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IL CASO

Vetero-femminista contro trans: una faida in famiglia

Germaine Greer, 76 anni, icona del movimento femminista, è nota per aver scritto nel ’70 il libro L’eunuco femmina, manifesto del femminismo duro e puro. Oggi la Greer torna a far scandalo dichiarando alla Bbc che i trans «non sono donne», perché non ne hanno «né l’aspetto, né la voce né il comportamento».

Cronaca 28_10_2015
Germaine Greer

Bruce Jenner è un omone fatto e finito. Sebbene abbia ormai 66 anni con il suo metro e 88 cm sprizza virilità da tutti i pori. Ha addirittura vinto le Olimpiadi di Montreal nel ’76 in una disciplina massacrante come il decathlon. Dicevamo che Bruce è la quintessenza della mascolinità. Per essere più precisi lo era, almeno fino all’aprile di quest’anno quando iniziò le cure ormonali per diventare “donna”. E qui le virgolette ci vogliono eccome, perché ormoni e bisturi non potranno mai cambiare il Dna di una persona che, se nato maschio, tale rimane. E, volendo proprio mettere i puntini sulle i, nemmeno se un giorno riuscissimo a cambiare i cromosomi da XY in XX Tizio diventerà Tizia, perché la mascolinità e la femminilità è questione che riguarda anche e prima di tutto l’anima.

Ma torniamo a Bruce i cui ormoni femminili lo hanno battezzato Caitlyn. Tutto avrebbe pensato il fu Bruce eccetto di venir criticato per questa sua scelta da una femminista e non da una qualunque, bensì da Germaine Greer, paladina dei diritti delle donne per antonomasia. Lui che ha fatto un passo da gigante verso il mondo delle donne “diventando” una di loro, omaggiando l’universo rosa con la propria presenza, si vede la porta sbattuta in faccia proprio da una dei rappresentati più autorevoli del think pink. La Greer infatti è nota per aver dato alle stampe nel ’70 il libro L’eunuco femmina, manifesto del femminismo duro e puro, nel quale l’autrice spiega come le donne nella storia siano sempre state castrate nelle loro aspirazioni. Ovviamente per colpa del maschio. Un femminismo poi particolare quello della Greer perché non tende all’equiparazione del maschio in tutto e per tutto, ma rivendica le peculiarità che fanno di una donna un essere completamente diverso dall’uomo.

Ebbene la Greer, che ha lottato una vita perché le donne siano davvero donne, cosa scopre? Che la patinatissima rivista Glamour ha nominato Bruce/Caitlyn donna dell’anno. Ma come? Una della riviste più in rosa che esistono sostiene che il paradigma della femminilità sia un ex uomo? Anzi, diciamolo tutta: un uomo che si traveste da donna? Alla 76enne Greer si è sciolto il rimmel dalle tante lacrime versate per la rabbia. E così durante il programma Newsnight della Bbc2 ha affermato che le donne trans «non sono donne», perché non ne hanno «né l’aspetto, né la voce né il comportamento».  Insomma, non basta un paio di tette per diventare donna. Oltre le gambe c’è di più. Inaspettata testimonianza che il sesso, come accennavamo prima, ha la sua radice non nella materia, nell’elemento fisico, bensì in quello metafisico. Inoltre, continua la Greer, il transessualismo è un’altra appropriazione indebita del maschilismo duro a morire. La “donna” trans è in effetti una interpretazione al maschile del femminile, è il maschio che si finge donna. Difficile darle torto. 

Da qui è nata una curiosissima e - scusateci – anche gustosissima gender war. Infatti la Greer doveva andare a parlare all’Università di Cardiff sul tema “Donne e Potere: le lezioni del XX° secolo”, ma subito è scattata a suo danno una fatwa per condotta omofobica ed ha trovato le porte dell’ateneo a lei sbarrate. Infatti Rachael Melhuish, responsabile dei diritti delle donne al sindacato degli studenti della Cardiff University, ha affermato che la Greer ha «dimostrato opinioni misogine verso le donne trans, chiamandole al maschile e negando l'esistenza della transfobia. Mentre un dibattito in una università dovrebbe essere incoraggiato, ospitare un professore con punti di vista così carichi di odio verso gruppi emarginati e vulnerabili è pericoloso. Dare a Greer una piattaforma equivale a condividere le sue opinioni, e, per estensione, la transmisoginia che continua a perpetuare».

