per circa dieci anni, gli Anni '80 soprattutto, quella squadra e quel presidente rappresentarono l'Italia calcistica profonda, contro lo strapotere delle cosiddette grandi. «Sono quello che sono e me ne vanto», diceva Costantino Rozzi nel 1992, «Berlusconi è un'altra cosa, d'accordo. Ma dategli il mio portafoglio, una piccola città come Ascoli e vediamo se riesce a fare 15 campionati di serie A», Questo era il presidentissimo, uno che guardava le partite della sua squadra indossando un paio di scaramantici calzini rossi, un uomo che fu chiamato a fare il presidente da alcuni amici imprenditori sul finire degli Anni '60. Si trovavano al bar “Trieste” per costruire il rilancio dei bianconeri e pensarono a lui come presidente, per la determinazione e il carattere che tutti gli riconoscevano. 

Rozzi era un tuttofare, qualcuno dice un padre-padrone. «Il direttore sportivo non l'ho mai avuto, perché faccio tutto io. I pochi soldi che ci sono ho sempre cercato di adoperarli bene, altro che buttarli dalla finestra per un ds che, tra una cosa e l'altra, costa un occhio della testa». Divenne protagonista indiscusso del mitico “Processo del lunedì” di Aldo Biscardi, lui era l'avvocato difensore di tutte le Provinciali di allora, il Catanzaro, il Pisa, l'Avvellino, l'Empoli.  Le sue sfuriate, per quanto colorite, erano attraversate da alcune intuizioni che avevano un certo tono di profezia. La disparità tra le cosiddette grandi e le Provinciali, che lui voleva colmare dividendo meglio le risorse disponibili, magari copiando dal basket americano; il rischio rappresentato da un torneo europeo tra le big che oscurasse i tornei nazionali; l'impoverimento tecnico della nazionale, per lui dovuto anche all'eccesso di giocatori stranieri nelle nostre squadre. E poi la critica feroce ai maxi ingaggi.

Possiamo immaginare come avrebbe reagito “Costantì” alla recenti dichiarazioni di Lotito di fronte alla promozione del Carpi. «Se me porti su il Carpi... noi fra due tre anni non c'abbiamo più una lira», ha detto il presidente della Lazio, preoccupato della difficoltà di vendere i diritti Tv per le troppe Provinciali in serie A. Costantì, come minimo l'avrebbe preso per “lu collu”. Grazie ai racconti di “Tonino Carino da Ascoli” lo stadio Del Duca, voluto e costruito da Rozzi stesso, si mostrava un campo ostico per tutte le squadre, e il binomio Rozzi-Mazzone uno straordinaria miscela di italianità genuina. A dispetto degli esteti radical-chic, il primo africano ad esordire in seria A ha indossato proprio la maglia dell'Ascoli nel 1981. La sua figurina Panini, per chi ha l'età giusta, la ricordiamo con un certo sapore esotico, si trattava del giovanissimo Francois Zahoui, un attaccante ivoriano che, all'occorrenza, poteva giocare mezza punta. Costò 10 milioni di vecchie lire e fu messo a libro paga con il minimo sindacale, 1 milione e 200mila lire. 

Le Provinciali hanno sempre fatto di necessità virtù, mostrandosi anche profetiche. Il tiki-taka del Barcellona di Guardiola, non molti lo sanno, è nato a Terni, per opera del mitico Corrado Vinciani, l'allenatore che nel 1971 portò gli umbri in serie A. Fu il primo a predicare il “gioco corto”. «I purosangue li hanno gli altri», diceva Vinciani, «Io, con rispetto degli asini, ho degli asini come giocatori, non posso permettermi lanci lunghi, invenzioni e fantasie». Non sappiamo cosa ne pensassero i suoi calciatori, ma lui li faceva correre tanto: squadra cortissima, passaggi alla tiki-taka e pressing. Quarant'anni fa questa era roba da marziani, gli altri, infatti, giocavano con squadre lunghissime, il libero e lo stopper a spazzare l'area. La fantasia al potere, anche questo sono le Provinciali in serie A. Roba del miglior artigianato italiano. Oggi il direttore sportivo del Carpi, per spiegare il successo dei modenesi, dice: «Abbiamo fatto in modo che la realtà collimasse con l'immaginazione». 

Costantino Rozzi diceva che «nella vita non bisogna arrendersi mai. La rovina può arrivare sempre, anche in zona Cesarini. Nei momenti cioè in cui si allenta la presa. Ma perché parliamo di successo, che in realtà non esiste? Il successo di un uomo è arrivare a fare le cose per le quali si sente portato, in cui può inventare, creare qualcosa..».  Durante la stagione 1979-80, mentre l'Ascoli correva per un posto in coppa Uefa, il presidentissimo parlava alla squadra. «Cari ragazzi, per guardare il cielo bisogna mantenere i piedi per terra». A suo modo, una lezione di teologia. Che le Provinciali conoscono bene.