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LA DECISIONE DEL TRIBUNALE COSTITUZIONALE

Aborto in Cile, la libertà religiosa segna "rosso"

Il Tribunale Costituzionale deciderà se in Cile l’aborto è diventato legale. E cioè se la madre potrà decidere di sopprimere il feto in tre casi. Dopo l'appello del vescovo Medina Estevez anche l'analista del Population Research Institute mette in risalto il rischio libertà religiosa degli operatori sanitari. Ma in Vaticano intanto si invita a parlare proprio la presidenta andina.

Ecclesia 20_08_2017
La presidenta Bachelet firma la legge di depenalizzazione dell'aborto

Domani, 21 agosto, il Tribunale Costituzionale deciderà se in Cile l’aborto è diventato legale. E cioè se la madre potrà decidere di sopprimere il feto in caso di rischio per la sua vita, di difetti congeniti nel feto che potrebbero portare alla morte e in caso di stupro. Il voto parlamentare è stato accompagnato da molte polemiche. Il Cile era uno dei sei Paesi al mondo in cui l’aborto era proibito in ogni caso. Lunedì prossimo, 21 agosto, il tribunale Costituzionale deciderà se la legge è accettabile o no da un punto di vista costituzionale.

Ha fatto scalpore in questi giorni di dibattito infuocato una lettera del cardinale Medina Estevez, vescovo emerito di Valpairaso, che ha affidato al quotidiano El Mercurio la sua opinione, ribadendo l’insegnamento della Chiesa, che proibisce di dare la comunione a politici che si dichiarino cattolici e allo stesso tempo votino in appoggio all’aborto.

Il canone 915 del Codice di diritto Canonico stabilisce che “Non siano ammessi alla sacra Comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto”.

Nella sua lettera, il porporato definisce “un’atrocità” la decisione di decriminalizzare l’aborto; e sottolinea che la parola “decriminalizzare” in realtà è un eufemismo che nasconde “l’atroce realtà dell’assassinio legalizzato di un innocente”.

Medina Estevez aggiunge che  politici che si esprimono a favore della legge sono complici, e “non dovrebbero riceve il voto di nessun cristiano”. Solo dopo che abbiano espresso pubblicamente il loro rimorso un cristiano dovrebbe pensare di votare per loro di nuovo. Il porporato ha pubblicato nel 2004 un libro in difesa del matrimonio. In esso sottolineava che i politici cattolici che votano per simili leggi commettono un peccato grave, e quindi “non sono in grado di ricevere i sacramenti della Chiesa, a meno che non si pentano ed esprimano pubblicamente il loro pentimento”. E nel caso che muoiano senza aver dato segni di pentimento, non dovrebbero avere un funerale cattolico. Il pubblico pentimento “è indispensabile per la loro salvezza eterna”.

Naturalmente il richiamo del cardinale all’insegnamento secolare della Chiesa in questo campo è stato subito criticato da sacerdoti di estrema sinistra come il gesuita Felipe Berrios, che l’ha definito “senza cuore” e una forma di “terrorismo pastorale”. Anche padre Percival Cowley ha attaccato il cardinale novantenne, con termini che ricordano da noi il dibattito antico sui “cattolici adulti” evocati all’epoca da Romano Prodi e da altri dello stesso tipo. Cowley, con una buona dose di cerchiobottismo scrive su El Mercurio: “Dobbiamo dire no al dritto di avere liberamente un aborto, ma allo stesso tempo dobbiamo avere fiducia nella coscienza matura dei nostri fratelli”.  E consiglia il cardinale di focalizzare la sua attenzione sugli effetti negativi dei salari ingiusti e delle pratiche lavorative in condizioni di ingiustizia.

Il disegno di legge è fortemente appoggiato dal presidente cileno, Michelle Bachelet, atea e da sempre favorevole all’aborto e all’introduzione della pillola del giorno dopo, oltre che all’agenda Onu in tema di controllo delle nascite. Sono gli ultimi mesi di una presidenza che, secondo il New York Times, è stata pesantemente segnata da scandali politici e accuse di corruzione.

I critici della legge, fra cui Jonathan Abbamonte, un’analista del Population Research Institute  ha notato nel 2016 che la legge costituirebbe “un pericoloso precedente per restringere la libertà religiosa e i diritti di coscienza dei lavoratori della sanità”; non solo, essenzialmente “rendere tutti i chirurghi abortisti”. Sempre secondo Abbamonte, la legge “manca di qualsiasi meccanismo per verificare l’esistenza o meno dello stupro”. Prima della sua elezione a presidente, Michelle Bachelet è stata direttore esecutivo della United Nations Women, un’agenzia che tenta di propagandare l’aborto a livello planetario. La Bachelet è stata invitata a parlare alla conferenza che si svolgerà in Vaticano in autunno su “Health of People and Planet”, organizzata dalla Pontificia Accademia delle Scienze, guidata dall’argentino mons. Sorondo, a cui parteciperanno altri noti neo-malthusiani come Jeffrey Sachs e il governatore della California Jerry Brown. Una singolarità di più di una singolare istituzione vaticana in questo periodo che di singolarità vaticane certo non manca.