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DIARIO

Sinodo, comincia la stesura del documento finale

Il Sinodo sull'Amazzonia è arrivato al suo giro di boa. Da oggi i padri sinodali incaricati nell'apposita Commissione si dedicheranno alla stesura del documento finale che sarà sottoposto al voto dell'Assemblea il 26 ottobre.

Borgo Pio 18_10_2019

Il Sinodo sull'Amazzonia è arrivato al suo giro di boa. Da oggi i padri sinodali incaricati nell'apposita Commissione si dedicheranno alla stesura del documento finale che sarà sottoposto al voto dell'Assemblea il 26 ottobre. L'ulteriore passaggio sarà la costituzione del Consiglio post-sinodale.

Intanto, al briefing di ieri c'è stato spazio per far sentire la voce dei popoli indigeni della regione. Vi ha partecipato padre Justino Sarmento Rezende, indigeno dell'Amazzonia brasiliana, di etnia Tuyuka, divenuto salesiano e che ha raccontato come, durante la sua infanzia, nella sua comunità la vocazione sacerdotale venisse considerata un'esclusiva dei missionari occidentali. Il religioso, che ha avuto un ruolo di rilievo nel cammino preparatorio al Sinodo, ha detto di concepire il celibato come una virtù. “Se arrivasse un giorno in cui capissi che il celibato non fa più per me - ha affermato padre Sarmento Rezende - lascerei”, rispondendo ad una domanda sulla possibilità che il celibato sia un ostacolo alle vocazioni tra i popoli indigeni della regione.

Durante il briefing, monsignor Roque Paloschi ha richiamato l'attenzione sulla situazione delle popolazioni indigene in Brasile, lamentando l'attacco che a suo dire subiscono da parte dei cercatori d'oro e delle aziende estrattive. Sulle modalità di evangelizzazione in queste terre, rispondendo ad una domanda, il vescovo brasiliano ha escluso che l'inculturazione possa portare la Chiesa ad una resa al paganesimo, sostenendo che “l’inculturazione non si fa con il proselitismo, ma con la testimonianza". Su questo punto, il presule ha voluto anche citare il papa emerito Benedetto XVI. Brasiliano è anche Felicio de Araujo Pontes Junior, procuratore della Repubblica, esperto in diritti dei popoli indigeni, che nel briefing di ieri ha evidenziato la differenza tra un modello predatorio ed uno socio-ambientale della foresta amazzonica. A suo dire, occorre dimostrare che il secondo è preferibile anche dal punto di vista economico al primo.

Con i giornalistI ha parlato anche la rappresentante del pueblo Kichwa de Sarayak, l'ecuadoriana Patricia Gualinga. La leader indigena ha lanciato un appello per "chiedere alla Chiesa un impegno istituzionale per salvare l'Amazzonia". Secondo l'attivista, questa sfida "non riguarda solo le popolazioni indigene ma l'intera umanità" e richiede un'alleanza con la Chiesa che - ha detto - è molto forte sul territorio. Dello stesso tenore anche l'intervento di Leah Rose Casimero, coordinatrice del programma di educazione bilingue di qualità per i bambini Wapichan (QBEWC) in Guyana, che ha presentato la sua iniziativa come "il primo passo per creare qualcosa di meglio per i nostri figli in termini di educazione personale. " Un progetto sostenuto anche dai gesuiti locali e che va - a suo dire - nello stesso indirizzo perseguito dal Sinodo.