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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

IL REFERENDUM

San Marino, l’inibizione delle coscienze ha avuto effetti tombali

L’esito del referendum della Repubblica di San Marino è drammatico principalmente per due ragioni, che stanno lì a dimostrare che la cultura della morte ha fatto passi da gigante, insieme all’indifferenza verso i bambini non nati. E poi c’è da chiarire il ruolo della Chiesa e dei cattolici.

Dottrina sociale 29_09_2021

La micidiale sconfitta delle ragioni della vita nella Repubblica di San Marino è debitrice di una profonda riflessione. L’esito disastroso del referendum è drammatico per due ragioni principali.

La prima è che la futura legge sull’aborto della Repubblica di San Marino sarà tra le meno restrittive, ammettendo l’aborto anche negli ultimi mesi della gravidanza. Eppure, è stata accettata e convalidata dal referendum. Anche una legge più restrittiva non avrebbe meritato la conferma popolare, sia chiaro, ma, mettendosi nella mens di molti cittadini poco avvezzi agli approfondimenti, si poteva pensare che se la legge permette di smembrare a pezzetti un feto di otto mesi, con tutto il suo corpo formato definitivamente, risultasse più chiaro l’aspetto orrendo della legge e qualche coscienza in più avrebbe provato una scossa. Invece così non è stato. La crudeltà disumana dell’attacco alla vita nascente non ha suscitato nessun tipo di reazione nella popolazione sanmarinese. 

Il secondo elemento è che la maggioranza assoluta dei cittadini di San Marino non è andata a votare. Non sottolineo questo aspetto in omaggio al mito della partecipazione democratica, in cui non credo. Intendo piuttosto evidenziare l’indifferenza generalizzata rispetto ad un problema così grave e tragico. Alla maggioranza dei sanmarinesi non interessa se nelle cliniche della Repubblica i bambini vengano fatti a pezzi fino a un attimo prima di poter respirare con i propri polmoni. Certamente è pesante la responsabilità morale per chi ha votato a favore della legge, ma è pesante anche quella di chi è rimasto indifferente e non ha voluto dedicare dieci minuti della sua domenica ad una forma di impegno così decisiva.  

Ambedue le cose messe insieme dicono poi che rimontare la china sarà molto difficile. Non è certo agevole contrastare chi vuole l’aborto, ma è ancora più difficile lottare contro l’indifferenza. Tutto sta lì a dimostrare che la produzione del consenso attorno alla cultura della morte ha fatto passi da gigante, che l’inibizione della voce della coscienza morale ha ottenuto effetti tombali e che sono stati oltrepassati dei limiti da cui non sarà facile tornare indietro, pur dovendosi impegnare a farlo.

Poi c’è da chiarire il ruolo della Chiesa e dei cattolici. Anche a questo riguardo dalla piccola Repubblica arrivano chiari segnali molto dolorosi. La Chiesa locale è stata presente e ha combattuto. Il vescovo ha fatto la sua parte e don Gabriele Mangiarotti si è fatto in quattro. Ma se allarghiamo lo sguardo oltre la Chiesa locale, il panorama è molto deprimente a proposito della lotta all’aborto. Alla Messa a cui ho partecipato domenica scorsa, giorno del referendum a San Marino, un’intenzione di preghiera dei fedeli era dedicata alle vittime del femminicidio e ai morti sul lavoro. I due argomenti erano tratti dalla cronaca di quei giorni. Niente da dire in proposito, però apparteneva alla cronaca di quei giorni anche il referendum a San Marino ma nessuna preghiera è stata proposta al riguardo. La Chiesa non parla più dell’aborto, le sporadiche frasi del papa non hanno seguito né da parte sua né da parte dei vescovi, non viene nemmeno più pronunciata la parola, senza contare che la Chiesa ufficiale appoggia personaggi politici in prima linea sul fronte abortista e loda persone fortemente impegnate in quell’ambito. Le dichiarazioni e le iniziative scandalose della Pontificia Accademia per la Vita sono note a tutti. Di politici cattolici che siano pronti a giocarsi la carriera su questo argomento non ce ne sono più.

A San Marino è morto l’umanesimo, proprio mentre la Chiesa insiste a farlo proprio e ne fa la guida dei suoi interventi sulla scena pubblica. La Chiesa progressista è in ritardo: punta su un cavallo già morto. Essa rinuncia a parlare di Dio in pubblico e sceglie di parlare dell’uomo, ma intanto i suoi nemici, con cui essa pensa di dover solo dialogare senza contrapposizioni, distruggono l’uomo. Per rispetto umano, per non ferire le coscienze, per non sembrare astratta e dottrinale, perché “il problema della vita non è solo quello dell’inizio ma di tutta la vita” (sic!), la Chiesa non parla più di aborto. Una delle indicazioni emerse dal referendum di San Marino è che questa Chiesa non ha più nessuna voce in pubblico. Perché non vuole più averla. 

(Stefano Fontana)