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FRANCIA

Toni da guerra civile per un velo o un burkini

Professore intima alla maturanda di togliere il velo islamico e viene minacciato di morte.  Nelle piscine pubbliche bagnini allontanano le donne in burkini scatenando veri e propri tafferugli, mentre il sindaco "libertino" di Grenoble contesta la decisione del Consiglio di Stato di proibirlo. 

Esteri 24_06_2022

La Procura di Parigi ha già aperto un’inchiesta per minacce di morte rivolte al personale scolastico del Lycée Charlemagne. Un consulente del liceo sarebbe stato oggetto di aggressione verbale, prima, e minacce di morte sui social poi, dopo un alterco con una studentessa che avrebbe rifiutato di togliere il velo per sostenere l’esame di maturità.

I fatti sono avvenuti pochi giorni fa. Siamo nel 4° arrondissement, nel cuore di Parigi, e secondo quanto rivela Le Figaro, la studentessa si sarebbe presentata per sostenere l’esame di maturità francese, velata. La cosa contravviene alla legge del 2004, con la quale Chirac stabilì che “nelle scuole, nei collegi e nei licei pubblici è vietato portare simboli o tenute con cui gli allievi manifestino in modo ostentato un’appartenenza religiosa”. Il regolamento interno ricorda che la procedura disciplinare deve essere preceduta da un dialogo con l’allievo.

Secondo quanto raccontato dalla scuola, l’adolescente si sarebbe rifiutata di sfilarsi il velo per entrare nell’istituto ed effettuare i consueti controlli di identità. Rifiuto che avrebbe portato alla discussione animata e scomposta tra la studentessa e il personale scolastico - deputato proprio a questo, visto il diffuso fenomeno degli abiti islamici a scuola. La studentessa, portata in presidenza, avrebbe poi accettato di togliere il velo per sostenere l’esame. Il liceo Carlo Magno ha precisato che la direzione “si è assicurata di stabilire un contatto” anche con la sua famiglia. 

Neanche il tempo, però, di sostenere l’esame e la storia era già sui social. Qualcuno su Twitter, prima di cancellare definitamente il profilo da cui ha scritto, ha raccontato che la studentessa si era tolta il velo all’ingresso della scuola, ma che il personale deputato si sarebbe comunque rifiutato di farla entrare in aula. I toni si sarebbero alzati per lunghi minuti e la situazione sarebbe rimasta estremamente tesa. “Fatti inammissibili”; “violenza incredibile” e “islamofobia” sono i commenti alla storia che, sui social, ha aperto alla reazione della comunità islamica francese. Il nome e la foto di chi ha chiesto alla studentessa di togliere il velo sono stati pubblicati e le minacce  di morte hanno invaso il web. 

Un modus operandi che ricorda quel che accadde esattamente a Samuel Paty, prima di esser decapitato. Nell’ottobre del 2020, a Conflans-Sainte-Honorine, sui social venne raccontato del professore che aveva mostrato in classe le vignette di Maometto per una lezione sulla libertà d’espressione.  Le condanne di biasimo sui social e la diffusione dell’identità del docente scatenarono il terrorista islamico.

Le minacce di morte contro il Liceo Carlo Magno di Parigi, e il suo personale, si sono moltiplicate in un solo pomeriggio ed in maniera tanto violenta che la Procura della capitale francese ha già aperto un’inchiesta e messo sotto protezione la scuola per timore di un attentato islamico. 

Più o meno nelle stesse ore dell’incidente del velo, il Consiglio di Stato francese confermava la decisione del tribunale amministrativo circa il divieto di burkini -  parola che nasce dalla fusione di burqa e bikini e che indica il tipo di costume da bagno islamico femminile che copre interamente il corpo, esclusi la faccia, le mani e i piedi, secondo i dettami dell’islam -, nelle piscine pubbliche di Grenoble. Il Consiglio di Stato ha inteso confermare la decisione del prefetto della Regione Alvernia-Rodano-Alpi, affermando che il voto di Grenoble è stato fatto solo “per soddisfare una richiesta religiosa” e “danneggia la parità di trattamento degli utenti e la neutralità dei servizi pubblici”.

Per Éric Piolle, primo cittadino ecologista di Grenoble, il diritto delle donne musulmane di accedere alle piscine pubbliche coperte dal burkini è inviolabile e per questo aveva redatto una legge ad hoc. “L’obbligo di coprirsi, al pari di quello di scoprirsi, è un marchio del patriarcato”, bisogna  dire addio a “divieti aberranti” come “quelli sul seno nudo o sui costumi che coprono per proteggersi dal sole o per motivi di credo”, aveva scritto in una lettera indirizzata a Macron. E nell’annunciare la legge che liberalizzava il burkini, aveva detto, “domani, nelle nostre piscine voglio che tutte e tutti possano rinfrescarsi vestiti o svestiti come vogliono. Sì, i seni delle donne potranno essere liberi, così come quelli degli uomini. Potete venire a seno nudo e potete venire con un costume che vi protegge dal sole o che vi copre per motivi religiosi, potete fare tutto”.

A ricorrere contro la proposta del sindaco ecologista Éric Piolle, era stato per primo il prefetto della regione dell’Isère, su mandato del ministro dell’Interno, Gérald Darmanin. Il Ministro, che già aveva esultato sia per la decisione del TAR, ha ringraziato “gli strumenti della legge sul separatismo voluta da Emmanuel Macron”. Secondo i giudici del Tar, infatti, lo sdoganamento, negli spazi comunali, della versione halal del bikini lederebbe il principio di neutralità degli spazi pubblico. “Un attentato grave alla laicità”, ha incalzato il ministro, chiedendo al sindaco di scusarsi per la sua iniziativa.

Nel mirino di politici e commentatori c’è anche il presunto legame del sindaco con l’associazione Alliance Citoyenne, da anni in prima linea nella battaglia per portare il burkini sulle spiagge francesi e che ha di fatto ispirato il provvedimento votato dalla giunta di sinistra. L’organizzazione già in passato era stata al centro di alcune polemiche per via della vicinanza ai Fratelli Musulmani, e adesso è finita anche al centro di un’inchiesta su una possibile attività di raccolta di dati sensibili riguardanti l’origine etnica e le convinzioni politiche e religiose di diversi politici francesi.

L’accusa al sindaco ecologista è quella di voler strizzare l’occhio all’islam politico e alle associazioni islamiste che vogliono ingaggiare un braccio di ferro con lo Stato. Chi sostiene la legge crede, invece, nella libertà di indossare qualsivoglia simbolo e di evitare, così, anche lo scontro con l’islam.

Nelle ultime settimane, anche negli Yvelines si sono verificati degli incidenti per il divieto di velo e burkini: i bagnini sono stati presi di mira per aver imposto di togliere gli abiti islamici. 

Patrick Karam, vicepresidente del consiglio regionale dell'Île- de-France, responsabile della gioventù e dello sport, ha dichiarato che, in questi giorni, “proprio ieri, una dozzina di donne in burkini sono state portate fuori dall'acqua. La scorsa settimana abbiamo dovuto gestire una sessantina di casi. Ma Valérie Pécresse, presidente della regione, è stata molto chiara su questo: non ci tireremo indietro dinanzi a questa offensiva islamista che sta cercando di affliggere il nostro Paese”.

La Francia è sull’orlo di una guerra civile che già manifesta i prodromi. Lo scontro è in atto, cosa accadrà?