Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Zita a cura di Ermes Dovico
la guerra ucraina

Zelensky e il generale Zaluzhny al round finale

Ascolta la versione audio dell'articolo

Le difficoltà dell'Ucraina nella conduzione della guerra sono alimentate dallo scontro di potere tra il presidente Zelensky e il generale Zaluzhny, considerato un eroe nazionale in patria, ma critico sulle scelte del presidente. Tra sgambetti e inviti alle dimissioni tra i due si avvicina il round finale. 

Attualità 02_02_2024

Dopo i giornali anglosassoni ha provveduto ieri la CNN ad alimentare le voci sull'imminente rimozione del popolare capo delle forze armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny , 50 anni, che dal marzo 2022 guida le forze di Kiev nella guerra contro la Russia. Secondo l’emittente tv statunitense l'ufficio del presidente Volodymyr Zelensky ha già comunicato al generale la rimozione dall’incarico dopo mesi di tensioni e sgarbi tra il leader politico e quello militare ucraino rivelati da fonti ucraine in più occasioni per tutto il 2023.

Al momento non ci sono annunci formali che arriveranno probabilmente con l’emanazione di un decreto presidenziale atteso in questi giorni, secondo le fonti della CNN. Ilha Ponomarev, ex deputato russo in esilio da anni in Ucraina dove ha ottenuto la cittadinanza, bolla la notizia come una «fake news diffusa dai russi, dal Cremlino», ma ammette che a Kiev non manchino le tensioni e non esclude un avvicendamento del generale. «Non speculerei sui cambiamenti. E anche se un giorno Zaluzhny venisse sostituito, il che è possibile, non è la fine del mondo perché nell'esercito c'è una squadra capace».

Prima della CNN era stato il Financial Times a raccogliere le voci filtrate negli ultimi mesi da Kiev: quattro fonti diverse hanno confermato al giornale economico che, nonostante la smentita del ministero della Difesa di Kiev, il presidente ha proposto al generale un incarico di consigliere presidenziale che Zaluzhny avrebbe rifiutato.

A quanto sembra una via d’uscita che avrebbe permesso a Zelensky di liberarsi dell’ingombrante figura dell’ufficiale, molto popolare tra la popolazione e i militari, tenendolo nel suo staff per smorzare le critiche che da più parti potrebbero compromettere la sua residua popolarità.

Meglio ricordare che un sondaggio del dicembre scorso rivelò che l’88% degli ucraini ha fiducia in Zaluzhny ma solo il 62% in Zelensky che del resto già precedentemente temeva la candidatura del generale alle elezioni presidenziali al punto da annullarle con la motivazione del perdurare del conflitto con la Russia.

Secondo le fonti del FT il presidente ha chiarito al comandante che «indipendentemente dal fatto che avesse accettato il ruolo, sarebbe stato rimosso dalla sua posizione attuale», ma non è escluso che la sua effettiva destituzione possa venire posticipata per non inficiare ulteriormente l’immagine di Zelensky. 

Divenuto popolarissimo dopo le controffensive che nel 2022 permisero agli ucraini di riconquistare la regione di Kharkiv e parte di quella di Kherson, Zaluzhny cominciò a perdere i favori del presidente dopo aver contestato nell’inverno 2023 la decisione politica di sacrificare le migliori brigate di veterani per l’inutile difesa di Bakhmut, dove gli ucraini persero decine di migliaia di soldati senza poter impedirne la caduta in mano ai russi nel maggio 2023. Le tensioni si intensificarono poi sulle valutazioni circa la controffensiva del giugno-novembre dello scorso anno risoltasi in un disastro pagato secondo i russi con 100 mila militari ucraini uccisi o feriti e molti mezzi e armamenti perduti.

Secondo quanto scrive il Washington Post, Zelensky ha annunciato a Zaluzhny, l’imminente rimozione giustificata dal fatto che il popolo è stanco della guerra mentre l’assistenza internazionale si è ridotta sensibilmente e quindi un nuovo comandante potrebbe dare un nuovo slancio alle forze militari e al morale dell’opinione pubblica. I media ucraini hanno riferito, citando fonti vicine al generale, che Zelensky lo avrebbe invitato a dimettersi ma lui avrebbe rifiutato. Facile ipotizzare che il presidente veda nel generale un utile capro espiatorio su cui scaricare le responsabilità di tutti i fallimenti militari di Kiev di cui Zaluzhny ritiene invece responsabile Zelensky.

