Ucraina, per l'Occidente Zelensky è diventato un problema
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La contestata legge che paralizza le agenzie anti-corruzione è diventata il pretesto per pesanti attacchi al presidente ucraino da parte dei media occidentali. Che improvvisamente scoprono che Zelensky è un pericolo per la democrazia.

Dall’arroganza alla consapevolezza che gli alleati occidentali vogliono fargli le scarpe il passo, per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sembra essere davvero breve. Il 22 luglio aveva fatto approvare con urgenza da un parlamento del tutto assoggettato a presidenza ed esecutivo una legge che revoca lo status di indipendenza delle due principali istituzioni anticorruzione del Paese: l’Ufficio Nazionale Anticorruzione (NABU) e la Procura Specializzata Anticorruzione (SAPO).
Enti che avevano avviato approfondite indagini su diversi membri del governo incluso Alexey Chernyshov, ex vice primo ministro molto vicino a Zelensky, evento che ha determinato il 21 luglio irruzioni e perquisizioni dei Servizi di Sicurezza interna ucraini (SBU) nelle sedi di NABU e SAPO.
La nuova legge ha suscitato proteste e preoccupazioni, anche perché Zelensky ha firmato il provvedimento subito dopo un rimpasto di governo tutto teso a consolidare il suo controllo sugli organismi di potere a Kiev. Ciò nonostante è stata approvata con 263 voti favorevoli, 13 contrari e 13 astenuti dal parlamento ucraino.
Dopo la votazione, il direttore del NABU, Semyon Krivonos, ha rivolto un appello pubblico a Zelensky affinché non firmasse il provvedimento, evidenziando che la legge pone il SAPO sotto l’autorità del Procuratore Generale, figura di nomina presidenziale. In sole 24 ore Zelensky ha compiuto almeno in apparenza una capriola senza precedenti puntando a rimettere mano alla legge in seguito alle proteste con migliaia di manifestanti in almeno dieci città ucraine ma soprattutto in seguito alle reazioni in Occidente.
Con una telefonata il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha chiesto spiegazioni. Il portavoce della Commissione, Guillaume Mercier, ha dichiarato che «von der Leyen ha espresso la sua forte preoccupazione per le conseguenze degli emendamenti e ha chiesto spiegazioni al governo ucraino. Il rispetto dello stato di diritto e la lotta alla corruzione sono elementi fondamentali dell'Unione Europea. In quanto Paese candidato, ci si aspetta che l'Ucraina rispetti pienamente questi standard. Non può esserci compromesso».
Zelensky si è trovato quindi esposto su un fronte che non si aspettava fosse così rilevante per i suoi alleati occidentali, dal momento che la corruzione in Ucraina è stata tollerata in questi anni da europei e americani che l’hanno ampiamente nutrita con i fondi a pioggia girati a Kiev. Del resto le condizioni dell’Ucraina in termini di democrazia e trasparenza erano già ben note prima della guerra.
Il Corruption Perceptions Index nel 2021 attribuiva all’Ucraina il 122° posto su 180 nazioni prese in esame, mentre lo Human Freedom Index pubblicato nel 2022 vedeva l’Ucraina al 98° posto. Nella classifica delle libertà economiche stilata dall’Economic Freedom Heritage Foundation l’Ucraina occupava il 130° posto e nella classifica della Libertà di Stampa redatta da Reporter Sans Frontiéres l’Ucraina era 106°.
Colto di sorpresa dalle accese critiche degli alleati e dalle nutrite manifestazioni di piazza, Zelensky ha presentato il 24 luglio al Parlamento un nuovo disegno di legge che «sostiene l'indipendenza di NABU e SAPO». «Ho appena approvato il testo di una proposta di legge che garantisce un effettivo rafforzamento del sistema di polizia ucraino, l'indipendenza delle agenzie anticorruzione e una protezione affidabile del sistema di polizia da qualsiasi influenza o interferenza russa. Il testo è ben bilanciato», ha scritto su X, aggiungendo che «ancora più importante, include strumenti concreti, esclude qualsiasi legame con la Russia e sostiene l'indipendenza di NABU e SAPO».
In realtà restano molti punti controversi, tra i quali il fatto che la nuova legge prevede che il personale di NABU, SAPO, Ufficio Investigativo di Stato, Ufficio per la Sicurezza Economica e polizia, «qualora abbiano accesso a segreti di Stato», venga sottoposto al test della macchina della verità sotto supervisione dell’SBU, cioè il servizio segreto interno responsabile di arresti, torture e della scomparsa di oppositori, tutti ovviamente “filo-russi”.
