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BRUXELLES

Aborto libero in Europa con la pillola dei 5 giorni dopo

L'Agenzia europea delle medicine (EMA) decide di rendere Ulipristal un semplice farmaco da banco, malgrado i ben noti effetti abortivi. Ora si attende l'approvazione della Commissione Europea, che potrebbe di fatto imporla a tutti i paesi dell'Unione. Un vero e proprio accanimento contro il concepito.

Vita e bioetica 23_11_2014
Ellaone

È così, dai e poi ridai, qual è stata la pensata dei farmaburocrati dell'Agenzia europea delle medicine (EMA) per risollevare l'agonica dinamica demografica di un continente sempre più avviato alla gerontoendemia? Rendere Ulipristal, la pillola dei cinque giorni dopo, un semplice farmaco da banco. È questa la notizia che dal 21 novembre possiamo leggere sul sito ufficiale dell'agenzia che regola e vigila sui farmaci commerciati in Europa.

Pensate che sia interessato sapere che questa molecola, come la RU-486, blocca l'azione del progesterone, l'ormone che rende possibile la gravidanza? Pensate che abbia indotto qualche turbamento il fatto che Ulipristal modifichi l'endometrio in modo da prevenire l'annidamento dell'embrione? Se lo pensate siete dei poveri illusi. Da Bruxelles hanno fatto questo discorso: se la pillola dei cinque giorni dopo non mostra di essere più rischiosa della pillola del giorno dopo già venduta come prodotto da banco in molti paesi europei, perché anch'essa non dovrebbe essere sottoposta allo stesso regime di vendita?

Il ragionamento non fa una piega se non fosse per almeno tre problemini comprensibili a prescindere da qualsiasi prospettiva etica. Primo: mica tutte le donne pensano che l'embrione sia un materiale biologico equivalente a quello rinvenibile in altre cavità del corpo umano. Lo attesta tutta la letteratura scientifica, da quella prodotta da Joseph Stanford, della Scuola di Medicina dell'Università dello Utah, a quella di Cristina Lopez del Burgo e Jokin de Irala, del Dipartimento di Salute Pubblica dell'Università di Navarra, ai contributi di John Campbell, dell'Università del Sud Carolina, per giungere allo studio Y-VarViac sugli adolescenti italiani e allo studio BBVA-II condotto su 22.500 soggetti di 15 nazioni.

I risultati dimostrano senza alcuna eccezione che un cospicuo numero di donne ritengono moralmente rilevante il meccanismo d'azione dei farmaci venduti come contraccettivi e molte di queste non vorrebbero assumere una sostanza anche solo potenzialmente in grado d'interferire con la vita del concepito. Si vorrà rispettarle? Ho serissimi dubbi che si prestino allo scopo le due righe della scheda tecnica dell'Ulipristal dove per descriverne il meccanismo d'azione si dice: «L'ormone sessuale progesterone gioca un ruolo nel tempismo dell'ovulazione e nel preparare l'interno dell'utero a ricevere l'ovocita fecondato [...] Attraverso le sue azioni sui recettori del progesterone ellaOne impedisce la gravidanza principalmente impedendo o ritardando l'ovulazione».

"Ovocita fecondato"? Ma che al momento dell'eventuale annidamento in sesta-decima giornata di sviluppo la cellula uovo non ci sia più da un bel pezzo è nozione non pervenuta agli esperti EMA? Se anche avessero avuto ribrezzo d'impiegare il termine troppo umanizzante di "embrione", almeno avrebbero potuto mostrare un minimo di accuratezza scientifica adottando il termine "blastocisti".  Viene poi da chiedersi che valenza abbia quel "principalmente" usato per magnificare l'effetto antiovulatorio. Chi dirà alle donne che quando l'LH ha raggiunto il picco il supposto meccanismo d'azione "principale" si verifica in solo l'8% dei casi ed in misura indistinguibile dal placebo? Se c'è quindi da dubitare che una distribuzione senza filtro medico non possa andare a detrimento del diritto di scelta elevata a dogma dai corifei dei diritti riproduttivi, si rimane basiti dal fatto che nella decisione dell'EMA si affermi che "ellaOne funziona meglio se assunta entro 24 ore" dal rapporto sessuale. E quale sarebbe lo studio che lo attesta?

Chi conosce la materia era rimasto alla metanalisi di Anna Glasier secondo cui l'assunzione nelle prime 24 ore aveva condotto a 5 gravidanze su 312 (1,60%), mentre l'assunzione tra la 25ª e la 120ª ora aveva condotto a 10 gravidanze su 629 (1,59%). Come accada che l'1,60% di probabilità sia inferiore all'1,59% è davvero un mistero: sarà il buco nell'ozono? Sarà l'effetto serra? È colpa del Niño? Sono gli influssi astrali? Attendiamo lumi dagli esperti senza volto che hanno stilato il parere, magari allegandovi una completa disclosure (rivelazione) sugli eventuali conflitti d'interesse.

Un paio di cose sembrano assodate. Il rischio che la disponibilità di prodotti post-coitali disponibili come caramelle espettoranti o pillole lassative conduca soprattutto gli adolescenti a comportamenti sessuali a maggiore rischio di malattie sessualmente trasmesse e di gravidanze indesiderate è una possibilità evidenziata in due recenti studi che contraddicono precedenti risultanze. È quanto mettono nero su bianco in una loro monografia proprio i Professionisti della Salute Riproduttiva americani, di certo non arruolabili tra i paladini delle istanze pro-life.

Il secondo aspetto è quello che mostra come tutti i tentativi di allargare l'accesso alla pillola del giorno dopo abbiano dimostrato un impatto pari a zero sulla popolazione generale per quanto riguarda le gravidanze indesiderate e gli aborti, nonostante l'incremento dell'uso di tale pillola. Poiché ad oggi non è disponibile nessuno studio analogo per ulipristal, non appare irragionevole interrogarsi circa i reali obiettivi della decisione assunta.

Se approvata dalla Commissione Europea la decisione varrà per ogni stato aderente all'Unione. Restano ancora da definire i margini di manovra per i singoli paesi. Certo che se questo è l'accanimento contro il concepito, diventa ancora più pressante l'esigenza che le forze del bene, soprattutto quelle deputate alla ricerca nelle Università, si diano da fare con investimenti per trovare il modo di rendere scientificamente evidente la presenza di un essere umano anche prima che questi si sia annidato nell'endometrio.