Nonostante il comandante militare goda di ampio credito presso gli alleati dell’Ucraina in USA ed Europa, Zelensky da mesi cerca di depotenziarlo rimuovendo i suoi più stretti collaboratori, alcuni cacciati dagli incarichi che ricoprivano mentre un altro è morto per l’esplosione “accidentale” di una bomba a mano in casa.

Oltre alle indiscrezioni raccolte dai media anglosassoni, la crisi nei rapporti tra il presidente e il generale emerse nettamente nel novembre scorso quando Zaluzhny ammise il fallimento della controffensiva affermando in un’intervista a The Economist che la guerra era arrivata a uno “stallo”. Dichiarazione che gli procurò un duro ammonimento presidenziale con l’obbligo di ritrattare la dichiarazione che metteva in imbarazzo Zelensky, impegnato ancora a sostenere che il contrattacco sarebbe continuato fino alla riconquista di tutti i territori perduti.

Peraltro Zaluzhny ha poi nuovamente ribadito il suo pensiero: le forze ucraine dovrebbero assumere un assetto difensivo, non essendo più in grado di sostenere azioni d’attacco. Infine, nel dicembre scorso, i due hanno giocato a scaricabarile attribuendosi a vicenda la paternità del programma di reclutamento di un altro mezzo milione di militari, necessari per continuare la guerra ma il cui arruolamento è talmente impopolare che potrà avvenire solo per coercizione poiché in tutta l’Ucraina gli uomini tra i 18 e i 60 anni cercano di fuggire all’estero o si nascondono per sfuggire al reclutamento.

Un chiaro esempio di come il prolungamento di un conflitto che potrebbe essere già costato a Kiev mezzo milione di caduti non goda più di un forte sostegno popolare così come la fiducia dei cittadini nei propri leader mentre in termini militari Kiev avrebbe oggi molte difficoltà ad addestrare vestire, equipaggiare, armare e retribuire nuove reclute. Forse anche per questo nessuno sembra disposto ad accettare di prendere il posto di Zaluzhny dal momento che, secondo le fonti del Times sarebbe stato offerto al capo di stato maggiore dell’esercito in carica dal 2019, generale Aleksandr Sirksy e pure al capo dei servizi di intelligence militare, Kirillo Budanov.

Non si tratta solo della difficoltà a rimpiazzare una figura carismatica come quella di Zaluzhny ma anche dell’onere di assumere il più alto comando militare in una fase in cui i russi avanzano e gli ucraini sono a corto di truppe, mezzi, munizioni e motivazione mentre lo stato deve elemosinare gli aiuti occidentali anche per pagare pensioni e stipendi pubblici. Aspetti che rischiano di far apparire grottesco agli occhi dei cittadini e dei militari ucraini il duello tra il presidente e il generale. 

Non a caso il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che «il regime di Kiev ha molti problemi, lì è tutto sbagliato» sottolineando che la «fallita controffensiva ed i problemi al fronte stanno portando a un incremento delle tensioni interne in Ucraina che aumenteranno man mano che l’operazione militare speciale continuerà con successo».

A completare il quadro potrebbe contribuire l’arrivo a Kiev degli ispettori generali del Pentagono, del Dipartimento di Stato e dell’USAID, incaricati di indagare su malversazione e sottrazione di miliardi di dollari di aiuti statunitensi in denaro e armi (oltre 40 mila pezzi di armamento) misteriosamente scomparsi in Ucraina. Un’indagine che potrebbe consentire alla presidenza di Kiev di accusare Zaluzhny di corruzione o quanto meno di negligenza per toglierlo di mezzo, magari mandandolo all’estero dove anche il generale (come lo stesso Zelensky, molti ministri, alti ufficiali e personalità di spicco del governo di Kiev) ha accumulato ingenti somme e proprietà immobiliari.

Zaluzhny potrebbe quindi seguire le orme dell’ex ministro della Difesa Oleksi Reznikov, fedelissimo di Zelensky destituito per una serie di scandali legati alla corruzione insieme a tutti i sei viceministri e gran parte del suo staff. Accuse di cui nessuno ha mai dovuto rispondere in un tribunale e che non hanno impedito a Reznikov di vivere nel lusso all’estero.