L’Ucraina reitera dal 2022 la legge marziale (rinnovata ieri da Zelensky fino al 15 novembre) e quindi quasi tutto è “segreto di Stato”: di certo lo saranno i temi trattati da ministri ed esponenti di governo coinvolti in inchieste per corruzione. Di conseguenza una legge che obblighi investigatori e inquirenti a venire esaminati dalla macchina della verità presso la SBU costituisce un grave atto intimidatorio.
Ma quello che colpisce di più è l’aggressività dei media in Occidente, e anche in Ucraina, nei confronti di Zelensky e del suo capo di gabinetto Andrey Yermak. Lo statunitense Politico ha scritto che la decisione di limitare l'indipendenza dell'agenzia anticorruzione sarebbe derivata dalla «consapevolezza che la NABU avrebbe continuato ad avvicinarsi ad altri membri della cerchia ristretta del governo». L'articolo accusa il presidente per un «arretramento democratico» dell’Ucraina basato su una nuova narrazione: «o stai con Zelensky o sei un agente russo». Narrazione peraltro non nuova, che risale all’inizio del conflitto anche se i media occidentali sembrano accorgersene solo ora.
La giornalista ucraina Nataliya Gumenyuk ha spiegato al Guardian che «questa legge è diventata la cartina di tornasole per verificare se la fiducia del pubblico nel governo possa essere mantenuta». A Londra The Telegraph invita Zelensky a «farsi da parte, per il bene dell'Ucraina» poiché «è parte del problema».
L’accusa è di «aver usato i poteri di emergenza in tempo di guerra per esiliare, indagare e incarcerare molti importanti oppositori e critici politici. I media dell'opposizione sono stati chiusi e migliaia di aziende sono state sequestrate dai compari di Zelensky con il pretesto di presunti legami con la Russia. Diversi membri di alto livello del governo sono stati licenziati ma non perseguiti per corruzione».
Tutto vero, ma non certo da oggi, solo che a sostenere questi temi fino a ieri si veniva accusati di “putinismo”.
La svolta più marcata è quella del Kyiv Independent, giornale ucraino in lingua inglese nato nel novembre 2021, tre mesi prima dell’inizio della guerra, guidato da Olga Rudenko (master offertole con borsa di studio all'Università di Chicago) e che ha ricevuto finanziamenti dal governo canadese, dall'European Endowment for Democracy e da USAID.
Al Corriere della Sera ieri ha detto che «il presidente mina la democrazia ucraina. Capisco che visto dall'estero Zelensky può sembrare l'eroe che combatte il male. Ma le persone non sono mai o tutte bianche o tutte nere. Inoltre, con l'avvento dell'amministrazione Trump, la leadership Ucraina ha pensato di non essere più sotto osservazione per la corruzione e di poterla fare franca. Ma hanno fatto male i loro conti».
Il cambio di narrazione nei media è così marcato che con ogni probabilità presto si rifletterà anche nelle dichiarazioni politiche e lascia ampi spazi al dubbio che l’obiettivo sia di giungere alla delegittimazione e poi alla rimozione del presidente ucraino.
Sarà un caso ma ieri pomeriggio, la Commissione europea ha reso noto che Kiev subirà un taglio ai finanziamenti promessi non avendo completato tutte le riforme necessarie per ricevere l'intera tranche di aiuti finanziari nell'ambito del programma Ukraine Facility. Delle tre riforme mancate (su 16), una riguarda la «selezione dei giudici dell'Alta Corte Anticorruzione», ha evidenziato il portavoce della Commissione Guillaume Mercier.
Non sembra una coincidenza neppure che, proprio mentre montano le critiche a Zelensky, si diffondano sempre di più sui media ucraini (UNIAN e Nexta) e in Occidente (LB Life e DefenceMatters.eu) le dichiarazioni sul conflitto e la cooperazione tra Ucraina e NATO del generale Valery Zaluzhny, ambasciatore ucraino nel Regno Unito ed ex capo delle forze armate ucraine. Zaluzhny è l’alto ufficiale che Zelensky allontanò dai vertici militari e poi dall’Ucraina perché in grado di «fargli ombra», al punto che molti osservatori lo davano per candidato alle elezioni presidenziali che Zelensky, il cui mandato è scaduto nel maggio 2024, non ha mai indetto.
La guerra per l’Ucraina sta andando a rotoli e qualche testa dovrà cadere. Diversi leader europei, bellicosi a parole, potrebbero puntare a salvare le loro traballanti poltrone dalla disastrosa avventura bellica contro la Russia scaricando il peso della sconfitta su Zelensky, capro espiatorio perfetto.
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