Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
COMUNISMO CINESE

Vertice di Busan, tregua nella guerra commerciale fra Usa e Cina

Donald Trump e Xi Jinping si sono parlati personalmente a Busan, Corea del Sud, in un colloquio al vertice durato un’ora e mezza. Piccole concessioni dall'una e dall'altra parte, ma non è una "pace" nella guerra commerciale, al massimo una tregua.

Esteri 31_10_2025
Vertice di Busan, una tregua nella guerra commerciale fra Usa e Cina

L’incontro tanto atteso è avvenuto. Donald Trump e Xi Jinping si sono parlati personalmente a Busan, Corea del Sud, in un colloquio al vertice durato un’ora e mezza. Nella “nuova guerra fredda” del Pacifico, si tratta del primo incontro al vertice dall’inizio della seconda amministrazione Trump.

Il vertice sino-americano è avvenuto nell’ultima tappa di un lungo viaggio di Stato del presidente statunitense in Asia orientale. Nella prima tappa, in Malesia, al vertice dell’Asean, ha concluso accordi commerciali con la Cambogia e con la stessa Malesia, entrambe nazioni colpite duramente dai dazi americani. I due paesi del sudest asiatico hanno salvato, almeno per ora, le loro esportazioni di componentistica auto, elettronica di consumo e prodotti tessili. In cambio, hanno concesso un accesso privilegiato degli Usa alle loro risorse minerarie. Nella seconda tappa, in Giappone, Trump ha “incoronato” la nuova premier conservatrice Sanae Takaichi, la lady di ferro nipponica. Oltre alla reciproca simpatia, emersa sin dal primo incontro, Trump e Takaichi hanno stretto accordi per una maggior cooperazione, sempre e soprattutto sulle terre rare. Con l’obiettivo di «assistere entrambi i paesi nel raggiungimento della resilienza e della sicurezza delle catene di approvvigionamento dei minerali critici e delle terre rare». Sempre le terre rare, dunque, sono al centro dei pensieri dell’amministrazione americana. E costituiscono il vero, se non unico, motivo dell’incontro con il presidente cinese Xi Jinping, avvenuto nella terza e ultima tappa in Corea.

Nella nuova guerra commerciale, Trump ha minacciato dazi fino ad oltre il 200%. In questo modo ha danneggiato un’economia, ancora fragile e dipendente soprattutto dalle esportazioni nel mercato internazionale. La risposta cinese è stata però rivelatrice del vero punto debole dell’economia americane: Pechino ha chiuso il rubinetto dell’esportazione delle terre rare, settore in cui la Cina è praticamente monopolista mondiale, con il 70% dell’estrazione e il 90% della raffinazione. E le terre rare, nell’economia contemporanea, sono fondamentali. Infatti basti pensare che uno solo di questi elementi, il disprosio, pur se utilizzato in piccole quantità, è indispensabile per alimentare i motori delle auto elettriche, le turbine eoliche, i sistemi militari e i chip dei computer.

Se ci concentriamo solo su questo aspetto, le terre rare, Trump ha ottenuto un successo nel suo incontro di Busan. Il motivo per cui, a domanda dei giornalisti, ha risposto di valutare l’esito del summit con un voto di 12 su 10, è essenzialmente l’aver ottenuto una maggior libertà di importare terre rare dalla Cina per un anno. Restano una serie di problemi, come le leggi cinesi sulle licenze, che rendono complicato la l’uso delle terre rare prodotte nella Repubblica Popolare. Ma almeno non c’è più, per l’anno che viene, il blocco deciso da Pechino. Altro settore sbloccato è quello della soia: la Cina promette di importarla dagli Usa in grandi quantità (12 milioni di tonnellate fino alla fine del 2025, poi 25 milioni all’anno per tre anni). Per gli agricoltori americani, il blocco delle esportazioni stava diventando un problema serio. Trump ha ottenuto anche la promessa di una maggior cooperazione cinese sulla lotta allo spaccio di fentanyl, la droga che sta distruggendo una generazione intera di americani e che viene prodotta con precursori chimici esportati proprio dalla Cina. Tutto da definire il livello di cooperazione: si definirà fra Kash Patel (direttore dell’Fbi) e i vertici cinesi, in un prossimo incontro a Pechino. Indefinito, invece, l’esito dei colloqui sulla guerra in Ucraina. Secondo Trump, il regime cinese dovrebbe impegnarsi di più per indurre Putin a fermare il conflitto. Ma questo proposito resta finora nel cassetto delle buone intenzioni, difficile vedere qualche sviluppo concreto nel prossimo futuro, soprattutto considerando che l’alleanza sino-russa è ancora molto solida e che l’esercito cinese ha appena ricevuto armi e consiglieri militari russi.

Le concessioni di Trump, in cambio? Prima di tutto ha accettato di abbassare del 10% le tariffe sulle importazioni di prodotti cinesi colpiti come contromisura per il traffico di fentanyl. Ma restano comunque molto alte: il 47% è ancora una tariffa punitiva. Trump, inoltre, ha tolto dalla lista nera gran parte delle aziende cinesi, o con proprietà a maggioranza cinese, che erano colpite da sanzioni. Tutto da vedere, invece, cosa la Cina potrà di nuovo acquistare in campo tecnologico. Secondo i comunicati di Pechino, la Repubblica Popolare potrà tornare a comprare microchip statunitensi. Più cauta la versione americana, che parla di un futuro arbitrato fra il regime cinese e Nvidia, la maggior azienda americana produttrice.

Oltre agli accordi raggiunti, è importante notare quello di cui non si è parlato: Taiwan. La questione taiwanese è quella potenzialmente più esplosiva. L’obiettivo di Xi, prima dell’incontro, era quello di ottenere dall’amministrazione Trump una dichiarazione in cui gli Usa si oppongono apertamente all’indipendenza di Taiwan. Il tema non è stato neppure discusso e per il governo di Taipei è un sospiro di sollievo. Almeno per ora. Se la Cina popolare avesse ottenuto l’agognata dichiarazione dagli Usa, per Pechino sarebbe stata una sorta di luce verde per un’invasione della “provincia ribelle”.

Prima di definire l’incontro al vertice fra Trump e Xi come un successo per l’uno o per l’altro, occorre attendere di vedere i risultati su: esportazione delle terre rare e lotta al traffico di fentanyl, le due priorità strategiche dell’amministrazione Trump. Se si ottenessero buoni risultati in questi due settori, gli Usa avrebbero vinto questo round. La Cina deve invece attendere di vedere per quanto tempo rimarranno ridotte le tariffe doganali Usa e quanti e quali microchip potrà acquistare liberamente. Sarebbe un successo cinese, nel caso le tariffe si abbassino ulteriormente e soprattutto se Pechino ottenesse un accesso veramente libero alla tecnologia dei semiconduttori americani. Nel frattempo, non essendoci un accordo sottoscritto dalle parti, non si può parlare di “pace” nella guerra commerciale fra Usa e Cina, ma al massimo di una tregua.