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Zanchetta e Rupnik, segnali di svolta nel nuovo pontificato

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Fine del soggiorno romano per il vescovo argentino abusatore, mentre l'appello di O'Malley a rimuovere dai media vaticani le opere del prete-mosaicista trova finalmente ascolto dopo un anno e un conclave. Novità che lasciano sperare in un cambio di registro nella lotta agli abusi.

Ecclesia 11_06_2025 English Español
UFFICIO IMAGOECONOMICA

Qualcosa è cambiato in Vaticano. Se il pontificato di Francesco, purtroppo, non sarà ricordato per i passi in avanti fatti nell'ambito della lotta contro gli abusi lo si deve in particolare al caso di Marko Rupnik e a quello di Gustavo Oscar Zanchetta. E proprio nella vicenda dell'ex gesuita sloveno e del vescovo emerito di Orán si segnalano due importanti novità ad appena un mese dall'elezione di Leone XIV. Difficile non collegarle all'aria nuova che si respira nei Sacri Palazzi grazie all'inizio dell'era Prevost.

Nei giorni scorsi Vatican News ha finalmente rimosso le immagini delle opere di Rupnik che continuavano a corredare articoli e ricorrenze liturgiche. La richiesta di rimozione era arrivata ormai un anno fa dal cardinale Seán O'Malley, presidente della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori che, facendosi carico dell'indignazione espressa dalle presunte vittime del prete-artista, aveva scritto una lettera ai capi dicastero invitandoli ad «evitare di trasmettere il messaggio che la Santa Sede sia ignara del disagio psicologico che tanti stanno soffrendo». La Pontificia Commissione aveva dato notizia della lettera in una nota pubblicata sul sito tutelaminorum.org. A differenza di quanto fatto per altre iniziative minori della commissione, la Sala Stampa della Santa Sede diretta da Matteo Bruni non aveva dato comunicazione della nota tra le «info utili» che vengono inviate ai giornalisti. Anche Vatican News aveva ignorato la notizia, presumibilmente in imbarazzo perchè principale destinataria della richiesta del cardinale statunitense. O'Malley, infatti, si era mosso dopo le proteste per l'ostinazione con cui il portale dell'informazione vaticana aveva continuato a pubblicare le opere di Rupnik nonostante la cacciata dai gesuiti per accuse di abusi con «un grado di credibilità molto alto». Ma soprattutto, la lettera del cardinale seguiva di qualche giorno le incredibili dichiarazioni del prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini, secondo cui sbagliava chi riteneva che rimuovere le immagini di Rupnik da Vatican News avrebbe significato essere più vicino alle vittime e si era spinto a puntualizzare che «non stiamo parlando di abusi sui minori». Per quasi un anno la comunicazione vaticana non ha preso in considerazione la richiesta esplicita di un cardinale.

Pochi giorni fa, però, a distanza di poche ore dall'udienza concessa da Leone XIV alla Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori, Vatican News si è sbrigata a «ripulire» i propri siti dalle immagini delle opere del prete accusato di abusi. Un dietrofront evidente rispetto alla linea dettata dal capo dicastero per la comunicazione in una conferenza negli Usa dello scorso anno. Difficile non attribuirne il merito all'arrivo di Leone XIV sul trono di Pietro e alla perseveranza di O'Malley che negli anni scorsi aveva avuto anche il coraggio di tirare le orecchie pubblicamente a Francesco in alcune circostanze.

La sensazione che grazie a Prevost si stia aprendo una nuova fase nella gestione dei dossier abusi più problematici la dà anche un'altra notizia, stavolta proveniente dall'Argentina. A inizio mese, infatti, è finito il soggiorno romano di monsignor Gustavo Zanchetta, "figlio spirituale" di Jorge Mario Bergoglio poi da lui creato vescovo di Oràn. La corte d'appello di Salta lo ha condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione per abuso sessuale continuato ai danni di due seminaristi e aggravato dal fatto che è stato commesso da un ministro di culto. Zanchetta è stato in un penitenziario per soli quattro mesi, poi ha ottenuto la possibilità di scontare la pena nel monastero Nuestra Señora del Valle.

A novembre scorso un'ulteriore sorpresa: il vescovo condannato ha ottenuto dai giudici il permesso di viaggiare a Roma per motivi di salute. Di proroga in proroga, la permanenza di Zanchetta è durata sei mesi ed è rimasta avvolta nel mistero. Non lo hanno visto in Vaticano dove era diventato un volto familiare ai tempi della sua esperienza come assessore dell'Apsa (quasi concomitante con l'avvio dell'indagine argentina) ed è rimasto top secret anche il suo ricovero al Policlinico Gemelli. Poco più di un mese dopo il decesso del suo ex confessore Francesco, Zanchetta è finito su un volo in direzione Argentina. Fonti locali ci informano che il vescovo condannato si troverebbe a Salta ma non nel monastero perché la sua cella sarebbe sottoposta a lavori di ristrutturazione. Secondo le nostre fonti, il presule avrebbe chiesto la sospensione condizionale della pena.

Al di là di come sconterà il resto della condanna in Argentina, la fine del suo permesso a Roma dopo ben sei mesi è un dato di fatto ed arriva proprio in corrispondenza con l'inizio del pontificato di Leone XIV. Probabilmente è un caso, ma è presumibile che Prevost sia bene informato sul dossier Zanchetta. Uno dei più cari amici del Papa è infatti monsignor Alberto Germán Bochatey, ausiliare di La Plata che nel 2022 aveva firmato la nota della conferenza episcopale argentina sulla condanna di Zanchetta nella quale si biasimava il suo «comportamento abusivo» e si esprimeva una «forte e sincera richiesta di perdono da parte di tutta la Chiesa» alle vittime.



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