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IL CASO

Zuppi e Avvenire, il disagio per il nuovo corso politico

Al vertice della CEI è stata mal digerita la vittoria del centrodestra. Lo dimostrano le prese di distanza dai cattolici al governo, ma anche il brutto "scherzo" giocato da Avvenire a CL: nel giorno del resoconto dell'udienza dal Papa il quotidiano dei vescovi dà maggiore risalto alla lettera (vera?) di una mamma di CL che lamenta la mancanza di ascolto per la natura del figlio omosessuale. 

Ecclesia 25_10_2022

Come sta affrontando il quotidiano dei vescovi italiani il nuovo corso politico uscito dalle urne? Sono paradigmatici due episodi. Dopo l’elezione di un cattolico militante alla terza più importante carica istituzionale della Repubblica italiana, Avvenire ha dedicato all’evento una parte dell’editoriale del suo notista politico: l’unica pacca sulla spalla – si fa per dire – concessa a Lorenzo Fontana è il riconoscimento di avere alcune opinioni “vicine alla sensibilità cattolica”. Stop. Per il resto stroncature: “divisivo”, “il suo lascito da Ministro della Famiglia non fu pari all’impegno annunciato”.

Il vero editoriale stava però da un’altra parte, nella rubrica delle lettere al direttore, che - avverte una permanente nota a piè di  pagina – “non devono superare i 1.500 caratteri spazi inclusi”, ma che in quel caso sforò il limite fino a 2.394. Numeri che da soli rivelano che la lettera di quel giorno sia stata in realtà un intervento sollecitato dallo stesso Marco Tarquinio a un politico affine per sensibilità: Lorenzo Dellai, politico trentino da oltre 30 anni impegnato nell’area del centrosinistra, seppur col cambio di una decina di  casacche partitiche. Dellai ha offerto l’assist richiesto:  quello del leghista di Verona “non è l’unico e neppure il più condivisibile modo per testimoniare la propria fede cristiana nella politica e nelle istituzioni”. E via con l’elogio del profilo del ‘cattolico’ Mattarella contro chi sogna la restaurazione di “Trono e Altare”. Il direttore ringrazia e annuisce: “nella Chiesa sta emergendo una ‘attitudine’ a interpretare lo spartito di questo tempo mirando all’essenziale”, altro che “restaurazioni e populismi”.

È indubbio che l’editore di Avvenire, il card. Matteo Zuppi (in quanto presidente della Conferenza episcopale italiana), si trovi a disagio per il responso delle urne avendo, lui e una parte significativa dei suoi confratelli, parteggiato per Enrico Letta e compagnia. Una preferenza mutuata anche dalla stretta collaborazione e contiguità col PD da parte della costola politica della Comunità di Sant’Egidio, comunità da cui Zuppi proviene. Ci riferiamo al partito Democrazia solidale (DemoS), che a questo giro - grazie all’alleanza col PD e a un collegio uninominale blindato di Roma – ha mandato in Parlamento il suo segretario,  Paolo Ciani,  già candidato alle primarie per il sindaco di Roma del partito di Enrico Letta e in passato responsabile romano della Comunità.

L’impressione è che il disagio di Zuppi si stia vieppiù trasformando nella angosciata preoccupazione che – con il centrodestra al governo - in una parte impegnata del mondo cattolico si risvegli la passione per una promozione non solo culturale, ma anche politico-amministrativa, di temi identitari della antropologia cristiana, insomma una modalità  di intervento e presenza simile all’epoca del card. Ruini. Che questa preoccupazione stia assumendo però toni poco consoni alla fraterna comunione ecclesiale lo prova il modo con cui Avvenire ha affrontato il pellegrinaggio-incontro di Comunione e Liberazione col Papa proprio il giorno dopo l’editoriale su Fontana.

Ci si sarebbe aspettati in una ricorrenza simile che il quotidiano della Chiesa italiana concentrasse il focus mediatico sull’evento, sulle parole di Papa Francesco e sul centenario della nascita di don Giussani, che lo motivava. E invece domenica 16 ottobre in prima pagina nella parte alta abbiamo trovato un riferimento a CL che occupava uno spazio quattro volte superiore al richiamo (in parte bassa) dell’incontro di Roma a pagina 15. Quale notizia su CL aveva mai potuto relegare in secondo piano la cronaca del suo incontro col Papa?

Bastava passare dalla prima alla seconda pagina per scoprirlo. La solita rubrica delle lettere al direttore era corredata da un catenaccio che annunciava il dolente sfogo di “una mamma cresciuta alla scuola di don Giussani e don Carrón”, che scopre l’omosessualità del figlio e lamenta che “nelle comunità cattoliche questo argomento è quasi improponibile: quel che dice la Chiesa non può essere messo in discussione. Che cosa ha in serbo, allora, la Chiesa per mio figlio e per tutti quelli come lui? Accoglienza. Ma che cosa se ne fa una persona se non può innamorarsi e non può cercare la felicità secondo la sua natura?”. Posizioni – queste - per nulla riconducibili a CL.

Ammettiamo pure che quella lettera sia autentica (ma sappiamo che in quasi tutti i giornali la maggior parte delle lettere con risposta del direttore sono inventate). Poniamoci la domanda: se fosse giunta in redazione la missiva di una persona autodefinitasi appartenente all’Azione Cattolica e avesse posto il problema – chessò – dell’eutanasia infantile, lamentando “la non apertura misericordiosa della Chiesa cattolica alla liceità di questa pratica che pone fine alle sofferenze dei bambini”, Avvenire avrebbe pubblicato la lettera? O forse per riguardo di una associazione ecclesiale che mantiene su quel tema posizioni ben diverse da quella espressa da una presunta sua associata, l’avrebbe cestinata al fine di non coinvolgere indebitamente l’AC?

CL non ha avuto questo trattamento da Tarquinio. Intendiamoci: nulla da dire sulla risposta del direttore sulla omosessualità. Resta solo da capire come mai CL sia stata coinvolta e come mai quella lettera doveva a tutti i costi essere pubblicata proprio in coincidenza col pellegrinaggio del movimento dal Papa.

Dobbiamo pensare a un contorto avvertimento in stile curial-mafioso del tipo: occhio sulle questioni dei ‘diritti’ a non sposare la linea del centrodestra cattolico? O magari: non calcate la mano – come avete fatto nel volantino sulle elezioni – sulla famiglia naturale, sulla difesa della vita dal concepimento alla fine naturale? È vero che - nel periodo di campagna elettorale - Zuppi nelle sue esternazioni si è ben guardato dal porre tra le priorità della Agenda Italia il tema della difesa della vita per non doversi scontrare col mainstream (e col PD) su argomenti quali aborto, eutanasia, utero in affitto, ma anche gender o adozioni gay. 

Si impone però una domanda: se il cardinale vuole far sapere il suo pensiero al nuovo presidente di CL Davide Prosperi, invece di ricorrere al maldestro manganello mediatico di Avvenire, non può alzare il telefono e parlare con lui? Magari il messaggio risulterebbe meno criptico. Di sicuro l’approccio sarebbe più rispettoso e inevitabilmente più schietto e meno ipocrita. Giovedì sera Zuppi e Prosperi parteciperanno a un incontro pubblico a Bologna e il porporato potrà essere più esplicito col suo interlocutore. A meno che il presidente di CL debba rassegnarsi a continuare a decifrare il pensiero del cardinale attraverso la posta del sempre più divisivo (tra i cattolici) Avvenire.