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LA GIORNATA DELLA MEMORIA

Tendere al futuro

Attualità 27_01_2012
MemoryDay
 
Per il 27 gennaio la Legge 211 del 20 luglio del 2000 ha istituito in Italia, come in molti altri Paesi del mondo, il «Giorno della memoria» per trasmettere alle giovani generazioni la consapevolezza della Shoah, per rendere omaggio alle vittime e a chi si oppose al progetto di sterminio nazista, sacrificando la propria libertà e la propria vita. Come data è stato scelto il 27 gennaio perché proprio questo giorno nel 1945 venivano aperti i cancelli del campo di sterminio nazista di Auschwitz.
A pochi giorni di distanza, il 10 febbraio si celebra il «Giorno del ricordo» istituito con la Legge 92 del 30 marzo 2004, per rinnovare la memoria della tragedia degli Italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.

La prima giornata ha lo scopo di educare i giovani al rispetto reciproco, al rifiuto di qualsiasi manifestazione di razzismo e di antisemitismo, e ai valori fondanti di una moderna società civile.
La seconda giornata ha anche lo scopo di valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate.

Iniziative tutte doverose, caso mai tardive, ma sicuramente purtroppo insufficienti, per il semplice motivo che la memoria del passato non basta. Il ricordo del passato, felice o tragico che sia, se non è accompagnato dalla tensione verso il futuro non solo è vano, ma anzi deprime. Senza la speranza puramente umana, cioè senza l’apertura al futuro, il passato diventa puro archeologismo e anche il presente si inaridisce fatalmente nel momentaneo.

I cristiani dovrebbero essere vaccinati contro questi rischi. Dico dovrebbero perché dipende dal fatto che vivano o meno con consapevolezza la speranza teologale.

Questa è quella virtù teologale che «mette le ali» alla nostra volontà – di fatti così la raffigura Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova –, perché fa tendere la nostra volontà verso la felicità piena e totalmente appagante che è Dio stesso facendo affidamento su Dio che è misericordia onnipotente. Alla luce della speranza teologale i tragici fatti del passato, come le foibe o gli stermini razziali o politici, di cui facciamo memoria per legge dello Stato – mi sembra un po’ una forzatura – sono inseriti nel disegno di salvezza universale che Dio ha per tutte le generazioni umane.
A proposito del peccato più terribile della storia umana Luca negli Atti degli Apostoli 4,27-28 scrive: In questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli di Israele, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato  avvenisse. E in Atti 2,23 leggiamo che il Salvatore fu consegnato ai suoi nemici secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio.

Il disegno divino di salvezza contempla il fatto più atroce della storia umana, l’uccisione dell’Unigenito. Nulla, neanche il peccato più orrendo e grave, è estraneo al disegno di Dio. Dire «l’uccisione di Cristo è compresa nel disegno eterno salvifico di Dio» non significa affermare che tale uccisione non sia frutto della perversa volontà di coloro che lo hanno crocifisso. Da un lato costoro hanno tutta la loro responsabilità perché hanno agito liberamente. Dall’altro lato Dio, che essendo eterno è al di là della successione cronologica e quindi è contemporaneo a ciò che per noi si succede nel tempo, conosce questo fatto atroce e non cambia programma, resta fedele al suo disegno di salvezza.

Questo discorso fatto a proposito del peccato in assoluto più grave della storia umana vale anche a proposito di tutti gli altri singoli peccati disseminati nel corso delle generazioni. Vale anche per le foibe e i campi di sterminio. Questi, essendo fatti accaduti, non possono sfuggire al disegno divino: ciò non significa che Dio voglia tali fatti; la volontà di Dio non si porta su tali atrocità. È la libera volontà umana che le vuole. Sono azioni umane, e in quanto tali sono imputabili alla responsabilità umana; sono peccati, cioè atti umani disordinati, e ricevono il disordine dalla non-retta volontà dell’agente. Ma una volta che l’uomo compie tali atrocità, nessuno - neanche Dio - può fare come se non fossero compiute, nessuno può cancellarle. In questo senso Dio, nella sua provvidenza universale, con un unico sguardo insuccessivo di amore ha davanti a sé tutte le azioni umane che si succedono nel corso delle generazioni, ne conosce le intime relazioni e dispone che tutte le azioni e gli eventi, anche i più efferati, concorrano a manifestare la sua misericordia. Proprio come accade sul Calvario: Gesù dalla croce proclama la misericordia, non solo a parole dicendo «perdona, non sanno quello che fanno», ma con i fatti perché per amore verso Padre e verso di noi offre la sua vita per l’intera umanità.

Richard Rubenstein, un rabbino ebreo, di fronte allo scandalo dei campi di concentramento, scrisse che Dio è morto ad Auschwitz: a causa della tragica esperienza di Auschwitz l’umanità ha preso coscienza che un Dio personale non esiste. È la teologia della morte di Dio, divulgata negli anni ’60 del secolo scorso.

Invece, i discepoli di Cristo, che ha vinto la morte ed è Signore dei risorti, approfittano delle giornate della memoria per elevare lo sguardo della loro intelligenza al disegno salvifico unico e universale di Dio, disegno che si compie nella storia e ha come sola causa Dio stesso, Amore oblativo.