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anno santo

Suor Maria Gloria Riva: ci salverà «la grande bellezza perdente»

La tensione tra passato e futuro nella prospettiva dell'eternità e lo sguardo all'Eucaristia come viatico di speranza nella meditazione della religiosa in Aula Paolo VI davanti a Leone XIV per il Giubileo della Santa Sede.

Borgo Pio 10_06_2025
(AP Photo/Andrew Medichini) Associated Press/LaPresse

La Santa Sede ha celebrato ieri il suo specifico giubileo nella memoria liturgica di Maria Madre della Chiesa. Papa Leone è giunto in basilica portando la croce giubilare partendo dall'Aula Paolo VI, al termine della meditazione di suor Maria Gloria Riva, delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento.  «Ci accomuna la Regola di Sant’Agostino, alla quale siamo state educate grazie al Venerabile Giuseppe Bartolomeo Menochio, nostro primo Superiore. Siamo state approvate, inoltre, da un Papa Leone, e cioè Papa Leone XII cui, esattamente 200 anni or sono, toccò proclamare e condurre il Giubileo del 1825»: così ha esordito la religiosa che ha svolto la sua riflessione sul tema giubilare della speranza.

La religiosa, che vive a San Marino, ha ricordato «il valore dei piccoli Stati in un mondo globalizzato», che «con le loro particolari e antiche tradizioni, tengono viva la speranza in un mondo che rischia di perdere le sue proprie radici storiche». La riflessione di suor Riva inquadra la tensione tra passato e futuro in una prospettiva ben chiara: «L’eternità ci sta di fronte, sta di fronte a chi crede e a chi non crede». Una prospettiva che passa attraverso lo sguardo all'Eucaristia, «viatico di speranza per la vita eterna» che «annoda meravigliosamente passato, presente e futuro».  Uno sguardo che «ci può guarire dal male» e «renderci capaci di profezia».

La speranza può venire dalla bellezza, ma quale bellezza ci salvera? È la questione posta da suor Riva riportando nella sua forma corretta «una citazione della quale si abusa spesso» di Fëdor Michajlovič Dostoevskij: non «la bellezza salverà il mondo», bensì: «quale bellezza salverà il mondo?» – frase ben più drammatica, alla quale la religiosa sovrappone l'immagine altrettanto drammatica del Cristo morto di Hans Holbein il Giovane. Ed ecco il paradosso della speranza: a salvarci sarà la «grande bellezza perdente» della Croce. 

Icona conclusiva è la Madonna di Port Lligat «dipinta da Salvador Dalì, dopo l’esplosione della bomba atomica»: un'opera in cui tra i segni di rovina e di deterioramento emergono «come l’uovo in mezzo all’arco, angeli con le mani tese e donne (simili alla Vergine Maria) incinte». E ritorna lo sguardo sull'Eucaristia, nel riquadro che si apre al centro del Bambino Gesù, che a sua volta emerge nel riquadro al centro del grembo di Maria: «Le viscere misericordiose di Maria e del Divino Infante sono rappresentate da riquadri aperti come Porte giubilari di speranza». Un'opera (dipinta nel breve avvicinamento di Dalí alla fede) che «ci educa a ritrovare le vie della speranza fissando anzitutto lo sguardo sul Pane Eucaristico, ad attingere forza dal passato per interpretare in modo originale il presente e scommettere sul futuro e, infine a confidare nell’aiuto solerte di Maria, Salus Populi Romani, Ianua Coeli, porta di speranza e di Consolazione».