Siamo al paradosso al cubo. Intanto, come si fa accusare qualcuno di essere misogino nei confronti di un uomo? Dire che l’affermazione della Melhuish è un’idiozia è un insulto per gli idioti. Inoltre, altro corto circuito interessantissimo, una femminista viene criticata da una responsabile dei diritti delle donne perché ha preso le difese delle donne (vere). E dunque sarebbe misogena perché, mentendo, non riconosce che anche gli uomini possono essere donna. É un po’ come dare del negazionista ad uno storico perché non vuole riconoscere che Tizio vestito da Napoleone è per davvero Napoleone. Infine, viene il capogiro a constatare che affermazioni così cattolicissime vengono dalla bocca di una femminista.

La Greer ha rincarato la dose e ha mandato al mittente le accuse di misoginia (o transmisoginia che è cosa diversa dalle transaminasi, caro lettore): «Penso che la misoginia giochi davvero un ruolo importante in tutto questo». Dal suo punto di vista l’argomentazione non fa una grinza: travestirsi anche fisicamente da donna è un bell’insulto alle donne nate donne. Scimmiottare le sembianze femminili degrada il valore dell’essere donna. Indicare, come ha fatto la rivista Glamour, il fu Bruce come icona della donna moderna è come dire che polpacci tonici, manone grandi, voce profonda siano il nuovo trend dell’estetica in gonnella. Il transessualismo perciò a buon diritto può essere realmente interpretato come omicidio del sesso femminile (oltre di quello maschile, ormai abbandonato per strada come i cani quando si va in vacanza). 

La femminista Greer dimostrando di non avere peli sulla lingua ha aggiunto: «non credo che un intervento chirurgico trasformi un uomo in una donna. Il messaggio è che un uomo che si impegna così tanto per diventarlo, sarà una donna migliore di qualcuno che è nato donna». L’uovo di Colombo è diventato una frittata nelle mani dei difensori massmediatici di Bruce/Caitlyn i quali hanno continuato a ripetere che la Greer è omofoba. Ma l’accusa di omofobia è ormai diventato certificato di autenticità di avere una mente sana. La femminista in stato di accusa non ha fatto altro che ribadire l’ovvio: essere donna è sì cosa bella, ma è condizione inalienabile. Non c’è chirurgo al mondo che possa scucire da un uomo questo status e cucirgli addosso quello femminile. O ci nasci donna, oppure ci nasci. Tacchi, seni e labbra rifatte sono un travestimento buono solo per carnevale.

Curiosissimo destino ha quindi colpito la Greer. La lotta strenua della condizione femminile ha portato l’autrice di L’eunuco femminile– titolo del suo libro che ora appare come funesta premonizione della trasformazione di Bruce in Caitlyn - da accusatrice a vittima e per gli stessi capi di accusa che lei stessa brandiva anni or sono. L’arma della discriminazione sessuale si è rivelata a doppio taglio – proprio come i sessi che sono due – e quindi di chi misoginia ferisce di misoginia perisce. Ora è lei, in pieno rispetto dell’eterogenesi (o anche omogenesi) dei fini, che si deve togliere di dosso l’accusa di avere atteggiamenti discriminatori per motivi sessisti. L’ariete della liberazione sessuale non ammette freni e dunque non solo ha abbattuto la porta dell’emancipazione femminile, ma, proseguendo la sua corsa, anche quella dell’emancipazione dalla realtà tout court. L’effetto boomerang era inevitabile. 

Se un certo femminismo non riconosce più ruoli e compiti prettamente femminili e maschili, come impedire a un uomo di fare la donna, dopo che per tanti anni schiere di donne hanno tentato di fare l’uomo, nel mondo del lavoro, in famiglia, negli interessi, negli affetti? Il transessualismo allora può essere considerato anche come termine ultimo di questa parabola discendente della mascolinizzazione della donna, conseguenza plastica di tale processo androgino voluto dal femminismo. La teoria del gender – figlia del femminismo radicale – si è rivoltata contro la madre. Non poteva che andare a finire così.