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Regno Unito

Starmer sempre più impopolare. E il suo governo è pro-sharia

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Massiccia manifestazione a Londra per chiedere il rispetto dell’identità anglosassone e della libertà d’espressione. Laburisti e premier sempre più giù nei sondaggi. E ora il governo Starmer sostiene addirittura, per «tolleranza religiosa», la legittimità delle corti islamiche.

Esteri 22_09_2025
Keir Starmer (via LaPresse)

Il Regno Unito guidato dal premier laburista Keir Starmer è più diviso che mai. Dopo le decine di migliaia di manifestanti a Londra che hanno chiesto una maggiore difesa dei confini e dell’identità inglese, nei giorni scorsi un sondaggio ha rilevato l’enorme tasso di impopolarità dell’attuale inquilino di Downing Street. Per tutta risposta, il governo Starmer difende addirittura la legittimità delle corti islamiche e della sharia sul suolo inglese. Il disordine nel Paese, causato dalla rincorsa di Starmer all’elettorato, dalla sostituzione etnico-religiosa e dalle concessioni agli islamocomunisti, vedi il riconoscimento dello Stato palestinese ieri, accresce la spaccatura sociale e spingerà gli elettori conservatori e moderati sempre più nelle braccia di Farage e Robinson.

Domenica 14 settembre, tra le 100 e le 150 mila persone sono scese in piazza a Londra dichiarando l’orgoglio di essere inglesi, l’attaccamento alla bandiera e all’identità anglosassone, chiedendo il rispetto del diritto alla libertà di espressione, misure serie ed efficaci contro l'invasione migratoria islamica e le dimissioni di Starmer. «La maggioranza silenziosa non rimarrà più in silenzio», ha dichiarato il leader nazionalista Tommy Robinson al termine della marcia. A pochi giorni da un così chiaro segnale di malcontento popolare, il 20 settembre, un sondaggio condotto da Opinium su 2.050 adulti nel Regno Unito, ha rilevato che il 54% degli elettori desidera che il primo ministro Starmer si dimetta dal suo incarico, con oltre un terzo (34%) degli elettori laburisti del 2024 che lo vorrebbe dimissionario. Il partito identitario e nazionalista di Nigel Farage, Reform UK, sarebbe attualmente al 31% (+1% rispetto a due settimane fa), seguito dal Partito Laburista al 22% (-1), dai Conservatori al 17% (-1) e dai Liberal Democratici al 12% (invariati). Se si considerano le intenzioni di voto di coloro che hanno votato Labour alle elezioni generali del 2024, solo il 67% voterebbe nuovamente Labour, mentre il 12% voterebbe ora Reform UK, il 6% Liberal Democratici, il 6% il Partito dei Verdi e il 2% voterebbe per i Conservatori. 

C’è dunque una crisi profonda anche tra gli elettori del Partito Laburista che solo poco più di un anno fa aveva stravinto le elezioni conquistando la maggioranza assoluta con più di 410 seggi su 650, scesi poi a 399 in un anno per l’emorragia causata dalla fondazione del partito islamocomunista di Jeremy Corbyn e Zarah Sultana, illustrato su queste pagine. Nel tentativo di evitare l’emorragia di voti a sinistra e per assecondare le comunità islamiche del Paese, Starmer ha dapprima nominato Shabana Mahmood come ministro della Giustizia e Lord Cancelliere dal 2024 al 2025 e poi, nel recente rimpasto di governo causato da uno dei tanti scandali corruttivi e finanziari dei suoi collaboratori, ha nominato la stessa Mahmood come ministro degli Affari interni (Home Secretary). Essendo una laburista conservatrice in campo sociale, come descritto sulla Bussola, ci si attendeva che come nuovo ministro dell'Interno riuscisse a chiudere gli hotel per migranti e a fermare le imbarcazioni che approdano quotidianamente e clandestinamente sulle coste inglesi, nonostante le promesse di Emmanuel Macron. Per il momento, invece, ogni auspicabile soluzione dei problemi migratori del Regno Unito è lontana.

Martedì 16 settembre, alla Camera dei Comuni, dietro domanda esplicita della parlamentare Sarah Pochin di Reform UK, il ministro di Stato per i tribunali e i servizi legali, Sarah Sackman, ha inequivocabilmente sostenuto che le corti giudicanti secondo la sharia, attivamente presenti in moltissimi quartieri a maggioranza islamica del Paese, pur non facendo «parte del diritto dell'Inghilterra e del Galles», sono pienamente legittimate ad operare, allorquando «le persone scelgono di sottoporsi a tali consigli», perché ciò «fa parte della tolleranza religiosa, che è un importante valore britannico».

Eppure, la maggior parte dei consigli della sharia nel Regno Unito si è rifiutata di firmare l'Arbitration Act del 1996 e di conseguenza il governo ha ben poca o nessuna supervisione sul loro funzionamento e sul modo in cui vengono accolti o meno i ricorsi contro le sentenze emesse. In Gran Bretagna, i tribunali islamici sono attivi da quasi un decennio. Secondo un'indagine del Telegraph dello scorso 6 settembre, ci sono ben 85 tribunali o corti o consigli della sharia che sono sempre presieduti da uomini islamici locali; spesso si occupano di arbitrati in caso di divorzi o altre questioni civili familiari come le controversie ereditarie, in cui le donne sono sempre discriminate e talvolta costrette a rimanere in situazioni di abuso e violenza. Il caso britannico non è isolato. Anche l’Austria, ad agosto, con  una sentenza del Tribunale regionale civile di Vienna, ha deciso che la sharia può, a determinate condizioni, fungere da quadro di riferimento per l'arbitrato nelle controversie civili. Siamo oltre la sostituzione etnico-culturale e religiosa, siamo allo smembramento dello Stato, alla cessione di sovranità e alla violazione dell'uguaglianza di dignità e diritti tra i cittadini.