Aborto senza limiti di tempo, la Gran Bretagna sfonda il tabù
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Il Parlamento inglese modifica il Crime and Policing Bill consentendo l'aborto senza limiti di tempo e non come adesso fino alla 24esima settimana. Cade un limite giuridico e morale voluto dal premier Starmer che spalanca a una spirale pericolosa.

Martedì 17 la netta maggioranza dei deputati e delle deputate del Parlamento inglese (379 contro 137) ha votato una modifica del Crime and Policing Bill a proposito della cosiddetta interruzione di gravidanza (Ivg). Interruzione, per non dire «soppressione di gravidanza», che in Gran Bretagna è ammessa dal lontano 1967 (Abortion act), ma solo entro la 24esima settimana dal concepimento e con l’assenso scritto di almeno due medici.
L’attuale depenalizzazione invece, sostenuta con gran forza dai progressisti e avversata dai vescovi e da molti conservatori, permetterà ora a tutte le donne maggiorenni del regno di non essere mai «inquisite o processate» a causa di un aborto volontario. E ciò, questa la sconvolgente novità, senza alcun limite di tempo rispetto al concepimento e alla nascita del bambino. L’emendamento dovrà terminare il suo iter legislativo presso le due camere del Parlamento certo, ma la situazione per la vita umana in Gran Bretagna appare preoccupante. Anche perché lo stesso premier Keir Starmer ha detto di appoggiare l’aberrante emendamento.
Cade quindi in un paese importante dell’Europa occidentale, un limite giuridico e morale che i pro aborto hanno sempre dichiarato come logico e necessario. Il limite etico e medico all’aborto procurato, da praticarsi comunque entro alcuni periodi «rigidamente» previsti dalla legge sulla base dello «sviluppo del feto».
Shabana Mahmood, ministro della giustizia inglese, si è dichiarata contraria, benché laburista, alla riforma della legge in senso anti vita. Esprimendo a più riprese «vive inquietudini» a proposito di queste «modifiche legislative» che potranno, secondo lei, «incitare le donne» ad abortire in «condizioni pericolose», per esempio «a domicilio».
La legge del 1967 prevedeva, per la verità, la possibilità dell’aborto anche dopo la 24esima settimana, ma solo nel caso raro ed estremo del «rischio di vita» della donna incinta, da operarsi d’urgenza. Del resto, la stampa laica ignora che per la morale cristiana, non è illecito operare la donna per cercare di salvarla, per esempio da un tumore maligno, correndo il rischio di causare la morte dell’embrione che porta. Purché il medico operi con l’obiettivo di «salvare una vita» (in questo caso quella della madre) e non con l’intenzione di sopprimerne una (quella del nascituro).
La deputata Tonia Antoniazzi, laburista, ha presentato l’emendamento appena approvato, dandogli un senso fortemente liberale e libertario: la polizia e la magistratura, in definitiva, non potranno più chiedere conto alla donna che ha abortito, e questo in pratica fino al momento della nascita dell’infante. Il che è purtroppo già possibile e legale in tantissimi paesi del mondo: dalla Cina alla Russia, da alcuni stati americani all’India, ed anche in Francia, Scandinavia e Belgio quando si tratta del cosiddetto «aborto terapeutico» (per esempio per evitare la nascita di un bambino affetto da malattia giudicata «invalidante» e «inguaribile» come l’autismo).
Un’altra deputata della sinistra inglese, Stella Creasey, ha proposto che cadessero altri «paletti» della legge del 1967. E che dunque l’aborto fosse ormai considerato a Londra, esattamente come a Parigi, come un «diritto assoluto della donna». Ma questo emendamento non è passato. Come non è passato un emendamento del campo conservatore, dovuto a Caroline Johnson, che aveva chiesto alla Camera di istaurare «l’obbligo di un consulto medico» prima della prescrizione di una qualunque «pillola abortiva».
Secondo Il Post, il successo dell’emendamento pro aborto, definito di «decriminalizzazione», è dovuto al fatto che recentemente varie donne sarebbero state processate per aver abortito oltre i termini di legge: il loro numero ammonterebbe a «più di 100 negli ultimi dieci anni», e ad «almeno sette dal dicembre del 2022».
Ma entrare in questa spirale è pericoloso. Se molti violano la legge, si deve cambiare la legge e alleggerirla, o rafforzarla? Abolire qualunque limite di velocità come risposta «etica» ai pirati della strada è forse la soluzione, quando non si riesce a far rispettare una norma? Il vero problema è che le tre ideologie denunciate da oltre un mese da papa Leone, «l’indifferentismo, il materialismo e l’individualismo» ci stanno impedendo di cogliere l’ovvio: ogni vita, di qualunque essere umano, in qualunque condizione, inizia dal concepimento.